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Le caratteristiche di base della Psicoterapia Cognitiva.

di Gian Luigi Dell’Erba


Riassunto

La terapia cognitiva si pone attualmente come una delle modalità maggiormente accreditate e valide nel panorama delle psicoterapie. Il suo sviluppo e le diverse influenze che nel corso degli anni la hanno caratterizzata rendono ancora più chiaro ed esplicito il carattere pragmatico e disponibile alle ricerche di efficacia. Le diverse componenti della terapia cognitiva, oggi, la rendono una pratica complessa seppure chiaramente ben definibile, ed è questo aspetto che ha contribuito allo sviluppo e alla moltiplicazione degli studi e delle ricerche in campo clinico. Viene messo in risalto il modello di base comune ai vari approcci cognitivi noto come modello ABC. Il sistema di assunti su cui si basano le diverse applicazioni è ampiamente supportato dalla ricerca sperimentale, ed è possibile affermare che la terapia cognitiva costituisce la più avanzata forma di psicoterapia supportata dalle ricerche. L’ampio panorama di tecniche sia propriamente cognitive che comportamentali testimonia la integrazione di un vasto e prezioso patrimonio di efficaci metodi clinici che hanno avuto nel corso degli anni riscontri ciascuna indipendentemente. E’ data particolare attenzione, inoltre, alla relazione terapeutica considerata come una componente primaria del processo terapeutico, non in modo disgiunto dalla applicazione delle tecniche.La Psicoterapia Cognitiva è oggi il trattamento psicologico ritenuto più efficace nel settore della psicoterapia, per una ampia gamma di disturbi psichici, e comunque in determinati casi non è inferiore a trattamenti alternativi pur efficaci (ad esempio, farmacologici); inoltre, anche in presenza di disturbi ad eziologia biologica primaria (come la schizofrenia o il disturbo bipolare, solo per fare degli esempi) la Psicoterapia Cognitiva si è dimostrata la componente accessoria più valida ed efficace nel trattamento complessivo, sia nella fase di risoluzione dei sintomi che nella prevenzione delle ricadute e nel mantenimento dei risultati positivi.Il trattamento psicoterapico cognitivista ha una sua evoluzione storica in un certo senso complessa ma il suo sviluppo riflette molto bene il progresso della conoscenza del funzionamento della mente, sia nell’ambito della normalità che in stati psicopatologici.

 

