Genitori
ed adolescenti:
rapporto difficile ?
Raffaele
Crescenzo
Da
più parti viene sottolineato che è molto difficoltoso trattare con
gli adolescenti. Questo perché? Le ragioni sono tante. Diverse di natura
sociologica, altre dal punto di vista psicologico e, nondimeno, di natura
educativa. La difficoltà, comunque, è palpabile e reale.
Penso
di poter individuare tali difficoltà attorno ai seguenti problemi:
il
più delle volte, è bene evidenziarlo, gli obiettivi, le aspettative dei
genitori non sempre stimolano ed influenzano in modo gratificante ed
ottimale il rapporto con i ragazzi.
Da Vivì e Danilo, ci si aspetta che si comportino e si atteggino secondo
i nostri schemi ed i nostri criteri. Ognuno di noi ha un suo mondo
interiore, che possiamo definire “campo percettivo”, un “campo”
composto da emozioni, sentimenti, motivazioni, esperienze personali,
valori, ecc. che ci permette di parlare del proprio mondo interiore, di
proferire la parola io, di parlare di se stessi e della propria realtà
interna ed esterna; un “campo” che in lungo e largo abbraccia
l’insieme di emotività, sentimenti ed esperienze vissute in prima
persona. Anche i tanti Danilo e Vivì, percepiscono ed interpretano il
mondo circostante in modo soggettivo, secondo una logica prettamente
personale, secondo un modello percettivo che può essere in contrasto con
il senso comune, con la nostra logica e con quella di altre persone.
Non potremo, forse, mai sapere cosa avvertono, pensano e vogliono i figli
adolescenti con i quali desideriamo relazionarci, rapportarci se non si
comprende quanto sia importante la considerazione del loro punto di vista
soggettivo e percettivo, se non si abbandona la convinzione
dell’aspettativa che essi devono vivere in funzione dei nostri obiettivi
e finalità, anziché che per quelli che appartengono loro.
I nostri scopi, gli obiettivi e quel “cosa attendersi” dai propri
figli, innalzano muri che minano il rapporto con i giovani adolescenti. Il
perché?
Perché non solo si inizia a fare progetti, idee ed ipotesi su quello che
dovrebbero fare, pensare, essere e diventare, ma anche su come essere
genitori, su come comportarsi per fortificare e concretizzare le proprie
idee ed ipotesi future che, il più delle volte, sono distanti dalla
soggettività di pensiero dei propri figli.
Raffaele, genitore,
spera fortemente che suo figlio diventi un chimico, magari famoso,
purtroppo nell’apprendere la notizia che Danilo preferisce fare teatro,
si sente moralmente giù e disorientato.
Antonella, madre,
rimugina continuamente sul fatto di aver rinunciato agli studi per
sposarsi con grande pentimento e frustrazione: è ritiene importante, dal
suo punto di vista, che sua figlia Vivì diventi una grande manager, ma
sua figlia desidera avere una famiglia ed occuparsene a tempo pieno.
Spesso e volentieri,
si crede di “utilizzare” i propri figli per essere al top come
genitori, di indurli, per sopperire alle proprie carenze adolescenziali,
dando il massimo in questo o in quel settore, sentendosi fieri e felici se
riescono, ma pronti, se non lo fanno, a criticarli. Accettare i propri
figli non significa considerarli attraverso la propria convinzione,
modificare la sua soggettività e realtà solo perchè sia in perfetta
sintonia con le nostre idee ed aspettative.
Per i genitori, oltre
ad imparare a rapportasi con i figli, diventa indispensabile confrontarsi
con l’ambiente esterno in continua mutazione, crescita tecnologica e
nuove idee, lavoro, economia, violenza, devianza e disagio, ecc., ma anche
ed inevitabilmente con il gruppo dei coetanei; con una generazione che
inventa, quotidianamente, il modo di vestire, i capelli lunghi,corti e
non, modelli, musica e tanto altro ancora.
I nostri adolescenti sono portati a sperimentare, provare, cambiare mode,
idee, attività prima d arrivare ad una conclusione, decisione e ad una
scelta che possa diventare duratura. Dobbiamo permettere loro di fare
delle scoperte per comprendere cosa chiedono alla vita e cosa vogliono
dalla vita, quali principi da inseguire e sostenere. Le cose che destano
più preoccupazioni in noi genitori sono i repentini cambiamenti di idee,
le altalenanti prospettive per il futuro, le incostanti scelte
professionali, mentre ci aspetteremmo già un comportamento da adulto;
vorremmo aiutarli, proteggerli, farli decidere per il meglio. Invece? la
risposta è quella che, pur volendo, non possiamo. Ognuno deve commettere
errori ed apprendere da essi. Le nostre reazioni, per svariati motivi
comportamentali e non, sono le critiche e giudizi negativi nei loro
confronti, con il raggiungimento di un risultato in perdita e di un
conseguente aumento della distanza fra noi e loro. Approvazione completa?
No, sforzandoci, almeno, di evitare i commenti. Non possiamo farci
travolgere emotivamente da episodi non importanti, ma dobbiamo invece
riuscire a separare questi dagli aspetti più importanti, entrare nel loro
mondo in punta di piedi per essere più presenti ed influenti nei casi di
una certa entità e per poterne circoscrivere il danno.
Altro
aspetto, non meno importante, è la conquista da parte dell’adolescente
del “pensiero ipotetico”, con il quale ogni genitore deve
confrontarsi. Attraverso tale “pensiero” i nostri figli non
percepiscono soltanto l’aspetto immediato delle cose, della realtà, ma
anche quello che ipoteticamente possono assumere.
Ed è proprio attraverso questa nuova capacità che, noi genitori una
volta idealizzati, ora veniamo visti come “colossi di Rodi con i piedi
di argilla”, veniamo messi in discussione, confrontati con altri
genitori “migliori”, più permissivi e più aperti alle loro idee,
veniamo criticati per il nostro “predicar bene e razzolare male” a
mezzo di incoerenza ed ipocrisia. Dobbiamo confrontarci continuamente su
questioni più svariate, più formali che sostanziali, sollevate ed
intellettualizzate dai nostri figli; con un continuo giocare di idee, di
convinzioni e di elaborazioni oggettive e filosofiche.
In conclusione, se desideriamo aiutare a crescere i nostri figli, tra
l’altro quale genitore non vorrebbe aiutarli e desiderare il meglio per
loro, dobbiamo acquisire la capacità di aiutarli a rendersi
indipendenti da noi, dai nostri schemi. Accettare i loro errori, in quanto
è giusto che li facciano, avere la forza di comprendere che, il più
delle volte, il sostegno più efficace è quello di non aiutarli affatto.
Non solo un giusto e traboccante amore genitoriale, ma la costruzione di
un rapporto di amicizia con una persona, individuo che cresce e matura,
un’amicizia da alimentare, da conservare per un soddisfacente, continuo
e duraturo successo.
Incoraggiamento
all’indipendenza, all’autonomia significa infondergli fiducia in se
stessi, farli sentire capaci, rispettati e considerati. Questo e tanto
altro, può migliorare i rapporti con i figli adolescenti e la sua vita
dinamica, esplodente… né da bambino né da adulto.
P
S I C T V
La
Web Tv per la Psicologia e La Psicoterapia |
|