Nell’ambito
del corso di formazione per volontari “La comunità che si
prende cura” organizzato dal Coordinamento Regionale Toscano
Gruppi di Auto-Aiuto col patrocinio del CESVOT (Centro Servizi
Volontariato Toscano), si è tenuta, il 9 marzo 2008 a Firenze, la
tavola rotonda “Nuove esperienze di Auto-Aiuto”, alla quale ha
partecipato anche il Centro Italiano Sviluppo Psicologia.
L’argomento trattato riguardava le nuove forme di gruppi AMA e
l’esperienza riportata dai partecipanti.
I
gruppi AMA o di Auto-Mutuo-Aiuto sono gruppi di persone che
condividono lo stesso disagio e le stesse problematiche e che,
pertanto, sono tutti uguali e alla pari; infatti non è presente
un professionista ma un “facilitatore” che, generalmente, si
prende carico, in virtù della propria esperienza con quella
determinata problematica e con i gruppi, del compito di far
rispettare le regole condivise dal gruppo e di esplicitare ciò
che emerge dagli scambi relazionali e che a volte non è
comprensibile ai partecipanti che sono ancora all’inizio del
percorso. Poiché tutti i membri sono considerati alla pari, sono
tutti chiamati alla partecipazione personale con la condivisione
delle esperienze, difficoltà e disagi attraverso interazioni
faccia a faccia e ciò consente di conferire ai membri un ruolo
attivo che non è quello di paziente. Oltretutto la condivisione
delle esperienze comporta la formazione di un legame di gruppo e,
di conseguenza, consente di uscire dall’isolamento che spesso il
disagio comporta. Il gruppo fornisce sostegno ai suoi membri
consentendo loro di essere realistici, di affrontare le necessità
di cambiamento, di pensare in modo razionale e ridimensionare le
emozioni provate, consentendo il riconoscimento e l’ammissione
dei successi e delle capacità. Il gruppo è in grado anche di
esercitare un controllo sui suoi membri e sui loro impulsi e
comportamenti. La possibilità di sentire espressi i propri
sentimenti e desideri nascosti anche da altre persone che
attraversano le medesime difficoltà,permette di percepirli come
legittimi favorendone così l’espressione. Comprendere di non
essere gli unici a vivere determinati disagi consente di sentirsi
normali e accresce il rispetto di sé migliorando la capacità di
occuparsi dei propri problemi. La manifestazione di opinioni,
proteste e suggerimenti, infine, consente di raggiungere soluzioni
e decisioni condivise più facilmente utilizzabili (Heap, 1985).
Alla
tavola rotonda sono state presentate le esperienze dei gruppi
dell’Associazione Donne Nuove di Biella, dell’associazione
Traumi Cranici Toscana, dell’Associazione Italiana Ciechi,
dell’Associazione per la Retinite Pigmentosa Liguria, i gruppi
on-line di pornodipendenti e compagne di pornodipendenti, e i
gruppi sulla “Solitudine e dipendenza affettiva” del CISP di
Roma.
I
gruppi AMA dell’Associazione Donne Nuove di Biella nascono
dall’esigenza di un gruppo di amiche che vivevano dei disagi
legati all’affacciarsi della menopausa e che hanno sentito
l’esigenza di riunirsi periodicamente per confrontarsi, parlare
di quello che stavano vivendo e cercare anche maggiori
informazioni per poter affrontare al meglio questa nuova fase del
ciclo di vita. L’esperienza ha consentito di acquisire maggiore
forza per affrontare i disagi legati alla menopausa e il raffronto
con pareri e domande emergenti dal gruppo ha consentito loro di
crescere. Membri del gruppo originario, successivamente, hanno
avvertito l’esigenza anche di condividere con altre donne i
benefici ricevuti dall’esperienza dei gruppi e ciò ha portato
alla costituzione dell’associazione e alla formazione dei suoi
gruppi AMA.
