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Prevenzione e salute

DAL VECCHIO BACCO AL NUOVO ETILISMO.

 

L’abuso di alcool è causa di numerosi problemi sanitari e sociali nel nostro paese. Tra i giovani e le donne il consumo di alcool è divenuto regolare tanto che oggi possono essere considerate categorie particolarmente a rischio. Se un buon bicchiere di vino può essere considerato un piacere dagli effetti gradevoli, il troppo bere diventa a dir poco problematico. Per quanto riguarda i giovani, si rileva un approccio precoce all’alcool, persino prima dei 12 anni in alcune zone, all’interno della propria famiglia, in relazione ad una cultura del bere come non problema. Se ci chiediamo perché i giovani abusano di alcool, troviamo diverse risposte. L’alcool non è percepito tra i giovani come sostanza pericolosa in quanto è una sostanza di uso comune, legalizzata e ampiamente pubblicizzata. E chi stabilisce il limite, al di là di quanto dice la legge? I giovani, inoltre, sembra non conoscano i rischi socio-sanitari correlati all’alcool, ne sottovalutano la pericolosità e tendono ad aderire in maniera sempre più diffusa alla cosiddetta cultura dello “sballo”, come alterazione dello stato di coscienza. “Ci si sente allegri e si pensa di essere felici, anche se essere felici è un’altra cosa”, dicono alcuni. Le caratteristiche dell’età adolescenziale, proprio per gli aspetti di ricerca, di trasgressione, di crescita, di scelta che talvolta suscita un senso di smarrimento di fronte a troppe possibilità e con tanti compiti cui essere all’altezza, rendono questa età un momento a rischio e alquanto difficile. Ricordiamo inoltre che una pressione eccessiva rispetto ai pericoli e ai rischi potrebbe al contrario generare il desiderio di sfida, con effetti contrari a quelli desiderati. Rispetto alle donne, di certo l’alcolismo ha un tasso d’incremento maggiore rispetto agli uomini. L’etilismo femminile non è facilmente rilevabile, visto che spesso è confinato nel privato delle mura domestiche, o nascosto per vergogna e sensi di colpa, quasi impensabile tenuto conto del ruolo sociale e culturale che la donna riveste. Eppure, per le caratteristiche biologiche della donna, per la diversa modalità di assorbimento gastrico, essa impiega un tempo decisamente inferiore a diventare alcolista e a sviluppare le complicanze epatiche e psichiatriche connesse all’abuso di alcool. Il tasso di mortalità tra le giovani donne è in netto aumento. L’età d’inizio è solitamente più tardivo rispetto all’uomo e maggiormente a rischio è la fascia d’età tra i 35-45 anni , perché è un momento di passaggio delicato, in cui facilmente una donna può perdere i propri riferimenti. La mancata realizzazione di progetti giovanili, la paura di essere inutile, il senso di inadeguatezza sperimentato nei confronti di alcuni problemi affettivi della vita, rotture di legami importanti, possono generare una situazione di crisi. Rispetto ai significati psicologici di questa problematica, senza nulla togliere alle caratteristiche individuali che rendono unico anche uno stesso apparente problema, possiamo dire che spesso si tratta di un rifiuto del proprio status sociale e culturale:

-         talvolta è il rifiuto del ruolo femminile della propria madre, ma senza poter ritrovare una valida alternativa ad esso, quindi come sensazione di fallimento del proprio essere donna;

-         talvolta è il rifiuto del proprio ruolo matrimoniale, come sensazione di fallimento del proprio ruolo di moglie e madre, là dove i figli sono ormai cresciuti e il marito sembra poco interessato e partecipe;

-         talvolta è una reazione alla menopausa, vissuta come segno di declino e come “morte” di potenzialità non espresse.

 

L’alcoolismo quindi diventa una reazione esasperata a una situazione che si avverte come intollerabile, che si accompagna a vissuti di impotenza e blocco. Consapevole che il problema alcool è legato alla presenza di diversi fattori individuali, relazionali, sociali, anche l’intervento deve essere all’insegna della complessità, evitando l’etichettamento del singolo. Determinante certamente è la sollecitazione da parte della famiglia, la cui attenzione è richiamata potentemente dall’alcool, oltre ad una terapia per la persona. Altro aspetto che si vorrebbe ricordare e’ l’importanza di una politica di comunità, che possa sensibilizzare a nuovi percorsi, stimolare differenti modi di espressione sociale e individuale, organizzare iniziative che possano sollecitare nuove domande e nuove ricerche, come ad esempio ampliando l’attività teatrale, cicli di cineforum, circo contemporaneo in piazza, ecc.

Diciamo di limitare il bere, ma quali luoghi d’incontro ci sono oggi, per il tempo libero, a parte bar, pub, enoteche, discoteche…cioè luoghi dove per definizione si beve?????

La domanda resta aperta.

La comunità non può ignorare le diverse forme della sofferenza che stanno dilagando nella nostra società e nel nostro paese. Metaforicamente, l’Urlo di Munch, nel suo silenzio e nella sua drammaticità e’ spaventosamente comunicativo, e non possiamo semplicemente voltarci per non vedere.

 

Dott.ssa Barbara Rossi

 

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