Introduzione

La psicoterapia cognitiva non ha una paternità unica. Essa deriva da direttrici, sia epistemologiche sia tecniche, diverse ma confluenti in un univoco atteggiamento nei confronti del suo oggetto principale di interesse: la mente. Per brevità, tracceremo due direttrici principali: l’una derivante dalla ricerca di base, e l’altra sviluppata a partire dei trattamenti clinici.In un aspetto più tipico delle discipline di base, possiamo delineare il retroterra dell’atteggiamento cognitivista clinico sulla base di un netto ed ancora formidabilmente valido cambiamento nella comprensione del fenomeno mentale e delle relative ricerche sulle caratteristiche del funzionamento della psicologia e del comportamento. Questo cambiamento di prospettiva e di interessi, noto come "rivoluzione cognitiva", è avvenuto a partire da alcune svolte importanti nel panorama scientifico durante la metà degli anni quaranta e negli anni cinquanta (Gardner H, 1985).Una delle novità scientifiche è stata la Teoria della Comunicazione che, avviata dal punto di vista formale e matematico principalmente ad opera di Claude Shannon e di Norbert Wiener, ha rappresentato la piattaforma teorica dalla quale sono state sviluppate sia tecnologie avanzate, come i computers, sia prospettive di applicazione nuove e promettenti, come lo studio della elaborazione del linguaggio.Un’altra svolta decisiva, legata strettamente alla precedente, è la tipologia stessa delle tecnologie sviluppate; infatti gli stessi computers, molto più semplificati e più rigidamente formalizzati nel loro processo di funzionamento, hanno svolto il ruolo di "banco di prova" per lo studio dei processi di funzionamento della mente, che iniziano in questo periodo ad essere indicati come "paradigma HIP" (Human Information Processing) proprio testimoniando lo spostamento dell’interesse dallo studio delle occorrenze sensibili a quello delle variabili intervenienti interne all’organismo, dunque i processi mentali.Una ulteriore svolta, questa volta interna alla psicologia, è stata quella costituita dalla critica alla validità generale (o più esattamente assoluta) dei paradigmi di spiegazione dell’apprendimento in quel momento considerati come la sola risposta attendibile della scienza sull’argomento: l’acquisizione di comportamento (la teoria dei riflessi condizionati di Pavlov) e il mantenimento delle risposte (la teoria del condizionamento operante di Skinner). Il mutamento di tale panorama è stato caratterizzato da un duplice fronte polemico di confronto. Il primo, e più graduale, cambiamento è stato caratterizzato dalle ricerche sull’apprendimento indiretto o per imitazione (conosciuto come "modeling") ad opera di Albert Bandura; il secondo, e più duro in termini di confronto, è avvenuto nel campo della comprensione dei processi linguistici ad opera, principalmente, di Noam Chomsky. Queste due "perturbazioni" scientifiche sono state tra le principali variabili di trasformazione e rinnovamento nel generale impianto teorico delle discipline attinenti alla condotta umana (e non solo).In questo periodo, ormai la fine degli anni cinquanta, abbiamo un proliferare di ricerche sui costituenti di base della mente; si realizzano esperimenti volti a configurare i processi psicologici come meccanismi di funzionamento aventi delle leggi definite e delle caratteristiche distintive. Quindi, esplodono campi di indagine che per molto tempo si erano arenati su alcune pur importanti conclusioni; tra questi settori troviamo: la memoria, il linguaggio, la percezione, il ragionamento. Sull’onda dell’entusiasmo, per aver visto una nuova prospettiva promettente, vengono delineate alcune leggi e regole di funzionamento che a tutt’oggi mantengono la loro quasi inalterata validità scientifica.La seconda direttrice fondamentale nello sviluppo della Psicoterapia Cognitiva è stata l’evoluzione delle procedure nel trattamento di alcuni disturbi mentali.Mentre nel settore delle discipline di base il linguaggio teorico era strettamente aderente al metodo scientifico empirista, prima verificazionista ed in seguito falsificazionista come formulato da Karl R. Popper, nelle discipline cliniche vi era un vivace dibattito tra almeno tre posizioni. Una prima ed importante posizione è stata l’atteggiamento organicista basato sugli sviluppi sempre più sofisticati della psicofarmacologia, sulla depressione e sulle psicosi; una seconda voce polemica è stata, senza dubbio, la psicanalisi di Freud e dei suoi allievi la quale, straordinariamente in auge, contribuiva alla comprensione e quindi al trattamento dei disturbi mentali sulla base del suo metodo, principalmente basato sulla ricostruzione della storia del soggetto e delle sue vicissitudini affettive; la terza posizione era l’applicazione delle teorie del condizionamento (sia classico-pavloviano che operante-skinneriano) al trattamento dei disturbi del comportamento.In questo scenario prende corpo il trattamento cognitivo, principalmente, ad opera di Aaron T. Beck ed Albert Ellis. Entrambi provenienti da formazioni psicanalitiche, l’uno psichiatra con una salda conoscenza del funzionamento biologico cerebrale, l’altro psicologo con una spiccata conoscenza dei processi relazionali.Beck, occupandosi della depressione, individua due caratteristiche inequivocabilmente cognitive nei suoi pazienti (in controtendenza con la psicanalisi, la quale puntualizzava soprattutto le relazioni affettive infantili e le relative conseguenze di esse): il pensiero automatico negativo, e le distorsioni cognitive. Da queste scoperte importanti, oggi centrali e riconosciute ampiamente, nasce la Cognitive Therapy.Ellis, invece, occupandosi di problemi comportamentali e di disturbi psicologici come l’ansia, evidenzia che nell’atteggiamento dei pazienti erano evidenti idee e regole non realistiche ed "irrazionali"; il focus del trattamento diventa l’attuale atteggiamento rigido ed assolutista del paziente e non la ricerca di cause nel suo passato. Da questa rottura teorica, oltre che tecnica, nasce la Rational Emotive Therapy.Sia Ellis che Beck possono essere definiti come i fondatori della Psicoterapia Cognitiva, ma altri autori come, solo ad esempio, Meichenbaum, Mahoney, Rachman, Kendall, approdano alla Psicoterapia Cognitiva, più recentenmente da una direzione teorico-tecnica differente, e caratterizzata dall’adeguamento del trattamento comportamentale fondato sulla teoria del condizionamento alla scoperta delle variabili del funzionamento cognitivo indicate dalla ricerca di base.Successivamente la Psicoterapia Cognitiva ha integrato i risultati di ricerche sullo stile di relazione precoce tra le figure di attaccamento e il bambino; da tali relazioni sono stati identificati alcuni stili generali di attaccamento che sembrano influenzare e stimolare il soggetto verso modalità di sviluppo psicologico coerenti con le esperienze avute (Bowlby, 1989; Guidano, Liotti, 1983; Liotti, 1994; Lorenzini, Sassaroli, 1995).A partire da tali concettualizzazioni il cognitivismo clinico è definito da più prospettive secondo il particolare aspetto ritenuto di volta in volta centrale dai diversi autori.Attualmente, almeno nelle più diffuse pubblicazioni internazionali, è in corso il confronto tra cognitivismo clinico standard (modernist, nell’accezione anglosassone) e orientamento post-razionalista (post-modernist, sempre dall’inglese) o prospettiva narrativa. Le sorti di tale confronto sembrano destinate ad una integrazione sia sulla base dei punti comuni sia sul riconoscimento dell’aderenza alle ricerche di base (sui processi di funzionamento mentale e sulle variabili di efficacia del trattamento).

 