L’associazione
Traumi Cranici Toscana nasce da un gruppo di genitori accomunati
dalla difficile esperienza di figli che hanno riportato traumi
cranici e lesioni cerebrali. Le difficoltà sperimentate hanno
fatto scoprire a questi genitori la necessità della formazione di
una associazione che fornisse informazioni sui percorsi
riabilitativi, di una rete di contatti con le strutture
riabilitative e di luoghi nei quali i familiari potessero ricevere
sostegno per affrontare il lutto e la riabilitazione. Proprio a
quest’ultima esigenza rispondono i gruppi AMA nei quali
condividere la stessa esperienza aiuta ad elaborare la perdita del
famigliare e della famiglia prima del trauma, per poterlo
accogliere e sostenere per come è diventato dopo il trauma
costruendo un nuovo equilibrio familiare. L’incontro consente di
avere sostegno anche per i familiari di persone in stato
vegetativo, situazione nella quale il dolore è aggravato
dall’impossibilità dell’elaborazione del lutto per una
persona che comunque è ancora viva. Il sostegno fornito a queste
famiglie aiuta, in maniera indiretta, anche il membro che ha
subito il trauma, in quanto se i familiari stanno meglio hanno
anche maggiore energia per aiutarlo.
Per
quel che concerne l’esperienza dei membri dell’Associazione
Italiana Ciechi, quel che caratterizza le persone colpite da
questo grave handicap è soprattutto l’isolamento e la
solitudine. Spesso queste persone rimangono in casa, diventano
totalmente dipendenti da chi gli sta accanto e hanno difficoltà
ad accettare la loro condizione anche a distanza di molti anni,
ostacolandosi così nel recupero delle proprie autonomie. Per loro
partecipare ad un gruppo rappresenta già una grossa conquista
perché implica organizzarsi per poter raggiungere il luogo
dell’incontro e uscire dal ristretto ambiente frequentato
abitualmente. Proprio per questo, però, per le persone
maggiormente in difficoltà questo traguardo può anche non essere
mai raggiunto. Poiché uno dei problemi principali è la
solitudine, ritrovarsi in un gruppo e confrontarsi aiuta.
Oltretutto il gruppo infonde maggior fiducia in se stessi e ciò
comporta l’incamminarsi in un percorso verso una maggiore
indipendenza attraverso l’uso del bastone e i corsi di mobilità.
Questi gruppi sono molto eterogenei in quanto vi partecipano anche
familiari di persone cieche che, attraverso il confronto con altre
persone che presentano lo stesso handicap, cercano di apprendere
quanto necessario per essere maggiormente vicini ai propri cari; e
familiari di persone affette da patologie che li porteranno a
diventare ciechi che, attraverso il gruppo, cercano di prepararsi
alla nuova condizione imminente. Raramente persone che presentano
queste patologie frequentano gruppi di ciechi perché è molto
doloroso trovarsi davanti a quella che sarà, purtroppo
inevitabilmente, la loro nuova condizione. E’ il caso, ad
esempio, della retinite pigmentosa che causa perdita della vista
per la quale non esistono cure e si arriverà inevitabilmente alla
cecità. In questi casi la persona cerca di nasconderlo e prova
rabbia e depressione. Anche l’associazione Retinite Pigmentosa
Liguria organizza gruppi AMA per queste persone aperti anche ai
familiari. Anche nel caso di questi gruppi chi non è ancora
diventato cieco non partecipa proprio per l’angoscia suscitata
dall’incontro con quello che è un futuro difficile da
accettare. Per i familiari, poiché si tratta di un disturbo
genetico, la partecipazione ai gruppi può essere importante per
superare il senso di colpa che potrebbe ostacolare e rendere
difficile la comunicazione col membro malato, e per aiutare anche
i familiarei a contenere la tendenza ad essere iperprotettivi.
Un
altro gruppo interessante è quello di intervisione
dell’Associazione Italiana Ciechi che si svolge periodicamente
raccogliendo i facilitatori di questi gruppi AMA. Lo scopo in
questo caso è di fare il punto della situazione, confrontarsi per
gestire meglio le difficoltà incontrate dai rispettivi gruppi e
ricevere sostegno per le proprie difficoltà anche nella vita
quotidiana.
