COLLABORAZIONE
SCUOLA-FAMIGLIA:”alleanza educativa” o rischio di ingerenza?
Aspettative reciproche e difficoltà degli insegnanti
Margherita Scorpiniti
Abstract
Scuola
e famiglia, due grandi sistemi, entrambi influenti sull’educazione
dei bambini, hanno dovuto rivedere i loro rapporti, rispetto al
passato, per andare incontro alle trasformazioni sociali di questi
ultimi decenni che hanno visto cambiare queste stesse istituzioni,
il mondo del lavoro, ecc..Anche le richieste di collaborazione della
recente riforma scolastica italiana, tese a favorire lo sviluppo
degli apprendimenti e della personalità degli alunni, si possono
inserire in questa necessità di modificare i rapporti tra i due
sistemi.
Questa situazione può essere osservata da un’ottica
sistemico-relazionale e secondo i principi della psicologia
emotocognitiva (Baranello, M. 2004) che studia i processi di
organizzazione di un sistema che agisce in funzione del proprio
sviluppo e mantenimento. Da quest’ottica si vede l’interazione
tra due sistemi molto complessi e influenti nella crescita del
bambino, che cercano di entrare in contatto, con tutte le difficoltà
che tale relazione potenzialmente porta con sé, considerando che la
scuola e la famiglia si basano su obiettivi educativi differenti. Un
sistema, secondo la psicologia emotocognitiva, (o organismo) può
essere un singolo individuo, una coppia, una famiglia,
un’istituzione, ecc.
Ogni sistema, come la scuola, la famiglia, tenta di essere armonico,
pertanto, se incontra delle difficoltà a mantenere il proprio stato
di equilibrio prova a ripristinarlo e se non ci dovesse riuscire
cercherà una soluzione che gli permetterà di mantenere le regole
sulle quali si era strutturato prima della variazione.Se i tentativi
del sistema saranno vani dovrà cercare delle soluzioni per
trasformarsi e integrarsi con altri sistemi che non può
completamente ignorare.In tal senso, scuola e famiglia, pur partendo
da regole e finalità educative un pò diverse avrebbero bisogno di
integrarsi, di entrare in contatto in forma serena e collaborativa
per poter essere utili allo sviluppo della personalità degli
alunni.
Entrambi hanno le loro regole, i loro obiettivi educativi, i loro
bisogni e desideri sull’evoluzione del bambino-discente che
rendono difficile la loro integrazione.L’atteggiamento a volte
intrusivo di alcune famiglie verso il lavoro degli insegnanti porta
questi ultimi a percepire come una riduzione del loro campo
d’azione.Le intrusioni nel lavoro degli insegnanti possono
evidenziare una certa sfiducia nella scuola
da parte della famiglia e la sua difficoltà di cambiare e provare
ad integrarsi ad essa. Quando uno dei due microsistemi,
rappresentati da un dato team docente e una data famiglia, non
trovano un accordo per iniziare un lavoro di collaborazione, i
motivi possono essere tanti, tutti spesso riconducibili alle
resistenze dell’uno o dell’altro microsistema ad aprirsi ad una
eventuale modifica delle proprie regole strutturali.
Introduzione
La
riforma della scuola, entrata in vigore in Italia nel
2003 ha
portato in primo piano il ruolo delle famiglie nell’iter
scolastico dei propri figli, prevedendo all’art.1 una cooperazione
tra scuola e famiglia e un coinvolgimento nella definizione del
portfolio e dei piani personalizzati. Il tipo di integrazione
delineata dalla riforma fra l’ambiente scolastico e quello
familiare non si rivela poi sempre serena poiché i soggetti
coinvolti sono molteplici.
La famiglia continua a mutare il suo aspetto con una costante
trasformazione di ruoli, valori, dinamiche. Trasformazione che è
possibile notare anche attraverso i modelli presentati dai media che
ogni giorno appaiono sui teleschermi.Nel corso del tempo la famiglia
ha subito una lenta evoluzione. Si è sviluppata in forme
patriarcali, matriarcali, estese o ristrette, chiuse o aperte, ad
alta o bassa mobilità sociale integrandosi velocemente con gli
effetti della rivoluzione industriale, le nuove forme di
comunicazione e presenza virtuale.
La riforma della scuola ha avuto l’effetto di inserirsi nel
processo di cambiamento storico della famiglia, modificando le
dinamiche di interazione fra i luoghi dedicati alla formazione e la
famiglia, proponendo nuove tipologie di integrazione tra questi due
universi e cercando di aprire un ruolo più centrale alla stessa
all’interno dell’iter scolastico.La legge 53, approvata nel
2003, evidenzia uno spostamento dell’asse culturale: da scuola che
offriva la stessa formazione a tutti a scuola che modella la sua
offerta sul singolo. La riforma sta richiedendo una formazione
continua degli insegnanti all’interno di corsi universitari e dei
genitori affinché possano accrescere le loro competenze sulle
modalità di approccio alla vita scolastica.