Caratteristiche generali

Il modello ABC

La Psicoterapia Cognitiva non è una metodologia coincidente con l’uso di una tecnica né è un trattamento univoco ma si definisce e si caratterizza sulla base di una prospettiva centrale riguardo la psicologia ed il comportamento, che potremmo racchiudere nella seguente proposizione: la condotta del soggetto è mediata dal significato che egli attribuisce agli eventi interni ed esterni con i quali si mette in relazione.La sintesi più operativa della prospettiva cognitivistica clinica può essere rintracciata nel "modello A-B-C".Il "modello A-B-C", ben descritto nei lavori di Ellis (primariamente) e Beck (in seguito), è la caratteristica sia teorica sia tecnica che funge da "minimo comune denominatore" dei diversi trattamenti cognitivistici.Il modello ABC non solo è uno schema teorico utile per concettualizzare le variabili fondamentali connesse alla condotta dell’individuo ma è anche una procedura tramite la quale può essere concretamente attuata una valutazione, una formulazione del caso, una sua pianificazione, ed un trattamento.L’ABC può essere immaginato come uno schema a tre colonne, la prima delle quali, A, identifica le condizioni antecedenti, gli stimoli, gli eventi. Il B indica le credenze, il pensiero, il ragionamento, le attività mentali che hanno come oggetto gli antecedenti. Il C definisce le conseguenze di queste attività mentali ed identifica reazioni emotive e comportamentali (Ellis, 1964, 1994, 1987; De Silvestri 1981a; Dell’Erba, 1998).L’aspetto centrale dell’interesse cognitivista per il funzionamento mentale riguarda la distinzione delle attività e dei processi cognitivi rappresentati e focalizzati dal B; classicamente sono prese in considerazione le seguenti attività psichiche: immagini, inferenze, valutazioni, assunzioni personali, schemi.Le immagini, che sono attività dove le funzioni sensoriali e mnestiche svolgono un ruolo fondamentale, sono prese in considerazione in quanto parte integrante delle rappresentazioni soggettive riguardanti la interpretazione di un dato evento. Le immagini riflettono direttamente il senso attribuito dal soggetto ad un dato evento ed il contributo dei processi di elaborazione più automatici (regole, assunzioni personali, inferenze).Le inferenze sono ipotesi che attengono alla presenza o assenza di condizioni fattuali, cioè di eventi attesi nel A. Alcune inferenze sono elaborate in modo quasi-automatico, e quindi il soggetto non ne è immediatamente cosciente, tanto che Beck le ha definite "pensieri automatici". Le inferenze sono, dunque, anche "predizioni" su ciò che accadrà, stà accadendo o è accaduto; ad ogni evento il soggetto attribuisce delle caratteristiche e delle cause, ma tali attribuzioni sono guidate dalla propria base conoscitiva.Proprio riguardo ai processi inferenziali sono state definite varie tipologie di errori inferenziali che possono riguardare sia le caratteristiche dello stimolo sia le sue determinanti. Alcuni errori cognitivi tipicamente considerati nella Psicoterapia Cognitiva sono le "distorsioni cognitive" che riguardano il processo di elaborazione dei dati (eventi, fatti, sintomi, pensieri), e attengono alla attribuzione soggettiva di dati che "vanno oltre l’evidenza dei fatti" (Bruner et al., 1956; Johnson Laird, 1993; Girotto, 1994). Come ha evidenziato Beck (Beck et al., 1976; Alford, Beck, 1997), le distorsioni cognitive sono influenzate dall’umore ma, a loro volta, lo influenzano intensamente. Tali errori cognitivi, così come definiti dalla Cognitive Therapy di Beck, sono i seguenti:

Pensiero dicotomico: le cose sono viste in termini di categorie mutualmente escludentisi senza gradi intermedi. Ad esempio, una situazione o è un successo oppure è un fallimento; se una situazione non è proprio perfetta allora è un completo fallimento. ("o tutto o nulla").

Ipergeneralizzazione: anche definito come "globalizzazione"; uno specifico evento è visto come essere caratteristica di vita in generale o globale piuttosto che come essere un evento tra tanti. Ad esempio, concludere che se qualcuno ha mostrato un atteggiamento negativo in una occasione, non considera poi le altre situazioni in cui ha avuto atteggiamenti più opportuni. ("di tutta l’erba un fascio").

Astrazione selettiva: Un solo aspetto di una situazione complessa è il focus dell’attenzione, a altri aspetti rilevanti della situazione sono ignorati. Ad esempio, focalizzare un commento negativo in un giudizio sul proprio lavoro trascurando altri commenti positivi. ("bicchiere mezzo vuoto").

Squalificare il lato positivo: le esperienze positive che sono in contrasto con la visione negativa sono trascurate sostenendo che non contano. Ad esempio, non credere ai commenti positivi degli amici e colleghi dubitando che dicano ciò solo per gentilezza. ("ciò non conta nulla, conta di più ... ").

Lettura del pensiero: un soggetto può sostenere che altri individui stiano formulando giudizi negativi ma senza alcuna prova evidente di ciò che afferma. Ad esempio, affermare di sapere che l’altro ci giudica male anche contro la rassicurazione di quest’ultimo. ("ti ho già capito").

Riferimento al destino:: l’individuo reagisce come se le proprie aspettative negative sugli eventi futuri siano fatti già stabiliti. Ad esempio, il pensare che qualcuno lo abbandonerà, e che lo sa già, e agisce come se ciò fosse vero. ("lo so già"). Insieme al precedente formano il "salto alle conclusioni", cioè il caso esemplare di inferenza arbitraria.

Catastrofizzare:: gli eventi negativi che possono verificarsi sono trattati come intollerabili catastrofi piuttosto che essere visti in una prospettiva più pratica e moderata. Ad esempio, il disperarsi dopo un brutta figura come se fosse una catastrofe terribile e non come una situazione semplicemente imbarazzante e spiacevole. ("è terribile se...).

Minimizzazione:: le esperienze e le situazioni positive sono trattate come reali ma insignificanti. Ad esempio, il pensare che in una cosa si è positivi ma che essa non conta in confronto ad un’altra più importante. ("niente conta veramente di quello che faccio").

Ragionamento emotivo:: considerare le reazioni emotive come reazioni strettamente attendibili della situazione reale. Ad esempio, concludere che siccome ci si sente sfiduciati, la situazione è senza speranza. ("se mi sento così allora è vero").

Doverizzazioni::l’uso di "dovrei", "devo", "bisogna", si deve", segnala la presenza di un atteggiamento rigido e tendente alla confusione tra "pretendere" e "desiderare", e ciò è in diretta connessione con regole personali. Ad esempio, il pensare che un amico deve stimarci, perchè bisogna stimare gli amici. ("devo ...", "si dovrebbe ...", "gli altri devono ...").

Etichettamento:: identificare qualcuno tramite una etichetta globale piuttosto che riferirsi a specifici eventi o azioni. Ad esempio, il pensare che si è un fallimento piuttosto che si è inadatti a fare una certa cosa. ("è un .....").

Personalizzazione: assumere che il soggetto stesso è la causa di un particolare evento quando nei fatti, sono responsabili altri fattori. Ad esempio, considerare che una momentanea assenza di amicizie è il riflesso della propria inadeguatezza piuttosto che un caso. ("è colpa mia se...").