I
gruppi per pornodipendenti si svolgono on-line attraverso un forum
dedicato al quale ci si può iscrivere per poter inviare delle
lettere e del quale si possono leggere tutte le lettere anche
senza essere iscritti. Questo strumento consente alle persone che
affrontano questo problema di cominciare a chiedere aiuto e ad
aiutarsi, in quanto le paure e la vergogna sono molto intensi e
difficilmente riescono a chiedere aiuto. Internet invece è
facilmente accessibile sia perché garantisce maggior anonimato,
sia perché rappresenta lo stesso strumento utilizzato dai
pornodipendenti. Un altro grosso vantaggio è che il gruppo, in
questo modo è facilmente raggiungibile in qualsiasi parte del
mondo. Il meccanismo di questo forum è che tutte le lettere
avranno una risposta costringendo chi le ha scritte a mettersi in
discussione cercando insieme nuove ipotesi su cosa sia la
pornodipendenza, cercando quindi di superare gli alibi che
solitamente si trovano per giustificare i propri comportamenti e
ciò può aiutare poi a provare a mantenersi astinenti. Lo
svantaggio è che non si hanno rapporti faccia a faccia e, di
conseguenza, il legame che può crearsi verso il gruppo resta più
debole. Spesso persone che hanno scritto assiduamente per un certo
periodo improvvisamente non scrivono più e non si saprà mai più
nulla di loro, non si saprà mai se non scrivono perché pensano
di aver definitivamente superato il problema o perché il problema
si è ripresentato. Come ha testimoniato un membro di questi
gruppi in questo incontro, la forza che infondono gli incontri dal
vivo è impareggiabile. Infatti lui è riuscito a cominciare
questo percorso grazie al gruppo on-line e alla sua facilità
d’accesso, ma poi l’esperienza di un incontro dal vivo con
alcuni membri è stata fondamentale per proseguire con successo
verso l’astinenza. Infatti, nonostante tutte le paure,
l’incontro dal vivo ha fatto scomparire la vergogna, ha fatto
sentire i membri accolti, non più soli e devianti, e quindi
liberi di esprimersi. Oltretutto ha reso possibile la creazione di
un legame che infonde forza per proseguire nel difficile percorso
dell’astinenza. Purtroppo, però, i pornodipendenti provano
molta vergogna e difficilmente riescono a riunirsi dal vivo,
infatti riescono ad organizzare solo 3-4 incontri l’anno con un
numero esiguo di persone rispetto al numero consistente di
partecipanti al gruppo on-line. Per lo stesso motivo è difficile
formare anche dei gruppi dal vivo di compagne di pornodipendenti e
anche questi gruppi si svolgono on-line. Le compagne di
pornodipendenti devono affrontare il difficile compito di stare
vicino a persone che soffrono di dipendenza, questa dipendenza poi
le mette in discussione come donne, in quanto si sentono tradite
per delle foto; oltretutto la pornodipendenza incide notevolmente
nel rapporto di coppia a causa dell’impotenza sessuale ed
emotiva alla quale va incontro il pornodipendente. Il rischio è
di deprimersi, di trascurare se stesse e di restare invischiate in
dinamiche relazionali di coppia che non fanno altro che perpetuare
il disturbo, come quella di diventare controllanti consentendo al
compagno di crearsi un alibi per continuare.
