Newsletter
PSICOTERAPIA
www.psicoterapie.org
www.tossicodipendenze.net
www.disturbialimentari.com
www.disturbisessuali.it
www.ossessioniecompulsioni.it
www.terapiadicoppia.it
www.attacchidipanico.it
www.psicosi.net
www.fobia.it
www.depressioni.it
www.ansie.it
| |
La dinamica della
AutoImmagine:
uno studio sulla valutazione di sè.
Gian Luigi Dell'Erba
Riassunto
Il presente contributo evidenzia il ruolo e le dinamiche del processo di
costruzione della autoimmagine attraverso una analisi teorica del concetto di
autovalutazione, delle sue componenti, e delle tipologie personologiche
derivanti. L'Autore, inoltre, mette in risalto il ruolo svolto dal rapporto tra
Immagine interna ed esterna attraverso una ricerca su soggetti normali e
soggetti con disturbi psichici, sottolineando la peculiarità nello schema
autovalutativo dei vari gruppi di soggetti.
Summary
This contribute focus on the rule and the dinamics of Self-Imaging
costructional process by a conceptual analisys about self evaluetion, its
components, and the relatives typologies of personality. Then, the Author points
out the rule of the relations between internal and external self-image by a
research on normal and psychiatric subjects, underlining the specific
selfevaluation of some groups.
Parole Chiave: Valutazione, Autostima, Bilancio Autovalutativo
Key Words: Evaluation, Self-Esteem, Self-Evaluation Balance
La valutazione è una funzione del pensiero. E' la capacità di un individuo di
avere una conoscenza sul potere rispetto ad un determinato scopo. Una
valutazione può essere relativa al potere di un aspetto rispetto ad uno scopo
(scopo esterno) o può essere relativa al potere di sè rispetto ad uno scopo
esistente nel soggetto stesso (scopo interno). Quest'ultimo punto si definisce
autovalutazione (8). Certamente c'è da specificare che la valutazione rispetto
al potere dell'individuo sul raggiungimento di uno scopo può essere orientata
allo scopo stesso (potere esterno) o orientata al soggetto (potere interno). Nel
secondo caso ci si riferisce al repertorio di azioni che possono essere agite
dall'individuo, cioè sono in suo potere; nel primo caso ci si riferisce ad
azioni necessarie al conseguimento di un determinato scopo a prescindere dal
soggetto agente, quindi sono azioni oggettivamente necessarie, e non
necessariamente in possesso del soggetto. La valutazione (come anche la
autovalutazione) può essere positiva o negativa in quanto può indicare la
presenza o l'assenza di "potere" su uno scopo (o la presunzione di ciò);
può però essere anche in un terzo modo, né positiva né negativa (8).Un
aspetto della autovalutazione è legato in modo rilevante a modalità di
sofferenza e disagio (4). Questi processi di autovalutazione costituiscono fasi
molto precoci dello strutturarsi di alcune forme di sofferenza psichica. Abbiamo
scelto tre forme di autovalutazione che possono essere ricondotte a processi
mentali generali tipici di tutte le persone.
Autovalutazione "negativa"
Quando un soggetto si valuta negativamente si trova in una condizione che può
essere chiamata di "vulnerabilità" in quanto egli diventa più
sensibile alle critiche, ai giudizi, ai commenti su di sé da parte degli altri;
sarà evidentemente più sensibile alle possibilità di critica negativa, quindi
spesso coglierà in senso negativo (cioè di danno per sé) frasi ambigue,
umoristiche, modi di dire, insomma tutto ciò che potrà essere da lui vissuto
come una diminuzione in termini di immagine e di potere da parte degli altri
(8). Di fronte a situazioni nelle quali sarà messo in ridicolo (anche in modo
non volontario da parte di qualcuno) sarà colto da sentimenti di tristezza e
ansia che lo accompagneranno per un po' di tempo. Può anche accadere di essere
tenuto in scarsa considerazione soffrendo in questo caso di sentimenti di
abbandono. Certamente potrà capitare di incorrere in qualche fallimento, cosa
che comporterà nel soggetto sentimenti di intensità aumentata rispetto a
persone con valutazioni di sé diverse. Il soggetto in questa condizione di
vulnerabilità solitamente tende a far attribuzioni interne ai propri
fallimenti; egli sarà più propenso a leggere come sua caratteristica la
goffaggine, la incompletezza, la mancanza di precisione, la carenza di
competenze. Essendo sensibile alle valutazioni degli altri su di sé il soggetto
che abbiamo definito vulnerabile tenderà ad essere influenzabile facilmente da
valutazioni di altri su di sé. La condizione di vulnerabilità, inoltre, si
caratterizza mediante una tendenza del soggetto a valutare positivamente coloro
che valutano lui in modo positivo, e ciò a prescindere dal realismo delle
valutazioni. Questo punto, oggetto di numerose osservazioni da parte di vari
autori, è noto come "bisogno di approvazione" (7). Il soggetto,
sensibile alle svalutazioni, sarà attratto da quelle situazioni che lo
incoraggiano, e che comunque non lo criticano. Si innesca così una tendenza
verso il cercare l'apprezzamento degli altri, sopra ogni altra cosa, al riparo
da possibili svalutazioni e critiche. Si giunge ad una condizione di ricerca