Tali errori cognitivi non sono tipici di un disturbo psicologico ma sono invece diffusi e caratteristici nel funzionamento mentale normale. L’aspetto disfunzionale è determinato dalla compresenza di più errori, dalla frequenza di comparsa e dal grado in cui tali procedure sostituiscono il ragionamento realistico e funzionale del soggetto. In sintesi, le distorsioni cognitive sono euristiche di ragionamento che svolgono una funzione adattiva in situazioni di emergenza e, probabilmente, non più adeguate allo stile di vita contemporaneo (essendo modalità automatiche possono in qualche modo essere state sviluppate evoluzionisticamente, ma attualmente potrebbero essere un esempio di "deriva evoluzionistica").Vari autori hanno approfondito le modalità di ragionamento in condizioni di incertezza (Tversky, Kahneman, 1974; Kanheman, Slovic, Tversky., 1982; Piattelli Palmarini, 1994; Nisbett, Ross, 1980; Dell’Erba, 1998c), e tali condizioni sarebbero centrali in stati di attivazione dei soggetti (stress, condizioni cliniche, ...). Dalle diverse ricerche nel campo della influenza di variabili contestuali, o di fattori emotivi, sul ragionamento emergono diverse tipologie di biases cognitivi, spesso dipendenti dallo specifico obiettivo della ricerca; il minimo comune denominatore di tali errori cognitivi sembra essere la seguente schematizzazione: generalizzazione di informazioni, eliminazione di informazioni, distorsione di informazioni. Ciascuna di queste categorie raggruppa vari tipi di errori cognitivi, definiti dalle ricerche in psicologia generale sia in ricerche nel campo clinico.Le valutazioni possono essere definite come giudizi (buono-cattivo, OK-non OK) o preferenze. I soggetti formulano delle valutazioni sia sulla base di processi inferenziali sia5 in base all’uso di conoscenze possedute, e dunque i giudizi e le preferenze dei soggetti possono essere influenzate sia da errori cognitivi di processazione dell’informazione sia da osservazioni personali (ad esempio, teorie e modelli di spiegazione soggettivi).Un aspetto principale, teorico e tecnico, è il ruolo rivestito dalla teoria attribuzionale (ad esempio, Heider, Rotter, Seligman) nell’impianto della Psicoterapia Cognitiva. Le inferenze e le valutazioni, rispetto alle determinanti o alle caratteristiche degli eventi, possono essere identificate da 3 fattori. L’attribuzione causale può riguardare la distinzione tra globalità e specificità a seconda che il fattore causale sia riferito a variabili generali o strettamente particolari: ad esempio, criticarsi per un difetto particolare (specificità) oppure criticarsi come persona (globalità). Le attribuzioni sulla causalità possono anche riguardare le variabili stabilità e temporaneità: ad esempio, giudicare una caratteristica altrui come temporanea piuttosto che stabile. I processi attributivi riguardano, altresì, le caratteristiche di internalizzazione (o personalizzazione) e esternalizzazione: ad esempio, giudicarsi meritevoli per un successo proprio (giudizio interno) ma giudicare non meritevole un’altra persona attribuendo il suo successo al caso o alla fortuna (giudizio esterno). Queste tre variabili bipolari rappresentano i fattori costitutivi delle decisioni sui processi causali ma, ovviamente, costituiscono anche le variabili di distorsione di giudizi ed inferenze su quelle stesse attribuzioni.Dunque, la Psicoterapia Cognitiva ha pienamente applicato questi meccanismi di attribuzione e decisione per modificare le convinzioni e le conoscenze disfunzionali del paziente. Vale la pena ricordare che uno dei modelli più celebri nella concettualizzazione della psicologia depressiva è proprio la teoria attribuzionale che identifica nel paziente giudizi negativi su sé, interni, stabili e globali (Beck, Freeman, 1990; Seligman, 1990, Seligman. Rosenhan, 1997).Un ulteriore punto è quello riguardante le valutazioni di stati emotivi. Gli individui spesso sono coinvolti in problemi psicologici dovuti al fatto di avere certi problemi; questa condizione viene definita come problema secondario e dipende da valutazioni formulate su valutazioni, emozioni, comportamenti, o qualsiasi altro stato del soggetto. <<Alla base di alcuni di questi stati psicologici vi è il fatto che gli esseri umani non soltanto possono procurarsi un problema (che possiamo chiamare problema primario) ma quando si accorgono e valutano questa condizione possono crearsi un altro problema (che chiamiamo problema secondario); questo tipo di stati psicologici, relativamente frequenti nelle condizioni cliniche, possono complicare e mantenere notevolmente il quadro psicopatologico (De Silvestri, 1981a, 1981b; Mancini, 1996; Dell’Erba, 1998a).>> (Dell’Erba, 1998b).Le assunzioni personali sono regole e principi fondamentali che guidano il comportamento e che sono formulate nel corso della propria esistenza. Più le assunzioni sono precoci e più sono pervasive e stabili, in quanto varie credenze si collegano tra loro in reti di conoscenza che possono avere temi esistenziali generali comuni o specifici episodi soggettivamente rilevanti. Le assunzioni personali sono atteggiamenti specifici riguardo una varietà di eventi o temi che riguardano il soggetto (o più esattamente, temi che il soggetto sostiene che lo riguardino). Ellis (1962, 1987) ha individuato una lista di atteggiamenti o idee irrazionali che riguardano le regole che il soggetto si dà e le relazioni che egli intraprende con gli altri o con il mondo esterno o con sé stesso. Questa lista può ben essere ricondotta ad alcuni principali atteggiamenti:

- doverizzazioni

- giudizi totali su di sé e su gli altri

- insopportabilità e intolleranza

- catastrofizzazione

- indispensabilità e bisogni assoluti.