Nei confronti di questi ultimi la formazione viene richiesta per non
correre il rischio di richieste individualistiche e poco rispettose
dei reali bisogni del bambino, sia sulla scuola nel suo complesso
perché possa davvero arricchire la sua offerta formativa.Entrando
nello specifico del rapporto famiglia-scuola, si suppone possa
esserci ancora un po' di diffidenza da parte degli insegnanti nei
confronti dei genitori che possono apparire a volte come intrusi,
vista la richiesta della riforma di ampliare la loro partecipazione
all’iter scolastico dei propri figli.La scuola e gli insegnanti
hanno un ruolo essenziale nella formazione delle future generazioni:
si creano pertanto inevitabili aspettative della famiglia nei
confronti della scuola e viceversa degli insegnanti nei confronti di
alunni e famiglie.Molto spesso le due ottiche sono molto differenti
e genitori e insegnanti non riescono a trovare forme di “alleanza
educativa”.
Collaborazione Scuola-Famiglia: "alleanza educativa" o
rischio di ingerenze?
Nell’incontro
tra i due sistemi educativi, proposti al bambino, rispettivamente
rappresentati dalla scuola e dalla famiglia, diventa possibile
delineare le reciproche aspettative.L’ insegnante può conoscere
meglio gli alunni soprattutto se ha la possibilità di confrontarsi
con i loro genitori. Gli alunni non possono essere educati a settori
ma in modo globale, così da poter crescere come persone
capaci di compiere delle scelte in un mondo che si apre ai loro
occhi con una vastissima gamma di proposte e di possibilità.Quindi
tra insegnanti e genitori deve potersi sviluppare un vero patto che
consenta ad entrambi di conoscere i percorsi a scuola e a casa dei
ragazzi, tanto da poter costruire insieme il loro futuro.In tal
senso dovrebbe avvenire un’integrazione tra i due sistemi in
questione.Al momento dell’instaurarsi del rapporto tra i genitori
degli alunni e i loro insegnanti si iniziano a delineare delle
aspettative reciproche.Il genitore che iscrive il figlio a scuola
compie intanto un gesto di grande valore simbolico, quello di
affidare, consegnare ad altri, il proprio figlio per la prima volta.Questa
consegna ad altri avviene cominciando dall’iscrizione del proprio
figlio alla Scuola dell’infanzia. Mentre negli anni ’50 e ’60
l’affidamento alle strutture scolastiche era legato ad un
“bisogno” della famiglia(soprattutto nel caso dei bambini di tre
anni e nelle strutture comunali) e l’asilo era appunto un rifugio,
il posto della cura,ecc.., la cultura diffusa sul ruolo della scuola
si è poi andata trasformando già negli anni ’70 con una scuola
d’infanzia, soprattutto nell’ultimo anno, alla quale veniva
affidato il compito di favorire la socializzazione del bambino e la
sua preparazione alla scuola elementare.
Cosa si aspetta il genitore dalla scuola? Lo percepisce come un
luogo altro da sé in cui il figlio può avviarsi ad una crescita
legata alla socializzazione?Si suppone che il genitore sia
implicitamente consapevole del fatto che suo figlio, nell’ambito
scolastico riceverà varie influenze che gli saranno indispensabili
per crescere, si arricchirà nel confronto con gli altri, adulti e
pari.Insomma, si suppone che il genitore riconosca suo figlio non
come clone di sé stesso ma come altro da sé. Attualmente, le
famiglie attribuiscono alla scuola un mandato più complesso della
semplice richiesta di una istruzione adeguata e di preparazione al
mondo del lavoro per i propri figli. Un’attesa di questo tipo
rischia di andare delusa perché la scuola non è sempre in grado di
corrispondere positivamente ad essa.Succede allora che la
comunicazione scuola-famiglia risulti spesso bloccata e sulla
difensiva reciproca.Accade invece che i genitori esprimano
soddisfazione nei rapporti con la scuola quando hanno la percezione
di compiere insieme agli operatori scolastici un percorso il cui
senso è condiviso, quando si riescono ad esplicitare le attese e le
paure reciproche, quando si riesce a collaborare, sfruttando le
proprie competenze, per arrivare ad un obiettivo comune.
Le attese degli insegnanti verso la partecipazione dei genitori alla
vita scolastica possono essere varie. L’insegnante ha intanto
l’aspettativa di essere accettato, soprattutto per i suoi metodi
di insegnamento.Si attende di poter essere, un punto di riferimento
costante per le famiglie e di poter gestire i rapporti con queste in
modo sereno e con un buon livello di definizione e accettazione
degli obiettivi comuni che portano entrambi ad orientare il percorso
educativo dello studente.