della conformità come riparo dalle critiche; condizione, quest’ultima, che
diventa ben presto una assunzione di atteggiamento conformistico. Il soggetto,
così sarà legato agli altri nella misura in cui questi lo pongono al riparo da
svalutazioni. Si tende, qui, a costruirsi una "nicchia" psico-sociale
dove si possa stare tranquilli senza il pericolo di giudizi negativi. Ma questa
condizione ha un punto fragile che è quello di creare una forte dipendenza
dagli altri. Se gli altri, identificati come non svalutanti, non sono
disponibili il soggetto è in pericolo; soprattutto è a rischio di essere
esposto a svalutazioni (1).E' evidente come vi sia nel giovane che percorre
questa direzione una escalation che se apparentemente lo protegge da critiche e
svalutazioni immediate lo "incastra" in un processo di graduale
"disabilità" psico-sociale tanto da correre comunque i rischi che
cercava di evitare, affrontando però situazioni a più alta risonanza
psicologica e sociale in termini di difesa della propria immagine auto- ed
etero-riferita.La condizione della vulnerabilità dovuta alle auto-valutazioni
negative, che abbiamo affrontato qui in termini fenomenologici, si lega in
termini causali ad alcuni passaggi a livello dei processi mentali che il
soggetto effettua e che costituiscono delle assunzioni circa il potere interno
di raggiungere i propri scopi. Questo assunto è rilevante se pensiamo che la
condizione stessa di sviluppo del soggetto è caratterizzata da potere rispetto
al raggiungimento di scopi autodeterminati oppure di scopi sociali, cioè posti
nel contesto di appartenenza: la costruzione della propria efficacia sarà in
parte dovuta al risultato di queste prove graduali dalle quali il ragazzo
deriverà le assunzioni di "potere interno" su scopi futuri mediante
inferenze (4). Questa situazione comporta sostanzialmente alcune conseguenze. La
prima è quella che il soggetto si aspetta dagli altri valutazioni negative. Ciò
è chiaramente il risultato della considerazione che il soggetto attribuisce
alla "conoscenza" dell'avere scarso potere. La seconda conseguenza è
quella di ritenersi non autosufficiente, quindi cercherà l'aiuto degli altri
con la conseguenza diretta di essere dipendente (come già sottolineato).
Inoltre, egli cercherà di smentire le proprie convinzioni negative su di sè
mediante la ricerca di valutazioni altrui positive (che stimolerà la tendenza
al conformismo). Da quanto espresso ora ne deriva che la considerazione e le
valutazioni degli altri assumono una importanza sbilanciata rispetto alle
autovalutazioni (il soggetto dà maggiore peso ai giudizi altrui rispetto ai
suoi). Si avrà una situazione nella quale la stima altrui sarà molto valutata,
ma sarà (anche per questo) in pericolo, fragile, non sicura. L'individuo sarà
orientato, in situazioni sociali, verso la salvaguardia della stima altrui; la
sua attenzione sarà focalizzata sul rischio di perdere l'approvazione, la quale
avrà (per il soggetto) una alta probabilità di essere negativa (il timore di
ciò è alto). E' ovvio che l'evitamento delle frustrazioni o delle valutazioni
negative altrui non può essere realisticamente raggiunto sempre, quindi si avrà
comunque un risultato negativo agli occhi del soggetto. Quando la stima altrui
sembra essere minacciata, il soggetto andrà incontro ad intense reazioni
emotive tra le quali soprattutto Ansia e Depressione (cioè derivazioni
complesse rispettivamente di emozioni quali Paura e Tristezza, che assumono il
valore di una reazione "comprensibile" dato il set mentale di partenza
del soggetto) (5).Sperimentati i primi colpi alla propria Stima da parte degli
altri (i primi shock) egli tenderà ad attenersi alle richieste altrui, in modo
meticoloso, e si asterrà dall'esporsi sviluppando comportamenti conformistici e
dipendenti aventi lo scopo di evitare di "esporsi", di evitare
aggressioni, rifiuti, abbandoni. Inoltre, egli cercherà di evitare che gli
altri lo "conoscano bene", cioè che possano scoprire le
auto-considerazioni negative del soggetto, e quindi criticandolo e svalutandolo;
sarà allora impegnato ad evitare contatti coinvolgenti, relazioni strette,
interazioni prolungate, tenderà verso la "superficialità"
(8)(4).Questo quadro che abbiamo fin qui esposto sembra essere caratteristico
dello sviluppo di molti giovani, e permette di comprendere il "come"
numerose reazioni pre-adolescenziali giungono verso costruzioni di sè e degli
altri simili a questa esposta.Questo processo di costruzione della propria
Autovalutazione (negativa) presenta alcune importanti conseguenze. Una
principale conseguenza di questo processo è proprio quella che il soggetto ha
cercato di evitare faticosamente: se un soggetto è socialmente
“superficiale", non disponibile, evitante, allora le altre persone
raramente adottano i suoi scopi, saranno restie a fidarsi, e tenderanno a
valutare negativamente il soggetto (1). Questo crea un seconda conseguenza che
è quella di generare attorno al soggetto un contesto di solitudine non voluta.