Tali atteggiamenti sono ulteriormente definibili, secondo Ellis (1962, 1987, 1994), a tre doverizzazioni di base:

- doverizzazioni su sé stessi ("io devo assolutamente... altrimenti... e quindi...");

- doverizzazioni sugli altri ("gli altri devono trattarmi in modo .... e devono essere ... altrimenti ... e allora .... ");

- doverizzazioni sulle condizioni di vita ("le cose che succedono devono essere come io le pretendo ... altrimenti ... e quindi tutto sarà ingiusto o insopportabile").

Questi atteggiamenti sono appresi durante lo sviluppo del soggetto e sono particolarmente resistenti principalmente in base a due fattori generali: la generalità di applicazione di un atteggiamento, e la automaticità di formulazione della specifica regola nella particolare situazione.Gli schemi costituiscono l’attività meno consapevole delle attività mentali (con l’esclusione dei processi mentali delle funzioni cognitive di base, come memoria, percezione, attenzione, apprendimento, ...). L’uso di tale termine deriva dalla psicologia generale (con Bartlett) ma attualmente si ritrova nella storiografia clinica l’uso diffuso di tale concetto in diversi autori precedentemente alla elaborazione di Bartlett del 1932 (ad esempio, Adler nel 1929).La modificazione degli schemi è l’obiettivo comune di tutti gli approcci cognitivistici clinici , ed è lo stadio più impegnativo della Psicoterapia Cognitiva.Gli schemi, secondo il modello della psicologia cognitivista, guidano o interferiscono sulla elaborazione di informazioni attraverso un uso selettivo dei dati in arrivo; questa caratteristica può essere così generale da limitare soggetto stesso nella propria autoconoscenza. Il problema alla base è che il soggetto non è pienamente consapevole delle proprie teorie personali, costruite a partire da stadi precoci della propria vita, ma può essere consapevole sia della propria condotta attuale sia di valutazioni, giudizi ed inferenze (semplici, ma non seriali o concatenate); tale possibilità data dalla propria attività mentale cosciente è sufficiente per ricostruire o ri-attribuire significati generali che possano spiegare dati, evidenze, ricordi, e modalità di scelta del soggettoIl fine del trattamento psicologico cognitivista è permettere al soggetto di esaminare la modalità con cui costruisce e comprende il mondo (cognizioni ed attività mentali in genere) e sperimentare nuovi modi di attribuire significati e attivare condotte orientate. Attraverso l’apprendimento dei modi tipici e personali di dare un senso a ciò che avviene, scegliere i propri scopi, definire i propri progetti, il paziente può essere in grado di modificare costrutti e significati non adeguati e ri-orientare i propri scopi e progetti generali per fronteggiare in modo più soddisfacente le proprie relazioni con il mondo e con le persone (Beck, Freeman, 1990; Young, 1994; Guidano, 1988; Guidano, Liotti, 1983).

 

Gli Assiomi del Modello

La teoria cognitiva articola il modo in cui i processi cognitivi sono implicati nella psicopatologia e nella psicoterapia efficace. Sebbene sia conosciuto ampiamente il modello "biopsicosociale" come un sistema concettuale complesso, il focus della teoria cognitiva è primariamente sui fattori cognitivi nella psicopatologia e nella psicoterapia. Inoltre, i concetti cognitivi completano (e possono anche sussumere) costrutti come "motivazione inconscia" nella teoria psicanalitica, e "rinforzo" o "condizionamento" nel comportamentismo.Nella teoria della terapia cognitiva, la natura e la funzione della elaborazione dell’informazione (ad es., l’attribuzione di significato) costituisce la chiave per comprendere il comportamento disfunzionale e il processo terapeutico positivo.La teoria cognitiva della psicopatologia delinea specificatamente la natura dei concetti e delle credenze soggettive le quali, quando attivate in certe situazioni, sono disadattive e disfunzionali. Tali concettualizzazioni idiosincratiche (ad es. credenze irrazionali, giudizi arbitrari, inferenze scorrette, pregiudizi, convinzioni negative personali) possono anche essere considerate come teorie personali informali. La concettualizzazione cognitiva della psicoterapia fornisce strategie per correggere tali concetti e credenze. Perciò, il quadro teorico della terapia cognitiva costituisce una "teoria di teorie"; essa è una teoria formale degli effetti di teorie personali (informali) o costruzioni di realtà.A tale riguardo, la teoria cognitiva clinica è debitrice in una certa parte alla teoria di George Kelly, cioè il modello dei costrutti personali (Kelly, 1955).La Teoria è essenziale alla pratica clinica. E’ stato recentemente affermato che la teoria cognitiva costituisce una teoria unificatrice per la psicoterapia e la psicopatologia (Alford, Beck, 1997; Norcross, Goldfried, 1992; Beck, 1996). Il quadro teorico delle terapie efficaci dovrebbe ordinare i comportamenti terapeutici (del trattamento) e le variabili psicologiche rilevanti in un sistema di psicoterapia, e costituisce un modello coerente per la pratica clinica generale (Dell’Erba, 1997).Gli assiomi del modello sottostante alla Psicoterapia Cognitiva sono i seguenti:

1) La direzione centrale per il funzionamento psicologico o per l’adattamento psicologico consiste di strutture cognitive che assegnano un significato (meaning-making), denominate "schemi". "Significato" si riferisce all’interpretazione dell’individuo di un dato contesto e delle relazioni con quel contesto con il proprio sé (focus organizzatore della mente).

2) La funzione di "attribuzione di significato" (sia automatica sia ad un livello deliberato ed intenzionale) è di controllare i vari sistemi psicologici (ad esempio, comportamentale, emotivo, attentivo, mnestico). Perciò, il significato attiva delle strategie per l’adattamento.

