L’IMPORTANZA
DELLA STORIA COME TRACCIA DELLA PROPRIA ESISTENZA.
Tamara
Marchetti
In
questo articolo il proposito è quello di mettere in evidenza
l’importanza del divenire del tempo, del consolidamento e della
conoscenza delle proprie origini per vivere bene il qui ed ora e
progettare in maniera sana il proprio futuro.
La storia, è una caratteristica essenziale della nostra cultura. Il
divenire del tempo, il susseguirsi delle generazioni, tutto scorre
attraverso un tramandarsi di valori, tradizioni, condivisioni ed
accadimenti che, sotto il pugno deciso dello scrittore, si rendono
fruibili ai discendenti.
Sono ampi capitoli quelli che si tramandano nel racconto dei genitori ai
figli e, dei nonni ai nipoti. Nulla o quasi possiamo dire, passa senza
lasciare traccia della propria esistenza. Rispettando quest’angolazione
di osservazione, concordiamo che il rapporto di tutti noi con il passato
e, l’influenza del passato nel presente, è plasmato secondo una
metafora storica. Parte integrante di tale metafora, è l’idea che
sia possibile ordinare ogni vicenda della vita di una persona, nel
più ampio contesto della storia universale, secondo uno schema
predeterminato che parta da un prima per arrivare ad un poi. Andando
ancora oltre, la metafora storica colloca il divenire della storia in una
dimensione ciclica, ovvero in una sorta di continuo ritorno che non ha la
forma di una linea, ma di una spirale. In questa dimensione circolare che
scandisce attraverso le fasi evolutive lo sviluppo dell’esistenza, ogni
essere umano, attribuisce un senso epico alla propria vita , dando una
forma narrativa e romanzesca all’intreccio complessivo delle singole
vicende, caricandole di significati simbolici, affettivi e relazionali,
che secondo l’angolazione teorica sistemico-relazionale, prendono il
nome di mito.
Nel libro “Tempo e mito”, Andolfi ed Angelo definiscono il mito
familiare come un coesistere di elementi reali ed elementi fantastici che,
contribuirebbero alla costruzione di una realtà funzionale a determinati
bisogni emotivi dell’uomo, prima tra tutti quello di dar un senso
a un insieme di avvenimenti ambigui e causali che diventano tanto più
minacciosi quanto più non è in essi riconoscibile un’intenzionalità.
Ne deriva pertanto, che in ogni relazione rimane un margine di ambiguità,
di non espresso, dove i vuoti di informazione nel processo di
costruzione del legame e della reciproca conoscenza, vengono colmati
attraverso la formazione di stereotipi che cercano di indurre i
partecipanti a comportamenti specifici, funzionali quindi, al mantenimento
del legame.
Il mito, come la fiaba, viene a costruirsi su una rete di eventi, di
personaggi, di ruoli, di contenuti simbolici collegati tra loro e in cui,
spiccano alcuni elementi “organizzatori” che rivestono un’importanza
particolare nel tracciare un tema, una trama.
Man mano che la storia procede, ogni familiare è impegnato a memorizzare
individualmente e collettivamente, una cronaca, un riassunto di ciò che
è avvenuto, stabilendo collegamenti fino a delineare la trama di un lungo
romanzo sempre aperto, il romanzo familiare. In altri termini creare un
mito familiare significa, tradurre una serie di avvenimenti e di
comportamenti reali in un racconto condiviso da tutti, in cui
ciascuno possa trovare una chiave di lettura delle proprie esperienze
quotidiane, del senso della vita, sentendosi contemporaneamente parte
integrante del gruppo.
Parlando di romanzo familiare, si distingue il momento dell’azione della
messa in scena, dal momento del racconto, ovvero della sceneggiatura come
rielaborazione degli accadimenti. Agganciandomi a questo concetto, mi
viene da pensare come la storia di ogni persona sia già presente ed
articolata prima della nascita, per questo la storia di ogni uno si
colloca come un capitolo all’interno di una storia più ampia, quella
familiare la quale diventa nel tempo un romanzo avvincente in cui, il
susseguirsi delle generazioni sono come l’insieme dei fotogrammi che ne
compongono la pellicola cinematografica.
Singoli eventi, brevi ed intense esperienze, costruiscono un’immagine
d’insieme che nel linguaggio comune si chiama storia.
Rimanendo nella terminologia già utilizzata, ovvero quella
cinematografica, ogni film si realizza nella descrizione di una storia
propria, raccontata e descritta seguendo uno stile che comprende e
racchiude più voci, più punti di vista, più emozioni, quelle vissute ed
interpretate da ciascuno dei suoi protagonisti. Ne deriva pertanto, che la
memoria si pone al servizio della storia personale, lasciando attiva e
vitale la traccia del passato nel presente, ridescritta e modificata di
volta in volta in base alle esigenze e al vissuto emotivo del momento
specifico in cui i frammenti del passato vengono rievocati.
Diventa cosi più semplice immaginare come ogni fase evolutiva
conclusa, assume nel qui ed ora del ricordo, connotazioni diverse e
scandite secondo una memoria individuale e collettiva più o meno rigida
nei contenuti, ma emotivamente plasmata di volta in volta per soddisfare
le esigenze attuali.
In altre parole, si può dire che cambiando l’angolazione di
osservazione, si modifica il significato di eventi, emozioni e vissuti,
rendendoli così meno dolorosi e, meno, contrastanti alle esigenze
attuali, quali più accessibili alla nostra memoria.
Quale significato assumono allora le tracce e le vicende del passato nel
nostro presente? Con quali aspetti più dolorosi dobbiamo fare i
conti?Certo è che la realtà è diversa per ciascuno, ma un aspetto
comune a tutti è l’incremento di difficoltà nel dover fare i conti con
una realtà non chiara, sfuggente, che in alcuni casi diventa persino
assente alla propria coscienza.
Ci stiamo riferendo a quella categoria di persone alle quali sfugge una
conoscenza integrale alla propria storia, come ad esempio coloro i quali
hanno un quadro incompleto rispetto alle proprie origini, una conoscenza
della propria appartenenza che si interrompe ad un certo punto, perdendo
di chiarezza, lasciando spazio al vuoto.
Una conoscenza parziale delle proprie delle proprie origini e quindi di se
stessi, si definisce in una mancanza di appartenenza ad un sistema
affettivo e relazionale più ampio quale quello familiare, dove il vago
lascia spazio a molte supposizioni, domande e al bisogno quindi di trovare
risposte certe che pagano fine alla sofferenza generata.
Sono questi i casi in cui la ricerca di se stessi, per capire chi si è
veramente deve passare attraverso la ricostruzione delle proprie origini,
che diventa il principale obbiettivo di vita, arrivando cosi a canalizzare
intorno a questi aspetti la maggior parte delle proprie energie.
Sono questi i casi in cui il presente si pone al servizio del proprio
passato, dando chiara consapevolezza della sinergia tra i due tempi: il
prima ed il poi, un po’ come se l’uno non potesse esistere ed evolvere
senza l’altro quale matrice evolutiva e di sviluppo. Possiamo definire
il passato inteso come conoscenza della propria storia, una sorta di
linfa per la vita presente e, per le conseguenti prospettive evolutive.
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