“Biblioterapia: la lettura serve per la cura di sé?” Alessandro Mascherpa e Maria Chiara Gozellino
La risposta alla domanda posta nel titolo del libro sembra essere proprio: sì! Ed in molti modi differenti, come sottolinea Barbara Rossi nel capitolo-intervista che apre il libro. La lettura può infatti essere un ottimo strumento per riflettere su di sé e sugli altri, in una prospettiva che non si limita solamente al presente, ma che procede retrospettivamente nel passato, si proietta nel futuro ed esplora altre possibili storie, che possono in qualche modo essere connesse a quella vissuta dal lettore. Comincia ad affiorare un valore più prettamente terapeutico della lettura, che favorisce non solo una presa di coscienza ma anche un vero e proprio cambiamento di prospettiva che arricchisce il lettore fornendogli nuove idee e nuove chiavi di lettura della sua esperienza. Tutto ciò, ci mette bene in guardia l’autrice, non deve tuttavia comportare una chiusura del lettore alla realtà, una sorta di fuga solitaria dalla vita vissuta, un rifugio in storie altrui che ci permettano di dimenticare la nostra. La letteratura viene utilizzata nel secondo capitolo come metafora di un viaggio doloroso nel mondo intrapsichico. L’autrice, Rosanna Finelli, utilizza infatti una rilettura del racconto di Franz Kafka “La metamorfosi” per rappresentare, in modo lucido e complesso, il valore terapeutico della lettura. “Si potrebbe quindi pensare oggi che con un efficace intervento psicoterapico potremmo dare una svolta con un finale diverso a questa storia” sostiene l’autrice, riferendosi alla sciagurata vicenda di Gregor Samsa, magari portando nella stanza di terapia e nel processo terapeutico qualche testo emblematico, che possa aiutare i pazienti a “risvegliare la percezione di sé”. Il terzo capitolo, scritto da Ilaria Moroni, ribalta in qualche modo la prospettiva sin qui adottata passando dalla lettura ad un particolare modo di scrittura, quella autobiografica. Il valore di tale pratica, sostiene l’autrice rifacendosi anche al lavoro di Duccio Demetrio, è incredibilmente prezioso ed ha un notevole valore autoformativo. Nella sua duplice veste di scrittura e lettura, il processo autobiografico diviene un utilissimo strumento introspettivo che ci permette, grazie al meccanismo della “bilocazione cognitiva”, di dare uno sguardo a noi stessi da sempre nuovi punti di vista. Solo in chiusura viene citato anche il valore relazionale della scrittura autobiografica, intesa quasi come “testamento” da lasciare agli altri, per permettere loro una migliore comprensione di noi e, al contempo, di sé stessi. L’aspetto relazionale della lettura è invece centrale nel quarto capitolo, scritto da Simona De Carlo, dedicato all’importanza della lettura in età evolutiva. E qui è proprio la relazione con l’adulto, tramite l’oggetto libro, ad essere al centro del processo di crescita e maturazione. La lettura delle favole diviene così non solo un’occasione di maturazione cognitiva, ma anche e soprattutto un’occasione per costruire (ed in alcuni casi ri-costruire) la propria esperienza del mondo esterno e delle regole che in esso vigono. Lo spazio immaginario del libro diviene così palcoscenico delle emozioni del bimbo, dei suoi timori e delle sue paure, ma anche terreno in cui crescere ed affrontare situazioni reali complesse, come in una sorta di palestra della mente. Inoltre l’autrice, attenta alle molteplici implicazioni relazionali dell’atto del leggere, sottolinea come la lettura possa costituire un notevole vantaggio anche per l’adulto, offrendo un facile modo per entrare in relazione con il bambino, diventando un importante mediatore che apre anche la possibilità di introdurre nella conversazione tematiche difficili da affrontare. Le implicazioni terapeutiche di un utilizzo della lettura in seduta vengono illustrate in chiusura con esempi chiari, empatici e toccanti, che mettono bene in luce come uno strumento di questo tipo sia a volte l’unico per poter aprire porte solo apparentemente chiuse a chiave. Il quinto capitolo, di Antimo Pappadia, si occupa invece del difficile e controverso rapporto tra lettura e televisione, puntando il dito nella piaga della triste situazione Italiana, fanalino di coda europeo nella quantità di libri acquistati. Il parere dell’autore è netto e deciso: se la televisione offre solo reality e programmi spazzatura, meglio spegnerla e dedicarsi in modo massiccio alla lettura. La ricca proposta di letture con cui si chiude il libro non può che incuriosire, accendere la voglia di continuare a leggere, magari facendo un po’ di spazio alla novità in una libreria che già sfida le leggi di gravità oppure gettando una nuova luce su testi già letti, da poter ora riprendere in mano, riscoprire e condividere con altri.
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