3) Le influenze tra i sistemi cognitivi ed altri sistemi sono interattive.

4) Ogni categoria di significato ha implicazioni che sono tradotte in specifici patterns di emozioni, attenzione, memoria, comportamento. Ciò è denominato "specificità cognitiva di contenuto".

5) Sebbene i significati sono costruiti dal soggetto, piuttosto che essere preesistenti componenti della realtà, essi sono corretti o scorretti in relazione a dati contesti o scopi del soggetto. Quando distorsioni cognitive o biases avvengono, i significati sono disfunzionali o disadattivi (in termini di attivazione di sistemi). Le distorsioni cognitive includono errori nel contenuto cognitivo (significato), nella processazione ed elaborazione cognitiva (elaborazione di significati), o entrambi.

6) Gli individui sono predisposti a specifiche costruzioni cognitive fallaci (distorsioni cognitive) che possono avere un senso nella elaborazione routinaria ed economica delle informazioni nella vita del soggetto, e possono essere considerate come generali deficit del sistema mentale. Questi errori di elaborazione possono diventare predisposizioni a specifiche stabili distorsioni quando sono concettualizzate ed inserite in più ampio quadro o schema che contiene temi personali specifici, e quindi tali distorsioni possono essere sono denominate come "vulnerabilità cognitiva". Vulnerabilità cognitive specifiche predispongono i soggetti a sindromi specifiche; la specificità cognitiva e la vulnerabilità cognitiva sono interrelate.

7) La psicopatologia deriva da significati disadattivi costruiti in relazione al sé, al contenuto ambientale (esperienza), ed al futuro (scopi), i quali insieme sono denominati "triade cognitiva". Ciascuna sindrome clinica ha significati disadattivi caratteristici associati alle componenti della triade cognitiva. Ad esempio, tutti i tre componenti sono interpretati negativamente nella depressione. Nell’ansia, il sé è visto come inadeguato (a causa di insufficienti risorse), il contesto è concettualizzato come pericoloso, e il futuro appare incerto. Nella rabbia e nel disturbo paranoide il sé è interpretato come maltrattato o abusato da altri, e il mondo è visto come ingiusto e contrastante i propri interessi. La specificità cognitiva di contenuto è correlata in tal modo alla triade cognitiva.

8) Ci sono due livelli di significato: a) quello "oggettivo" o "significato pubblico"; e b) quello "personale" o "significato privato". Il significato personale, diversamente da quello pubblico, include implicazioni, significazioni, o generalizzazioni tracciate a partire dalla occorrenza di un evento (Beck, 1976). Il significato personale o livello privato di significato è stato anche affrontato da vari autori come il concetto di "dominio personale" (Kelly, 1955; Guidano, Liotti, 1983; Gardner, 1985).

9) Ci sono tre livelli di cognizione: a) il livello preconscio, non intenzionale, automatico (ad es., "pensiero automatico"); il livello conscio; e c) il livello metacognitivo, il quale include risposte "realistiche" (adattive) o "razionali" (funzionali). Ognuno di essi svolge funzioni utili all’individuo; ma il livello conscio è di primario interesse nel miglioramento clinico del trattamento psicoterapico, oltre che nel generale apprendimento di informazioni.

10) Gli schemi si sviluppano per facilitare l’adattamento dell’individuo al suo ambiente, e sono in questo senso "strutture teleonomiche". Perciò, un dato stato psicologico (costituito dall’attivazione di un sistema) non è né adattivo né disadattivo in sé stesso, ma soltanto in relazione al contesto del più generale ambiente fisico e sociale in cui l’individuo vive.

Questi 10 assiomi costituiscono i principi formali contemporanei della teoria cognitiva.

Gli stadi del trattamento

Il trattamento cognitivo comprende degli stadi che definiscono specifici obiettivi da raggiungere, e che costituiscono delle "abilità" del soggetto al fine di realizzare un adattamento funzionale al proprio contesto e ridurre l’intensità delle proprie reazioni emotive negative.Il primo stadio è quello che si occupa di fornire al soggetto un modello razionale e comprensibile in modo che possa essere condiviso con lui; in tale ambito il terapista è disponibile a chiarire ogni punto oscuro ed a rispondere alle naturali domande sulle cause, sui sintomi, sull’andamento, sulla epidemiologia, e sulle caratteristiche generali del disturbo e del trattamento. I punti centrali che devono essere affrontati sono il modello ABC, le caratteristiche del sistema mentale, le distorsioni cognitive, le reazioni emotive e comportamentali.Il secondo stadio deve occuparsi dello sviluppo della capacità di raccogliere informazioni riguardo gli eventi attuali, le reazioni emotive conseguenti e le cognizioni; l’automonitoraggio deve essere finalizzato alla raccolta dei dati necessari per pianificare i successivi interventi specifici.Il successivo stadio riguarda la individuazione e la modificazione delle cognizioni disfunzionali; l’uso di tecniche cognitive mirate alla identificazione, verifica e cambiamento delle cognizioni disfunzionali è utilizzato in connessione con l’obiettivo di accrescere l’informazione del soggetto. Il fine delle tecniche cognitive è quello di far acquisire al soggetto maggiore informazione e di poter modificare le inferenze e valutazioni mediante interventi di verifica empirica diretta dei contenuti e dei significati che il soggetto attribuisce agli eventi Gli interventi sono insieme sia classicamente cognitivi che comportamentali, in quanto lo scopo centrale è la acquisizione di maggiori informazioni e ristrutturazione del significato soggettivo disfunzionale.Il momento successivo si concentra sullo sviluppo di abilità di decentramento del soggetto rispetto a proprie attività cognitive e comportamentali, abilità definite "metacognitive". Tali interventi permettono al paziente di affrontare un momento successivo nel quale il terapista ed il paziente ricollegano temi e contenuti presenti nelle valutazioni ed assunzioni personali del soggetto con la storia di vita e gli accadimenti importanti nella prospettiva del paziente stesso.Lo stadio che segue riguarda la identificazione di significati generali e sovraordinati, gli schemi personali, che costituiscono il punto di vista privilegiato tramite il quale è possibile una ricostruzione più adattiva e funzionale.Lo stadio finale riguarda la costruzione di abilità per prevenire ricadute ed utilizzare le informazioni e conoscenze acquisite per intraprendere direzioni alternative sia nelle condotte specifiche sia nella progettualità del paziente.Ogni fase nel flusso dell’intervento psicoterapeutico è situata in un contesto favorente e positivo che deve essere costruito insieme al paziente. Il posto della relazione terapeutica nella Psicoterapia Cognitiva è centrale (Semerari, 1996); essa viene definita sia come una relazione positiva nella quale uno dei due agenti viene giudicato dall’altro come una fonte plausibile ed autorevole sia come una base sicura (nell’accezione di Bowlby, di figura di attaccamento, o che attiva gli schemi riferiti dal soggetto ad una figura di attaccamento) (Bowlby, 1989). Le caratteristiche del trattamento cognitivo sono direttamente connesse con il tipo di relazione stabilita tra paziente e terapeuta, ed in particolare si ritrovano l’uso di un atteggiamento empirico teso alla pianificazione di situazioni di verifica diretta da parte del paziente delle proprie assunzioni e credenze, l’uso del dialogo socratico e della scoperta guidata nella identificazione e ristrutturazione dei significati disadattivi, l’assegnazione di compiti da realizzare tra una seduta e l’altra aventi il ruolo duplice di attivatori del processo terapeutico e condotte di responsabilizzazione riguardo la propria condizione.