I
gruppi sulla “Solitudine
e dipendenza affettiva” del Centro Italiano Sviluppo
Psicologia di Roma ( www.psicoterapie.org ) nascono dall’impegno
della Dott.ssa Leticia Marin. Sono gruppi AMA e, pertanto, anche
se condotti da un esperto, questi assume il ruolo di un
facilitatore e non di un terapeuta. La dipendenza affettiva
presenta le stesse caratteristiche di tutte le altre dipendenze,
la relazione dalla quale si dipende diventa il centro attorno al
quale ruota la vita del soggetto, invadendo tutte le aree della
sua vita e togliendo lo spazio da dedicare a se stessi. Alla Base
della dipendenza affettiva sono rintracciabili pensieri
disfunzionali quali la necessità assoluta di essere amati e
benvoluti altrimenti accadrà una catastrofe (Marin, 2004). Tre
elementi sono fondamentali nella dipendenza affettiva: l’autosvalutazione
in quanto il proprio valore viene misurato in base al valore
attribuito dal partner anziché essere un valore per il semplice
fatto di esserci come individui, infatti l’umore e l’autostima
sono regolati in base alla presenza e al comportamento del
partner; il bisogno del partner che porta anche a comportamenti
eccessivamente richiedenti e di controllo che possono allontanare
il partner o scatenare in lui delle risposte violente; e la
catastrofizzazione per la quale la perdita del partner, del suo
amore, della sua approvazione o delle sue attenzioni sono vissute
come una catastrofe per la propria vita, come una perdita
incolmabile. I gruppi AMA consentono, attraverso la condivisione,
di riconoscere nell’altro e nella sua esperienza, come in uno
specchio, quelli che sono i pensieri e i comportamenti
disfunzionali propri. Si acquisisce maggior autostima e fiducia in
se stessi grazie alla possibilità di sperimentarsi come parte
attiva e competente nell’affrontare i disagi che vengono
riportati dal gruppo e grazie al sostegno ricevuto dal gruppo.
L’autostima poi, grazie ad un ridimensionamento dei pensieri
catastrofici che l’approccio critico del gruppo fornisce,
raggiunge un equilibrio in maniera da evitare il rischio di andare
incontro a delusioni molto dolorose a causa di una autostima
eccessivamente elevata.
Dalle
esperienze riportate in questa tavola rotonda, è evidente quanto
sia importante, indipendentemente dal problema affrontato, la
condivisione dei propri disagi e il sentirsi accolti e accettati
per poterli superare. Lo scopo dei gruppi AMA è quello di
aiutarsi reciprocamente all’interno del gruppo, e proprio perché
il gruppo segue delle regole quali quella di condividere,
accogliere, accettare, sostenere e non dare semplicemente dei
consigli, il gruppo riesce a fornire quello che effettivamente è
un ‘Aiuto’. Come afferma Heap:
Solo
raramente possiamo dare consigli buoni e utili, vi sono invece
molti modi di aiutare […]. ‘Aiutare’ vuol dire dare
informazioni su servizi disponibili, condizioni e diritti.
‘Aiutare’ vuol dire incoraggiare a considerare soluzioni
alternative ai problemi e a riflettere sulle conseguenze delle
diverse scelte. ‘Aiutare’ è ascoltare attentamente una
persona che tenta di definire e chiarire un problema e condividere
con essa il processo di chiarimento. ‘Aiutare’ è mostrare
rispetto per le difficoltà degli altri e dare riconoscimento ai
successi e ai traguardi raggiunti. ‘Aiutare’ è mostrare
accettazione e comprensione dei sentimenti dell’altro, per
quanto strani o forti possano essere. ‘Aiutare’ è offrire un
rapporto solidale ma non possessivo per affrontare un momento di
difficoltà. E soprattutto ‘aiutare’ significa riconoscere e
affermare l’altrui capacità e diritto di risolvere i problemi
secondo i propri personali valori, risorse, desideri e tradizioni
culturali (1985, p. 18).
Oltretutto,
come è evidente nei gruppi AMA, aiutare consente anche di
aiutarsi perché grazie al rapporto paritario ogni membro del
gruppo aiuta con i suoi contributi ed è aiutato dal gruppo per
intero.
Per
le informazioni relative ai gruppi AMA sulla ‘solitudine
e dipendenza affettiva’ del CISP si ringrazia la Dott.ssa
Leticia Marin
BIBLIOGRAFIA
Heap,
K. (1985) The practice of social work with groups, a systemic
approach. George Allen & Unwin, London. (Trad. It. La pratica
del lavoro sociale con i gruppi, un approccio sistemico.
Astrolabio-Ubaldini Editore, Roma, 1986).
Marin,
L. (2004), “Convegno nazionale sulle dipendenze affettive”,
CISP, N. 2, 1° semestre, http://www.psicoterapie.org/117.htm
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