COPPIA
E FAMIGLIA DEL DUEMILA. RECUPERO DELLA RELAZIONE INTIMA PER UNA SOCIETA’
SANA.
di
Francesco Sciarrabone
Quando
due persone si incontrano , due piccoli universi si avvicinano, si
toccano e si consumano in una esperienza che porterà in loro un
cambiamento che li renderà diversi, realizzando quello che in termini
gestaltici si chiama contatto; se poi sono due persone di sesso opposto
che decidono di costruire il loro futuro insieme allora si stabilisce un
rapporto di coppia. Tutto comincia con l’innamoramento; G. Salonia
scrive che: “ nell’innamoramento si è totalmente catturati
dall’altro e, in modo più preciso, da ciò che l’altro suscita in
noi.” (Giovanni Salonia, “L’innamoramento come terapia e
la terapia come innamoramento” in Quaderni di Gestalt Anno III, n. 4 pag
77)
L’innamoramento non esisterebbe se non ci fosse l’altro, perciò
l’altro diventa conditio sine qua non per un’esperienza ineguagliabile
nella vita dell’individuo dove la novità che pervade l’esperienza
relazionale rende tutto diverso avvolto in un’atmosfera di magia, dove
tutto è possibile tutto è bello dove è possibile perfino essere felici
per l’eternità se c’è la persona amata. Usando una terminologia
gestaltica G. Salonia dice che: “l’innamoramento allarga i
confini dell’io.” (Giovanni Salonia, “L’innamoramento
come terapia e la terapia come innamoramento” in Quaderni di Gestalt
Anno III, n. 4 pag 80)
Questo è il punto di partenza la corazza degli dei intrisa di coraggio
dono per l’eroe che vuole dimenticare paure, perplessità,
titubanze ogni ostacolo insomma per tuffarsi in una relazione intima,
profonda, rischiosa e senza conferme iniziali all’altro di un ricambio
affettivo.
Se l’amato mostra corrispondenza di sentimenti allora nasce la coppia,
punto di partenza per una famiglia. Quando la coppia decide di prendersi
cura di qualcuno cioè di allargare il sistema, la nascita di un figlio
cambia tutto, poiché solo all’arrivo del primo figlio nasce la
famiglia, il figlio che viene a cambiare equilibri preesistenti per
stabilirne degli altri all’inizio causa stress in entrambi i genitori,
il padre si sente messo da parte per la simbiosi madre-figlio, la madre ha
bisogno di essere sorretta dal marito ma il marito a sua volta chiede
affetto perché si sente messo in disparte, però è anche vero che il
primo figlio si fa per vincere l’imbarazzo dell’intimità
all’interno della coppia. Dal momento in cui nasce il primo figlio
inizia il compito genitoriale che oggi è più che mai difficile.
Margherita Spagnuolo Lobb e Giovanni Salonia nell’estratto da ( genitori
e figli la salute mentale nelle relazioni familiari, atti 1° convegno di
studio della S.I.P.P.R. Società italiana di psicologia e psicoterapia
relazionale. Taormina 5-6-7- febbraio 1993 pag 437 e 438 ) affermano che
il contesto culturale in cui si è genitori oggi è caratterizzato da tre
aspetti fondamentali : 1°) la sfida della complessità, la vita di oggi
è diventata abbastanza complessa. 2°)la frammentazione dei punti di
riferimento, il compito dei genitori è quello di indicare dei punti di
riferimento, che non possono essere indicati con la forza ma con il
dialogo. 3°) l’incapacità culturale di gestire i rapporti a lungo
termine, per i genitori diventa difficile salvaguardare il dialogo con il
figlio quando questi esprime la necessità di ribellarsi e di diventare
diverso da chi lo ha generato. La mia domanda arrivati a questo punto è :
cosa fanno i genitori oggi per i loro figli? E come si relazionano con
essi? Per quanto mi riguarda la mia impressione è che molti
genitori di oggi hanno abdicato alla loro funzione genitoriale, hanno
lasciato perdere ogni responsabilità e perciò ogni conflitto, sembra
quasi che lo scopo di questo disimpegno sia proprio l’evitamento del
conflitto; un’altra ipotesi potrebbe essere la cosiddetta mancanza
di tempo, non c’è tempo per i figli, il lavoro di tempo se ne prende
gran parte, e dopo è necessario prendersi il necessario riposo, magari
svagandosi con un hobby, dedicandosi alla vita mondana o alla cura del
proprio corpo, come dicono Margherita Spagnuolo Lobb e Giovanni Salonia ci