L'isolamento sociale sarà un ulteriore stimolo per indurre il soggetto a
svalutarsi e sentirsi svalutato; questa condizione lo porterà ad avere
progressivamente sempre meno rapporti intimi, e sempre più sentimento di
abbandono, e mancanza di affetto, stima, e sostegno da parte degli altri. Tutto
questo fino ad un vissuto di completa solitudine.In questa analisi delle
valutazioni che il soggetto compie in questa direzione si è constatato che egli
così non soltanto non raggiunge i suoi scopi ma si ritrova in una condizione di
maggiore implicazione in termini di sofferenza emotiva, e psicologica in
generale.Si è visto, in sostanza, come lo scopo della stima di sè (in questo
caso) è conseguente e derivato da quello della stima degli altri (8). Questo
processo oltre ad essere scarsamente adattivo socialmente, è fortemente
disadattivo psicologicamente (6). Si giunge, da parte del ragazzo, a sovrapporre
i due scopi, a confonderli, e a creare dipendenza di uno dei due dall'altro.La
portata di questa disamina è rilevante. Ci permette di rispondere ad una serie
di domande del tipo: quanto è importante il gruppo degli amici per il ragazzo?
come si viene a creare la paura di esporsi? cosa può esserci dietro al
comportamento conformistico? come agisce la spinta del gruppo su eventuali
comportamenti individuali?
Autovalutazione "positiva"
Consideriamo ora la condizione contraria a quella su esaminata. Se un
soggetto si valuterà dipendente produrrà un comportamento conformistico e
svilupperà sentimenti di inadeguatezza, ansia e depressione; alla base di ciò
vi è un assunto di fondo in termini di valutazione della propria implicita
"inferiorità". Ma se un soggetto, invece, ha una valutazione di sè
tale, per cui si ritiene adeguata ai suoi propositi, in grado di raggiungere i
suoi scopi, in possesso degli strumenti materiali e psicologici per realizzarli,
cioè si sente di avere "potere per", allora egli ha una
Autovalutazione positiva del proprio Sé. Tale condizione assume che il soggetto
ritenga sé "affidabile", relativamente ai propri scopi ed interessi.
Egli, inoltre, deve ritenersi sicuro di sé, o perlomeno avere una valutazione
probabilistica che gli permetta di escludere sentimenti quali paura, dubbio,
imbarazzo, vergogna, e simili (1).Un individuo, certamente, fa i conti con una
determinata cornice contestuale dalla quale deriva i dati di base per il calcolo
delle proprie probabilità (12). Se un individuo eccede in questa valutazione
(in sostanza il calcolo è sbilanciato verso la totale certezza sul proprio
"potere per") allora il suo set autovalutativo è
"rigidamente" positivo (9).Il soggetto compie, in quel margine di
distanza tra la autovalutazione e il dato del contesto una implicita scommessa
(la valutazione di tale distanza è soggettiva e dipende appunto dal proprio
sistema mentale), per cui nella assenza di una certezza assoluta
"rischia" sulla base di un "potere" presunto. L'assunzione
del rischio di agire, di valutare, di assumere, è prevalentemente una attività
automatica strettamente dipendente dalla costruzione del sistema di scopi su di
sé, sugli altri, e sul mondo. Non accettare il rischio (l'incerto) conduce alla
paralisi dell'agire, e alla confusione (come vedremo più avanti);
sottostimarlo, invece, conduce a quanto segue. La scarsa considerazione della
distanza tra sé e il resto, tra il proprio potere e lo scopo da raggiungere, è
una condizione dovuta al mal funzionamento del "meccanismo" di calcolo
del "potere di ...". L'individuo accetta di buon grado ogni avventura,
intraprende azioni contro ogni consiglio, ed aldilà della evidenza degli altri
di riferimento. Il soggetto accetta una auto-scommessa rispetto a scopi nuovi e
vecchi con una modalità caratteristica. Nei riguardi di obiettivi nuovi, egli
dimostra intraprendenza, spirito di avventura, temerarietà. Mentre ad alcuni
potrà apparire come un individuo particolarmente "coraggioso",
"eroico", "positivo", ai più sembrerà un soggetto
imprudente. Il punto qui è quello di non evitare il pericolo; sia di ritenerlo
troppo lontano (distanza) per causare qualche sorta di danno, sia ritenerlo
troppo esiguo ed insignificante (quantità) per determinare qualche seria
preoccupazione. Dunque, si parla qui della valutazione della distanza e della
quantità connesse all'oggetto del "rischio". Verso obiettivi ben
conosciuti, vecchi, il soggetto si esprimerà attraverso un comportamento
tenace, testardo, ripetitivo. E' il caso di scopi già compromessi ai quali il
soggetto non si rassegna. Qui, è in gioco la valutazione sia della distanza che
della importanza di questi obiettivi (9). L'individuo non sarà capace di
"mollare" quando ciò è necessario (ai più). Una delle
caratteristiche di base di queste persone è quella attinente al
"senso" della "misura" e della "distanza", così
come comunemente ciò è inteso nel linguaggio quotidiano naturale.
