LE
PUNIZIONI FISICHE E
LA PERSONALITÀ DEI
BAMBINI
Valentina Scoppio
Oggi
rispetto al passato c’è una maggiore sensibilità da parte degli adulti
ai bisogni dei bambini e su questo terreno fertile sarebbe istruttivo e
interessante far vedere come modelli di educazione diversi possano portare
a differenze tanto sensibili nella personalità dei bambini.
Nel rispetto dei più piccoli è necessario che gli adulti che se ne
prendono cura conoscano gli esiti delle esperienze educative negative
sullo sviluppo del bambino. L’uso frequente dell’aggressività da
parte dei genitori è spesso frutto dell’incapacità di gestire le
frustrazioni e la rabbia, e molto spesso deriva della ripetizione di
modelli acquisiti e ritenuti corretti.
Un interessante studio
condotto a cavallo tra gli anni ’70 e ’80 da alcuni ricercatori
dell’Università del West Texas ha studiato gli effetti del filmato di
un modello genitoriale punitivo sul comportamento di 60 bambini di età
elementare. Era stato ipotizzato che le sequenze filmate di un genitore
che punisce fisicamente un bambino avrebbe stimolato un comportamento
significativamente più aggressivo in un gruppo di bambini sotto
osservazione rispetto a un gruppo che ha visto un filmato non punitivo. La
ricerca ha trovato una relazione empirica tra le punizioni fisiche e
l’aggressività infantile. Il genitore che si basa sulle punizioni
fisiche per disciplinare un bambino è maggiormente in grado di produrre
un bambino con tendenze aggressive. Per spiegare questa relazione, una
delle varie ipotesi che sono state suggerite, denota l’importanza degli
effetti di un “modello”. Il genitore che punisce fisicamente, fornisce
un modello di comportamento aggressivo nel giustificare l’aggressione.
L’importanza del modello nello stimolare il comportamento aggressivo è
stata confermata da vari esperimenti. Bandura e colleghi hanno scoperto
che sia i modelli aggressivi dal vivo che quelli visti nei filmati erano
in grado di suscitare comportamenti aggressivi nei bambini.
Nell’esperimento i
bambini erano divisi in due gruppi: uno punitivo (sperimentale) e uno non
punitivo (controllato); ciascun bambino, individualmente, guardava il
filmato (di 65 sec). I personaggi erano padre, madre e un bambino di sei
anni che si comportava male a tavola. Nel filmato punitivo i genitori
reagivano in modo duro, punitivo (potere assertivo), gridavano, lo
scuotevano e lo sculacciavano. Il filmato non punitivo seguiva lo stesso
copione tranne che per la reazione dei genitori (orientata all’amore)
che correggevano il bambino senza però sgridarlo o colpirlo. Lo
sperimentatore dopo il filmato conduceva il bambino in una stanza accanto
dove il resto della seduta era usato per una recita di bambole condotta in
due fasi principali: permissiva e strutturata.
Nella fase permissiva
si dava al bambino una famiglia e una casa di bambole e gli veniva detto
di fargli fare tutto quello che volesse nella casa. Nella fase strutturata
invece si dava al bambino una bambola che rappresentava un essere di
disciplina (per es. una baby-sitter) che doveva occuparsi di altre quattro
bambole che rappresentavano quattro bambini che si comportavano male e
mentre giocavano “è successo qualcosa” e veniva chiesto ai bambini di
finire la storia.
I risultati di questa
ricerca hanno dimostrato che la percentuale totale delle risposte
aggressive è stata sensibilmente più alta per il gruppo punitivo che non
per quello non punitivo e nei bambini osservati sono state notate
un’alta depressione generalizzata o l’inibizione del comportamento
verbale. La percentuale totale di risposte aggressive nei giochi con le
bambole è stata significativamente più alta nel gruppo punitivo che in
quello non punitivo. Nelle storie inventate poi, l’interazione positiva
di persone che facciano cose insieme in un modo mutualmente gratificante
era del tutto assente.
Quanto è stato
rilevato da questa ricerca, che si dimostra molto attuale sebbene risalga
a vent’anni fa, mostra come l’interazione con le figure genitoriali
contribuisca alla costruzione dell’identità e che una famiglia violenta
costituisca un agente di rinforzo nella determinazione del comportamento
aggressivo in un bambino.
La trasmissione da
parte della famiglia di stili educativi rigidi e punitivi comporta lo
sviluppo di comportamenti violenti nei figli, così come la mancanza di
norme e regole di comportamento, la difficoltà di contenimento degli
impulsi aggressivi.
È interessante notare
inoltre che la differenza nel tipo di disciplina educativa usata dai
genitori spesso risale alle diverse classi sociali di appartenenza. Miller
e Swanson dimostrano che donne che provengono dalla classe operaia
puniscono i loro figli perdendo il controllo e usando punizioni fisiche e
che i figli mettono in atto comportamenti violenti più spesso dei membri
di classi sociali superiori.
Sarebbe comunque
superficiale generalizzare questi comportamenti; come ci insegnano gli
autori dell’approccio interazionale, non possiamo capire una persona
indipendentemente dall’ambiente in cui vive e è vissuta e viceversa;
quindi è vero che modelli di comportamento genitoriale estremamente
severi possono sviluppare tendenze violente nei figli, ma molto dipende
anche dalla personalità di questi ultimi. L’aggressività fa parte
della natura umana: il bambino, quindi, può essere considerato violento
per natura, ma si ritiene che siano anche le esperienze della vita, ciò
che apprende nella sua famiglia, ciò che vede nei programmi TV (cartoni
animati compresi) a dargli un imprinting tale da consentirgli
atteggiamenti e comportamenti prevaricatori.
Ogni bambino ha la necessità di imparare la gestione dell’aggressività:
ciò si ottiene mediante regole che gli adulti devono dare e che ogni
piccolo deve rispettare; attraverso la verbalizzazione di tendenze
aggressive; attraverso il gioco, anche agonistico. In sostanza, attraverso
tutti i comportamenti simbolici che precedono e sovente rendono inutile
l’aggressione vera e propria.
Attualmente si ritiene che la causa maggiore dell’aggressività
infantile non sia imputabile tanto ai genitori quanto piuttosto ai mass
media che trasmettono quotidianamente scene violente e impressionanti
soprattutto nei cartoni animati. Spesso infatti questi ultimi incoraggiano
a “guerre contro i nemici” che viste da un pubblico infantile
possono sembrare giuste e vengono imitate nel piccolo mondo nel quale il
bambino vive: oggi picchiando un altro bambino per prendere un giocattolo
che si vuole, domani magari uccidendo un genitore che non ci ha dato dei
soldi…la realtà docet!
Bibliografia
Bandura
A. – D. Ross – S. Ross (1961), Transmission of aggression through
imitation of aggressive models, Journal of Abnormal and Social Psychology,
63, 575-582.
Fairchild
L. – W. M. Erwin (1977), Physical punishment by parent figures as a
model of aggressive behavior in children, Journal of Genetic Psychology,
130, 279-284.
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