Quando i due sistemi non riescono a collaborare subentrano dei
problemi che portano ad alcune forme di stress il personale docente.Come
si sa, in tutti gli ambiti lavorativi ci possono essere situazioni
stressanti, di burn out. Anche la categoria degli insegnanti può
essere soggetta a situazioni di stress che rendono pesante e
difficile la continuazione serena dell’esperienza lavorativa, in
quei contesti dove sono difficili i rapporti con l’utenza.Nei
contesti in cui, per qualche motivo viene a mancare la
collaborazione dei genitori, gli insegnanti trovano maggiore
difficoltà a superare i possibili disagi (gestione della classe,
difficoltà di apprendimento,ecc..).
Nel mondo della scuola esistono numerose fonti di stress, difficili
da gestire. Alunni, genitori, programmi,ecc.. esercitano tutti una
propria pressione sull’insegnante, che la fronteggerà secondo il
proprio stile e le proprie risorse personali.Il lavoro
dell’insegnante, viene spesso sottovalutato da chi non lavora
nella scuola. Può essere invece molto stressante, per le
competenze professionali, psicologiche e organizzative che implica.Il
fenomeno del disagio degli insegnanti ha assunto una massa critica
tale da avere il diritto di ricevere una nuova adeguata attenzione.I
cambiamenti che in questi ultimi anni hanno caratterizzato
l’organizzazione scolastica nel nostro Paese hanno reso
l’insegnante più vulnerabile.Questa categoria, può aver bisogno
di un momento di riflessione e di un percorso di crescita che le
consenta di acquisire strategie d prevenzione e di gestione attiva
dello stress. A riguardo stanno fiorendo vari corsi per sviluppare
nell’insegnante un percorso di autoconsapevolezza e di
autocontrollo che può permettere al singolo docente di apprendere a
gestire in modo efficace le situazioni più difficili nell’ambito
della propria attività professionale.In questi corsi, il primo
momento è di autovalutazione, al quale segue, in sintesi,
l’apprendimento di specifiche procedure per il superamento
di emozioni negative, il miglioramento dell’autostima, la
conduzione efficace della classe, il miglioramento del proprio stile
di comunicazione.
Conclusione
Eventuali
disaccordi tra i due microsistemi (team docente – famiglia)
determinano piccole questioni irrisolte. Le incomprensioni sul piano
educativo, quando ci sono, possono essere legate alla pretesa di
entrambe le parti di essere nel giusto a tutti i costi, pena il
dover ammettere di aver commesso qualche errore.In sostanza, ognuno
dei due sistemi sembra voler lottare per non modificarsi. Lo
psicopedagogista di quella data scuola, lavorerà con loro
attraverso la riflessione e il ripensamento su atteggiamenti e
comportamenti spesso consolidati e cronicizzati.
Potrebbe progettare di riportare l’ordine nei rispettivi ruoli,
facendoli ridefinire insieme per poi stabilire fino a che punto
possono essere ammessi i suggerimenti rivolti ai docenti e in che
modo.Entrambi i microsistemi dovrebbero essere aiutati a cercare
strategie anche per favorire il proseguimento tranquillo della vita
di classe.Potrebbero essere cercate anche opportune soluzioni
all’esterno della scuola per lavorare con le difficoltà dei due
microsistemi.Ad esempio attraverso la frequenza di corsi in cui i
genitori possano apprendere modalità di approccio non
intrusivi al mondo della scuola e gli insegnanti possano rielaborare
i propri vissuti stressanti per affrontarli diversamente.Non sempre
si incontra la disponibilità delle famiglie a farsi aiutare, ad
aprirsi ad una visione meno negativa della scuola, a lavorare sulle
proprie resistenze, ma occorre l’aiuto della famiglia quando
l’alunno ha delle difficoltà (apprendimento, relazionali,ecc..),
se si vuole pensare di risolverle, anche per questo si punta a
favorire la collaborazione tra i due microsistemi.Nei casi in cui il
disaccordo non consente la collaborazione, le due parti potrebbero
seguire insieme un percorso mediativo finalizzato ad evitare loro la
creazione di meccanismi di strumentalizzazione e colpevolizzazione
perché non ci siano né vincitori, né vinti ma protagonisti alla
pari che superano le controversie attraverso il dialogo e il
confronto, l’osservazione e la valutazione delle emozioni.
[../../../../autori1/scorpiniti-coda.htm]
riferimento
bibliografico per citare questa fonte:
Scorpiniti,
M. (2006)
Collaborazione scuola-famiglia:
"alleanza educativa" o rischio di ingerenza?
Aspettative reciproche e difficoltà.
SRM Psicologia Rivista (www.psyreview.org).
Roma, 19 gennaio 2007.
Bibliografia
di Riferimento
Baranello,
M. (2004) Principi base della psicologia emotocognitiva. SRM
Psicologia Rivista (www.psyreview.org). Roma, 09 maggio 2004.
Lamanna,
F. (2003) Il burn-out in sanità: sindrome da stress o malattia
professionale? SRM Psicologia Rivista (www.psyreview.org). Roma, 11
settembre 2003.
Meloni,E.
(2005) Enzo Meloni sul rapporto scuola-famiglia.(www.indire.it)
Nava,
A. (2005) Quando cambia la scuola.(www.indire.it)
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