Caratteristiche come "invadente", "egoista",
"borioso", "maleducato", "narcisista",
"illuso", "vanaglorioso", "eccentrico", trovano in
questo contesto un posto ideale. L'individuo adotterà, quindi, molto spesso
manovre quali il continuo cimento in azioni e compiti ardui, la sperimentazione
verso le più diverse situazioni, si lancerà (come già detto) in avventure
rischiose (14).A tutto ciò vi sono delle ovvie conseguenze. Tali sono i
ripetuti fallimenti che il soggetto incontra, dovuti alla cattiva valutazione
anticipata sul proprio potere e sulle caratteristiche dell'obiettivo da
raggiungere; la riprovazione sociale determinata dalla valutazione degli altri
sul suo comportamento, spesso letto come "bizzarro"; la improvvisa
disillusione catastrofica che è causata dal divario (una volta che esso è
percepito) tra ciò che finora si è valutato come "possibile" e ciò
che appare in termini negativi rispetto al proprio potere, situazione drammatica
tanto più il soggetto ha sperimentato "autoscommesse" (14). Una
situazione estrema è quella dovuta a situazioni vissute come shock. Tali eventi
incidono, molto spesso, determinando nel soggetto una irrealistica valutazione
di "totale perdita permanente" alla quale egli reagisce, spesso, in
modo altrettanto estremo, con una "fuga" nel sentimento di grandiosità
(queste situazioni sono determinate da costruzioni particolari in termini di
identità personale; sono situazioni molto "simili" anche se di natura
diversa, probabilmente biochimica e neurofisiologica, quelle nelle quali vengono
alterati alcuni .fondamenti strutturali del funzionamento mentale, come nella
Schizofrenia, nella Mania, nella Sindrome Organica di Personalità, nella
Demenza, come pure nell'assunzione di sostanze stupefacenti) (11). A grandi
linee, questo meccanismo di valutazione conduce ad un processo di graduale
distacco dalla integrazione sociale e relazionale; inoltre, quanto sopra esposto
determina nel soggetto un comprensibile sentimento di scarsa empatia, di essere
poco compreso, di non essere "capito al volo", e quindi ingenera una
interazione con gli altri sempre più scarsa e superficiale. L'estrema
configurazione di ciò è il non essere più "capiti" dagli altri, il
considerare le persone intorno "stupide" e "limitate", e
quindi, sulla base di una ormai scarsa "familiarità" l'avere
l'impressione che gli altri non siano più amici, ma possano ostacolare l'azione
(11). In definitiva, tale processo origina la propria autostima (cioè la
considerazione del valore di sè) dalla autovalutazione positiva (cioè dal
calcolo personale soggettivo del proprio "potere" nel perseguimento
dei propri obiettivi). L'individuo in questione trascura altri elementi di
giudizio basandosi soltanto sul proprio sentimento di "capacità". A
tale considerazione si legano concetti quali "egocentrismo",
"narcisismo", operazionalismo concreto"; non è questa la sede
adeguata per trattare questo legame, ma il significato più generale di tali
termini (pur con le ovvie distinzioni) ci appare congruo con quanto esposto.