troviamo in una società in cui vi è la cultura del narcisismo ( genitori
e figli la salute mentale nelle relazioni familiari, atti 1° convegno di
studio della S.I.P.P.R. Società italiana di psicologia e psicoterapia
relazionale. Taormina 5-6-7- febbraio 1993 pag 438 ) in cui ognuno
è intento a guardare se stesso più che gli altri, oppure sarebbe meglio
dire ad ascoltare se stesso visto che i figli non li vuole ascoltare
nessuno. I figli dal canto loro se da una parte possono vivere la loro
vita in piena libertà, dall’altra parte assaporano una grande
frustrazione, hanno la sensazione che di loro non importa proprio a
nessuno, nemmeno ai loro genitori, i grandi non li guardano, non li
ascoltano, la loro libertà ha il sapore del disinteresse altrui, questo
vissuto a volte porta a reazione esagerate ed anomale come gli atti di
violenza di cui si apprende dai mass-media. Di certo il “mestiere di
genitore non è una cosa scontata, e nemmeno si può essere genitori alla
maniera dei propri genitori perché un nuovo tempo ha bisogno di nuovi
genitori, e qui nasce l’impegno di un adattamento creativo alla nuova
situazione sociale e culturale che se fatto con amore può dare non solo
grandi risultati ma anche grandi soddisfazioni, specialmente se si tratta
dei propri figli, per non parlare del fatto che come dicono M. Spagnuolo
Lobb e G. Salonia : si può dire che ogni genitore educa ed è in pari
tempo educato dal proprio figlio ( genitori e figli la salute mentale
nelle relazioni familiari, atti 1° convegno di studio della S.I.P.P.R.
Società italiana di psicologia e psicoterapia relazionale. Taormina
5-6-7- febbraio 1993 pag 440 ), perché, aggiungo io, la relazione
è uno scambio in cui si da e si riceve e alla fine non si è più quelli
di prima ma si è cresciuti. Poter lanciare i propri figli verso il
futuro con l’equipaggiamento adatto ad affrontare le difficoltà e le
gioie della vita è come garantire la propria continuità esistenziale, io
vivo perché mio figlio vive, e non vive da misero ma come colui che
dinanzi al dolore che la vita stessa contiene egli sa piangere senza dire
sono finito, senza mai perdere il suo coraggio e la sua dignità, ma nel
suo cuore conosce e accetta il dolore come essenza necessaria senza la
quale non c’è crescita ne gioia, come dice il salmo 126 della bibbia
chi semina nel dolore raccoglie nella gioia e nel salmo 84 [7]Passando per
la valle del pianto la cambia in una
sorgente,…………………..[8]Cresce lungo il cammino il suo vigore,
finché compare davanti a Dio in Sion. Perciò io dico che è impossibile
trovare una soluzione fuori dal dialogo, dall’ascolto e dal confronto
perché solo da questi può nascere quella soluzione nuova e creativa che
può far incontrare i membri di una famiglia. E’ chiaro che ognuno deve
conservare il suo ruolo, questo è necessario e sano, ma deve essere anche
chiaro che in una famiglia deve essere permesso ad ognuno di essere se
stesso di esprimersi anche se a volte si tratta di esprimere la propria
rabbia, questa non deve essere vissuta come un’espressione negativa, ma
come necessaria per non avere scheletri nell’armadio. Per quanto mi
riguarda tutto questo deve essere cosparso di amore altrimenti, si rischia
di cadere in una performance tecnica e razionale, nulla a mio avviso può
essere fatto senza amore, essenza di ogni relazione buona giusta
e sana, senza l’amore quello vero ed eterno, le relazioni umane
somiglierebbero molto a rapporti politici o diplomatici, è l’amore che
rende umana ogni cosa, che lascia trasparire l’origine divina
dell’uomo. comunque sono cosciente che imparare ad amare non è semplice
e comporta una notevole dose di coraggio ma riuscirci significa crescita
per sé e per l’altro e soprattutto riuscire ad amare chi è
diverso da noi, Carl Whitaker (Considerazioni Notturne di un Terapeuta
della Famiglia) scrive : In realtà imparare ad amare e a diventare parte
del noi senza distruggere è un progetto a lungo termine. Si comincia con
l’imparare ad amare se stessi e poi ad amare qualcuno simile a noi ,
fino ad arrivare alla capacità di amare anche qualcuno diverso da noi.
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