Le Tecniche

Nella Psicoterapia Cognitiva l’uso di tecniche specifiche è stato per molto tempo un problema; infatti, accanto ad alcune generali indicazioni che fanno parte della pianificazione del modello ABC, del quale abbiamo visto le principali caratteristiche, vi sono due atteggiamenti di fondo definibili: l’uno favorevole ed incline allo sviluppo di tecniche di trattamento specifiche per singoli problemi e l’altro tendente soprattutto ad approfondire la storia di vita del paziente e le sue connessioni centrali in modo da sviluppare nel soggetto una sempre più coerente prospettiva personale.Tali atteggiamenti, le tecniche e la costruzione soggettiva del paziente, sono in definitiva integrabili e di fatto integrati negli approcci maggiormente conosciuti (Alford, Beck, 1997; Norcross, ; Held, 1996).Tra i due estremi possiamo definire una breve lista di tecniche di trattamento specifiche dedicate a specifici problemi e scopi del trattamento e che sono mirate a raggiungere obiettivi particolarmente definiti (Dell’Erba 1998a; Freeman et al., 1990).Le principali tecniche cognitive sono le seguenti:

Analisi di evidenze e dati Questa tecnica consiste nell’insegnare al paziente ad identificare e mettere in discussione l’evidenza e i dati usati per mantenere le proprie idee inefficaci e disfunzionali. Per fare ciò deve essere identificata con chiarezza le fonte dei dati stessi e il ragionamento eventuale che il paziente effettua per dare rilevanza a essi.L’iniziale messa in discussione di una evidenza "sensoriale" o "percettiva" è un fatto indubitabilmente contro-intuitivo, tuttavia tramite questa tecnica il paziente può accedere alla migliore valutazione degli eventi; inoltre, il terapista può evidenziare come il soggetto abbia utilizzato determinati processi cognitivi o abbia commesso determinati errori cognitivi, e ciò è determinante per l’analisi del personale stile disfunzionale di ragionamento e quindi per l’eventuale addestramento e modificazione

Riattribuzione Gli individui attribuiscono un significato ad eventi in modo non univoco ma dipendente dall’assetto di assunzioni soggettivamente rilenvanti. Questa differenza tra le varie persone è dovuto alla differenza dello stile di attribuzione delle cause degli eventi, che come abbiamo già esaminato è processo molto importante nell’esame dei processi di ragionamento e di assunzione di responsabilità. Il paziente può formulare giudizi ed attribuzioni in modo disfunzionale, e queste attribuzioni possono essere graduate e ristrutturate secondo i fattori principali esaminati. La attribuzione realistica di responsabilità è sempre un passo fondamentale, tuttavia tutti i tre fattori sono generalmente coinvolti (globale-specifico, stabile-temporaneo, interno-esterno).

Decatastrofizzazione e graduazione Spesso il paziente giudica un evento come una esperienza terribile e catastrofica piuttosto che seccante e semplicemente negativa. Tale atteggiamento può essere modificato attraverso il confronto, sia direto sia mediante la discussione, di esperienze più negative; inoltre, il terapista può aiutare il paziente a graduare gli eventi o le emozioni che esperisce attraverso una scala soggettiva di misura. Questo metodi rende possibile un confronto ed un riferimento più adattivo.

Esaminare le alternative L’esame delle alternative comprende una serie di compiti più o meno connessi tra loro. Un primo aspetto è quello della formulazione di prospettive alternative a quella che il paziente produce; tale metodo contribuisce alla scoperta di modi di valutazione nuovi, meno centrati sull’assetto soggettivo. Un altro aspetto consiste nell’esaminare i pro e contro di un evento; infatti, attraverso tale metodo il soggetto può valutare in modo più semplice una particolare condizione che può invece apparirgli molto complessa, o può valutare in modo rigidamente univoco. Un ulteriore aspetto è quello di esaminare o anche fantasticare le conseguenze di una scelta in modo tale che attraverso la produzione di inferenze ed ipotesi soggettive può essere esaminato il sistema soggettivo di giudizio e quindi eventualmente modificarlo.