Autovalutazione "oggettiva"
Come si è potuto notare finora, se la funzione valutativa, utile per
orientarsi e per calcolare il proprio potere di conseguire determinati
risultati, dipende troppo strettamente dal bisogno di Autostima allora, possono
verificarsi condizioni come la autosvalutazione, con conseguenti sentimenti
associati, oppure la eccessiva autovalutazione (autostima senza contributo
valutativo ulteriore), con le già trattate situazioni correlate. Vi sono,
tuttavia, situazioni (e relativi meccanismi psicologici) secondo le quali
l'individuo deriverebbe la propria Autostima da valutazioni
"oggettivamente" valide e prestazioni "sicure" senza
"ombra di dubbio". Tali circostanze in realtà, sono puramente
teoriche, e costituiscono la meta ideale, l'utopia, o, da un altro punto di
vista, l'illusione. Questo meccanismo autovalutativo consiste nel
"calcolare" le prestazioni positive che hanno contribuito al proprio
sentimento di "capacità", alla propria autostima, al proprio
benessere, e le prestazioni negative che, invece, hanno stimolato nell'individuo
sentimenti di autosvalutazione, vergogna, imbarazzo, paura, disgusto, seccatura;
in generale, sentimenti negativi che l'individuo sarà portato ad evitare. Una
volta effettuato il calcolo delle situazioni-tipo positive e negative per la
propria autostima, egli applicherà "alla lettera" tale confronto. Si
verifica, così, nell'individuo un bilancio rigido, "concreto", fin
troppo aderente al particolare, tale da non permettersi la esistenza di lacune o
dubbi nell'analisi delle situazioni (ovviamente con un eccessivo carico di
lavoro mentale). Sulla base di tale bilancio risultante dal calcolo delle
situazioni positive e negative, tale individuo effettuerà una previsione, che
non potrà che rispecchiare il risultato "matematico" del proprio
bilancio di "potere" (8)(9). Una tale situazione conduce al pieno e
completo conservatorismo, in quanto egli non rischierà mai per un obbiettivo
valutato in anticipo difficile (anche se voluto). Si avrà una marcata riduzione
dello sperimentalismo e del comportamento di esplorazione. La base di ciò è,
appunto, la mancanza di assunzione del rischio; egli non accetterà una
autoscommessa se essa appare a sé stesso difficile, sebbene ampiamente
desiderata. Costui, invece, aumenterà la capacità di maneggiare le conoscenze
(su base decisamente categoriale, teorica, formale) apprese, e gestirà in modo
abile le capacità di calcolare velocemente i pro e i contro delle varie
situazioni (ovviamente si parla di vantaggi e svantaggi puramente logici e
condivisi, non certo di motivazioni personali e soggettive). Il comportamento
associato a questo set psicologico autovalutativo è quello di un atteggiamento
circospetto, attento, orientato, vigile, che tende a sovraccaricarsi in termini
di memoria (memoria a breve termine) e di attenzione (tende ad essere spesso
frastornato). La meta del suo agire non può che essere la prevedibilità, delle
situazioni esterne come dei comportamenti altrui; ciò che eviterà
maggiormente, quindi, sarà la sorpresa, l'impatto con il fortuito, la
sperimentazione del nuovo. Questo schema di processare la conoscenza, e di
affrontare le situazioni non conduce ad uno sviluppo ricco della propria
personalità, ma determina una organizzazione cristallizzata avente settori
limitati di esistenza, seppur ricchi di elementi e dettagli anche sofisticati.
Le principali manovre d'azione di questa tipologia autovalutativa saranno
essenzialmente quelle attinenti all'evitamento del rischio, quelle riguardanti
la chiusura rigida nel noto e conosciuto, quelle attinenti alle inferenze e
generalizzazioni in favore del bilancio calcolato, del conservatorismo, e a
sfavore dei cambiamenti. Le principali conseguenze tipiche di tale
organizzazione autovalutativa sono: l'isolamento, derivante dalla scarsa
propensione a "rischiare" coinvolgimenti relazionali e relative
difficoltà di "gestione" correlate (le interazioni sociali sono fino
ad un certo punto prevedibili); le sanzioni altrui, derivate dalla eccessiva
lentezza e meticolosità di analisi, dalla scarsa prontezza di decisionalità, e
dalla goffaggine derivante dalle situazioni di confusione e frastornamento
(over-loading); il disagio relativo al dubbio perenne e alla diffidenza, che
derivano dalla "umana" limitatezza nel calcolo delle inferenze e delle
probabilità di occorrenza di un evento (9)(11). In sintesi, questo quadro
deriva dalla determinazione della propria autostima a partire dal calcolo delle
probabilità di successo in una situazione, e dalla relativa scelta
"cauta" delle situazioni "sicure", positive (almeno
relativamente al passato) (8). Egli deriva dall'esperienza passata di successo,
e dalla relativa scelte conforme nel presente, la "possibilità" della
propria autostima. Tale individuo, non sarà mai certo, almeno fin quando sarà
cosciente, tramite il dubbio, della portata limitata del proprio calcolo
valutativo.
Ricerca
Al fine di studiare le tipologie analizzate teoricamente, si è approntata
una ricerca tesa ad indagare specificamente la tendenza verso la Autovalutazione
positiva e quella verso la Autovalutazione negativa; inoltre, sempre sulla base
della stessa metodologia, si è tentato di discriminare la componente valutativa
legata alla Immagine di Sé (importanza della autovalutazione), da quella legata
alla Immagine Sociale (importanza della valutazione degli altri) (1). Per
ragioni puramente metodologiche e psicometriche non si considerata la tipologia
"oggettiva", il bilancio rigido nella autovalutazione. Certamente, un
approfondimento del metodo usato potrà portare alla operazionalizzazione di
questa modalità autovalutativa.
Strumento.
La metodologia ritenuta adeguata è stata quella del questionario
autovalutativo. Nello specifico, il questionario era una scala per la misura del
Sentimento di Inferiorità versus Autostima, messo a punto da Eysenck e Wilson
(2). Nella versione originale degli autori, questo strumento misurava, da 0 a
30, il grado di Autostima. Lo strumento originale è caratterizzato da 30
domande, bilanciate tra connotazione positiva e negativa, con una graduazione 0,
0.5, 1, per un totale di 30 punti. In questa ricerca, invece, oltre alla misura
del "tratto" Inferiorità/Autostima sono considerati due Fattori
interni alla scala: I - Valutazione della Autoimmagine, e II - Valutazione della
Immagine Sociale. I due fattori interni, I e II, sono formati rispettivamente da
15 e 13 domande. Il I fattore copre il 50% del totale; il II fattore copre
invece il 43.3% del totale della scala; questi due fattori sommati raggiungono
una percentuale pari a 93.3% del totale della intera scala, saturandola quasi
integralmente. Ai fini del punteggio, sia totale sia per ciascuno dei due
fattori, non sono state considerate due domande, delle 30 della versione
originale, che si discostavano da entrambi i due fattori interni. Le domande
effettive calcolate sono state quindi 28 (sono state escluse le domande n. 12 e
n. 23 del questionario originale).
Campione.
La ricerca è stata condotta su 75 studenti universitari, di entrambi i
sessi, con età compresa tra i 19 e i 35 anni, e su 46 pazienti psichiatrici
ambulatoriali di sesso maschile, con diagnosi variamente comprendente le
seguenti categorie (secondo il D.S.M.III-R): Disturbi d'Ansia e Distimie,
Disturbi dell'Umore, e Schizofrenia. I soggetti avevano una età compresa tra i
21 e i 43 anni.
Metodo.
L'analisi dei dati è consistita nel calcolo del punteggio totale, e del
punteggio dei due fattori interni (I e II). Il punteggio è stato confrontato
per "sesso", e tra i due gruppi della ricerca. E' stata, inoltre
calcolata la percentuale sul totale, e su ciascuno dei due fattori.
Risultati
I risultati della ricerca indicano delle differenze rilevanti tra soggetti
normali e pazienti psichiatrici, nelle varie categorie diagnostiche. Sono
particolarmente interessanti le differenze nei due fattori interni della scala,
oltre che il punteggio globale della Autovalutazione. I dati relativi al
confronto fra soggetti maschi e femmine (studenti) indicano una differenza non
significativa statisticamente, né apprezzabile numericamente, (p > 0.05), e
quindi non viene riportata la disaggregazione per sesso. Un primo risultato
sembra essere quello relativo al punteggio globale di Autostima. Come emerge dai
dati (FIG.1) i valori di Autostima degli studenti si avvicinano a quelli dei
soggetti schizofrenici, mentre gli altri soggetti hanno tutti un punteggio
minore, con le varie differenze. Mentre si può concludere che i soggetti
normali hanno una Autovalutazione più positiva dei pazienti, ciò non può
essere concluso in modo netto relativamente ai soggetti schizofrenici. Infatti,
questi ultimi hanno riportato un punteggio che si approssima, anche se
inferiore, al valore di Autovalutazione dei soggetti normali (la differenza non
è significativa per alfa = 00.5, a causa della ampia variabilità). Il dato che
emerge potrebbe indicare una difettosa valutazione di sè dei soggetti
schizofrenici dipendente da un deficit specifico nel trattamento
dell'informazione attinente al rapporto tra sè e l'esterno (10)(11). Per quanto
riguarda i dati degli altri pazienti, i soggetti con Disturbi d'Ansia hanno
riportato i punteggi più elevati; con una certa differenza, i soggetti con
Distimia possono essere accomunati ai precedenti, avendo riportato valori
lievemente inferiori. I soggetti che si sono valutati in modo più negativo sono
stati i pazienti con Disturbi dell'Umore.Questi dati possono essere considerati
congrui con le conoscenze e le acquisizioni riguardo le specifiche
psicopatologie (11). Un secondo elemento emerge dal rapporto tra i due fattori
interni (Immagine di Sé e Immagine Sociale) nei diversi gruppi studiati. Negli
studenti il rapporto tra il fattore I e il fattore II è di 2 a 1, come emerge
dal calcolo delle percentuali. Questo significa che i soggetti di controllo
valutavano la propria Autostima basandosi maggiormente sull'Immagine di Sé e in
misura minore invece sull'Immagine Sociale, che risulta essere la metà della
prima. Nei soggetti con disturbi psichici, lo schema di valutazione, determinato
dal rapporto tra i due fattori, si evidenzia come congruo con le conoscenze
psicopatologiche attinenti a ciascun gruppo (11). Nei soggetti con Disturbi
d'Ansia, il fattore più elevato è il II; analogo risultato si evidenzia anche
nei soggetti con Distimia. Il dato che appare discriminativo, oltre il livello
globalmente più ridotto nelle Distimie, è il punteggio del I fattore che