Etichettare Formulare una etichetta o una definizione ad un dato evento o stimolo può essere utile ad un più funzionale processo di categorizzazione e riconoscimento degli eventi. Attraverso l’attribuzione di una etichetta il soggetto può sviluppare una migliore conoscenza delle proprie reazioni emotive e comportamentali; inoltre, lo sviluppo delle abilità di automonitoraggio ed auto-osservazione dipende dalla capacità di riconoscere i singoli stimoli, che possono essere sia emozioni, sia comportamenti, ma anche cognizioni specificamente isolate come obiettivo terapeutico.

Analisi e sostituzioni di immagini Il lavoro con le rappresentazioni deve riguardare sia l’esame e la valutazione delle produzioni immaginative del soggetto sia la eventuale modificazione guidata dal terapeuta secondo degli obiettivi stabiliti; tale metodo oltre che terapeutico è anche specificamente diagnostico di assunzioni personali che rivestono un ruolo centrale per il soggetto.

Autoistruzioni Il soggetto può apprendere a formulare delle specifiche istruzioni che in precedenza ha stabilito con l’aiuto del terapeuta; tali istruzioni sono una guida in situazioni complesse e prendono il posto di cognizioni e pensieri automatici negativi i quali possono avere un ruolo di stimoli interferenti con particolari attività del soggetto. Le abilità connesse all’apprendimento di autoistruzioni riguarda anche la capacità di esternalizzare voci e pensieri che il soggetto immagina e produce nelle proprie rappresentazioni.

Focalizzazione e distrazione Questo metodo riguarda l’uso terapeutico dei processi attentivi, ed in particolare l’apprendimento di abilità di dirigere intenzionalmente la propria attenzione in modo funzionale secondo specifici obiettivi terapeutici. Tale compito è utile in situazioni dove l’intensità di stimoli ed eventi giudicati estremamente negativi può impedire al soggetto un funzionamento adeguato di altri processi cognitivi (giudizio, inferenze, analisi di evidenze, confronti, ...).

Uso di schede e diari L’uso di materiale per raccogliere informazioni è centrale nel trattamento cognitivo, ed attraverso schede elaborate secondo gli specifici obiettivi del compito il soggetto può raccogliere i dati rilevanti ma anche disporre di materiale da discutere e valutare i seduta. La compilazione di diari, inoltre, è un metodo per elicitare prospettive personali del paziente che altrimenti difficilmente potrebbero essere discusse. In tali compiti il paziente deve essere responsabilizzato sul significato di tali operazioni e incoraggiato a perseguirle.

Stop del pensiero La tecnica dello stop del pensiero è un metodo classico e conosciuto che ha avuto notevoli varianti nella applicazione terapeutica. Essa consiste nell’aiutare il paziente a riconoscere una data cognizione e sostituirla con una diversa che abbia un valore interferente.

Ristrutturazione cognitiva Questa tecnica è tra gli strumenti operativi principali del trattamento cognitivo ed è per questo forse la più celebre. Essa consiste nell’esaminare le cognizioni del soggetto in riferimento ad un evento insieme con le conseguenti reazioni emotive e comportamentali, e aiutare il paziente a produrre delle modificazioni con la verifica delle reazioni collegate. Tale metodo è l’applicazione diretta del modello ABC che abbiamo già esaminato.

Esposizione La tecnica della esposizione può essere sia diretta sia immaginativa, e può essere sia graduale sia totale. La variante ritenuta più efficace è l’uso della esposizione diretta graduale; essa è applicata nella gran parte dei trattamenti mirati all’ansia (panico, ossessioni, ipocondria, ansia sociale), ma anche in trattamenti più articolati che riguardano disturbi diversi (ad esempio, disturbi psicotici). Il valore terapeutico dell’esposizione è riconosciuto ampiamente, e costituisce spesso la componente fondamentale di diversi trattamenti. Attraverso questo metodo il soggetto può ottenere almeno due obiettivi: avere informazioni dirette su condizioni che teme e quindi assumere un rischio calcolato, ed abituarsi ad uno stimolo che può aver giudicato in modo distorto.

Prevenzione della risposta Attraverso questa tecnica il soggetto può apprendere un metodo per fronteggiare diversi comportamenti impulsivi e molteplici reazioni indesiderate. Il punto centrale del metodo è lo sviluppo della abilità di stabilire un record personale sempre crescente tra un pensiero o la rappresentazione giudicata negativa ed una specifica reazione cognitiva o comportamentale. La modificazione di tale connessione permette al soggetto sia di verificare le conseguenze temute dalla mancanza della emissione della conseguenza, sia di avere informazioni sulle proprie reazioni emotive o cognitive.

 

Conclusioni

Il panorama attuale della Psicoterapia Cognitiva riflette quasi direttamente lo stato delle conoscenze attuali nello studio della condotta. Ciò significa che sia nella psicologia di base che nella psicologia clinica e nella psicopatologia i contributi della ricerca sono applicati al lavoro clinico; altresì, la stessa Psicoterapia Cognitiva non ha mancato di produrre evidenze e modelli che hanno contribuito allo sviluppo delle discipline di base.Uno dei settori ancora emergenti è quello della intersezione tra la psicologia del giudizio e del ragionamento e la Psicoterapia Cognitiva; in tal ambito vi sono contributi (Winfried, Goldfried, 1986; Mancini, 1996; Salkovskis, Kirk, 1997; Gelder, 1997) attraverso i quali, credo, sia possibile ipotizzare il modello di una psicoterapia integrata, ben fondata sulle evidenze empiriche, e intelligibile riguardo la prospettiva soggettiva del paziente.


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Aggiornato il: 01 maggio 2001