risulta essere più ridotto nei soggetti distimici. Nei soggetti con Disturbi
dell'Umore, oltre il ridotto punteggio totale, appare rilevante l'elevato valore
(e percentuale) nel I fattore, in un rapporto con il II pari a 3 a 1.. Nei
soggetti schizofrenici vi è un andamento analogo ai precedenti, con un rapporto
ancora più sbilanciato a favore del I fattore che risulta essere superiore al
76%.Globalmente, si può desumere che nello schema personale di Autovalutazione
sia rilevante il rapporto tra le due modalità di costruire la propria Immagine,
e quindi autovalutarsi. Infatti, da una parte, alcuni soggetti sono sbilanciati
verso una sovrastima di sé, trascurando inoltre l'importanza della valutazione
altrui; questi soggetti sottostimano, o perdono di vista, il necessario feedback
derivante dai rapporti sociali e dalle relazioni con l'esterno, evidenziando un
deficit di reciprocità (gli schizofrenici). Dall'altro lato, altri soggetti
sbilanciano il loro schema autovalutativo in favore dell'importanza attribuita
alla eterovalutazione, cioè all'Immagine Sociale, esponendosi alla dipendenza
dagli altri e alla disistima globale di sé (Disturbi d'Ansia e Distimie).
Infine, un'altra tipologia di soggetti (Disturbi dell'Umore), in un livello di
autostima assai ridotto, evidenziano uno schema eccessivamente sbilanciato verso
l'Immagine di Sé, trascurando e sottostimando l'importanza della
eterovalutazione.
Discussione
E' opportuno ora porre alcuni punti da approfondire. Un primo elemento che
merita di essere discusso è quello relativo alla differenziazione tra
auto-valutazione e etero-valutazione. In sostanza i soggetti distinguono la
valutazione su sè stessi a seconda che siano essi stessi i valutatori o siano
invece gli altri (o più semplicemente "altri"). Quale può essere il
senso di questa distinzione? Una prima risposta può giungere dalla più
elementare considerazione che gli "altri" contano (hanno un peso) nel
processo di attribuzione di valore a sè stessi. E' possibile anche distinguere
se questa importanza attribuita o attribuibile agli altri come "valutatori
autorevoli" sia una funzione naturale. La osservazione immediata che può
essere fatta è che già nello sviluppo della conoscenza e della intelligenza il
bambino utilizza gli altri come punto di repere o riferimento: potremmo dire che
il bambino "si fida di X", o "imita X"; in definitiva,
attribuiamo un significato di importanza ai comportamenti (in un senso largo) di
altri sia come riferimento procedurale (pratico, tecnico, comportamentale,
pragmatico) sia come riferimento valutativo (giudizio, regole, gerarchia di
adozione di scopi, aspettative). Questa funzione che gli altri svolgono è
importante in almeno due sensi. In una prima accezione è fondamentale nella
relazione di accudimento e di attaccamento come base informativa e
"prototipica" delle future relazioni con altri. In una seconda
accezione, è decisiva nell'equilibrio tra giudizi autonomi e riferimenti
esterni. Questo secondo punto, cruciale in un contesto come quello della
filosofia morale e della psicologia delle norme, è decisivo per la
determinazione della direzione della condotta del soggetto, e della scelta dei
propri scopi, a breve e a lungo termine. In sostanza, se il soggetto si conforma
agli altri non esplora creativamente, ma non rischia il rifiuto; se il soggetto,
invece esplora in un modo non conforme e rischia, aumenta la propria conoscenza
ma non ha garantita positiva accettazione sociale ed interpersonale. Ciò è
valido anche ad un livello meno "sociale" e più basico quando un
soggetto si trova a dover bilanciare uno stile deduttivo oppure induttivo di
pensiero.Dunque, il processo teso a differenziare auto-valutazione dalla
etero-valutazione sembrerebbe garantire questa funzione individuale e sociale.Un
secondo punto è quello relativo alla funzione specifica della valutazione
esterna, che sembrerebbe garantire il soggetto dal rischio di distorsioni ed
autoinganni intrinseci al fenomeno della doppia autovalutazione: io che giudico
me stesso, e quando giudico accondiscendo agli scopi di me stesso, pur tentando
"de dicto" di non farlo. A cosa serve la valutazione degli altri? E'
un "servomeccanismo", potremmo sostenere, che ha la funzione di
fornire dati esterni, e dunque non soggetti alle strategie di perseguimento di
propri scopi. Certamente, anche l'importanza di questi dati esterni è costruita
in modo individuale, attribuendo più o meno valore alle specifiche fonti
informative e valutative; purtuttavia, le fonti informative esterne hanno un
loro peso ed importanza, a meno di non ricorrere a strategie di annullamento del
valore informativo e critico degli altri, situazione che abbiamo appunto
studiato nei pazienti psicotici.Un ultimo punto di discussione è quello
relativo alla specificità del pattern autovalutativo, specificità che emerge a
livello di categorie diagnostiche, come abbiamo evidenziato nella ricerca.
L'elemento pregnante sembra essere non tanto il punteggio globale di autostima,
che può essere un fatto risultante e secondario, quanto l'equilibrio tra i due
fattori di auto- ed etero- costruzione della valutazione di sè (Fattore I° e
II° rispettivamente, nella ricerca). Ciò che colpisce è che a differenza del
punteggio globale di autostima nei pazienti psicotici affettivi e non-affettivi
(prevalentemente, Depressione Maggiore con manifestazioni psicotiche versus
Schizofrenia) lo schema di autovalutazione è simile: il fattore di
auto-giudizio è sbilanciato (rispetto ai controlli) in senso positivo, e
dunque, il fattore relativo alla costruzione del giudizio degli altri è
insignificante; questo sia che il punteggio globale sia alto o basso, sia che vi
siano stati depressivi o meno. Cosa può significare questo pattern simile? Si
può affermare che in questi soggetti l'importanza del giudizio degli altri, al
fine di costruire in modo più sofisticato la propria auto-immagine, è
irrilevante. In quanto giudicata di poco conto o utilizzata scarsamente (cosa
che comunque non è uguale) questi soggetti sarebbero inclini a non avere un
"servomeccanismo" funzionante, e per questo motivo non sarebbero in
grado di giovare delle correzioni proficue da parte dell'esterno. Di fronte al
problema questi soggetti tenderebbero a basarsi unicamente su informazioni
possedute (così come sono possedute) e scoraggerebbero l'attività informativa
e valutativa esterna (sociale o meno). Questo risultato si avvicina alle
descrizioni piagetiane dell'egocentrismo intellettivo, e alle strategie
iperdeduttive e iperinduttive patologiche descritte dalla psicologia del
ragionamento (13). Il risultato di ciò è una nota difficoltà alla correzione
delle proprie "teorie" personali e delle proprie assunzioni ed
auto-credenze.
Conclusione
La valutazione dalla propria immagine è un indicatore del processo di
costruzione della identità personale, e dei relativi problemi e disturbi
psichici.Lo schema di autovalutazione può essere operazionalmente distinto in
due componenti, l'Immagine di Sé e l'Immagine Sociale, il cui rapporto ha la
funzione di bilanciare il contributo reso dall'esterno alla costruzione della
Autoimmagine, con quello derivante dalla attività ideativa interna.Alcuni
soggetti con specifici disturbi mentali evidenziano un rapporto, tra le due
componenti della Autoimmagine, sbilanciato fortemente in un senso o nell'altro
in modo congruo con le specifiche categorie psicopatologiche.
Bibliografia
- Castelfranchi C. (1988) Che Figura. Emozioni e immagine sociale. Il
Mulino. Bologna
- Eysenck H.J., Wilson G. (1986) Conosci la tua personalità. Ed. B.U.R.
- Gazzaniga M.S. (1990) Stati della Mente, Stati del Cervello. Giunti,
Firenze
- Guidano V.F. (1988) La Complessità del Sé. Bollati Boringheri, Torino
- Liotti G. (1991) Il significato delle emozioni e la psicoterapia
cognitiva. in Magri T., Mancini F. (a cura di) Emozione e Conoscenza.
Editori Riuniti. Roma
- Hinde R.A. (1989) Individui, Relazioni e Cultura. Giunti, Firenze
- Kendall P.C., Northon-Ford J.D. (1986) Psicologia Clinica. Il Mulino,
Bologna
- Miceli M., Castelfranchi C. (1992) La Cognizione del Valore. F.Angeli
Milano
- Nisbett R., Ross L. (1989) L'Inferenza Umana. Il Mulino Bologna
- Pizzamiglio L. (1990) La neuropsicologia delle emozioni. in Denes G.,
Pizzamiglio L. Manuale di Neuropsicologia. Zanichelli. Bologna
- Sims A. (1992) Introduzione alla Psicopatologia Descrittiva. R.Cortina,
Milano
- Stich S. (1983) From folk psychology to cognitive science.
Cambridge,Mass., MIT Press.
- Tverski A., Kahnemann D. (1974) Judments under uncertainty: Heuristics and
biases, in "Science", 185, pp.1124-1131.
- Zuckermann M. (1979) Sensation Seeking: Beyond the optimal level of
arousal. Erlbaum, Hillsdale
|