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Coping e adattamento psicosociale in pazienti diabetici

Vincenzo Poerio e Maria Teresa Merenda

Riassunto

Il coping (fronteggiamento) è definito da Perlin e Shooler (1978) come “…quel comportamento che protegge le persone dalla pressione psicologica dovuta a situazioni sociali problematiche”. A questo proposito Lazarus e Folkman (1984) affermano: “…il coping permette alle persone di utilizzare diverse abilità per gestire le difficoltà (stressor) che si presentano loro durante l’esistenza…”. Quando lo stressor è il diabete, le richieste e le pressioni dovute alla malattia stessa e alle sue conseguenze fisiologiche e psicosociali sono continue e si cronicizzano. In numerosi studi, il coping, adeguato e non, è stato associato a diverse conseguenze mediche del diabete: cambiamenti nei livelli di emoglobina glicolizzata, della funzionalità fisiologica, della sintomatologia specifica, del peso e dell’indice di massa corporea. In altre ricerche, come nel presente contributo, il coping è stato correlato alle conseguenze psicosociali del diabete: cambiamenti dello stato di ansia,  di depressione, della c.d. qualità di vita e dell’adattamento psicologico e sociale (APS). Quest’ultimo concetto si riferisce, nella malattia e in senso molto ampio, al raggiungimento di quegli obiettivi comportamentali e psicologici caratteristici del processo di guarigione.

Lo scopo del presente lavoro è individuare le modalità di coping nei diabetici e rilevarne le conseguenze sulla percezione degli stressor e sull’APS, rispondendo ad una serie di quesiti sintetizzabili in: “Quali sono le modalità di coping più frequenti? Esse sono correlate, e come, ai processi di APS funzionali?”.

A 41 pazienti diabetici (21 Ss. con diabete tipo1; 20 Ss. con diabete tipo2), con un’età media rispettivamente di 63.7 e 59.3, sono stati somministrati, in sequenza, due questionari: un adattamento del Bernese Coping Modes (BCM) e il Multidimensional Diabetes Questionnaire (MDQ) di  Talbot e Nouwen, 1997.

I risultati, ottenuti utilizzando analisi statistiche multivariate, sembrano indicare che, nei due gruppi di pazienti diabetici, è possibile identificare modalità diverse di coping che favoriscono sia livelli differenti di APS  che categorie di APS dissimili.

Parole chiave: Diabete, Coping, Adattamento psicosociale, Stressor, Analisi statistica multivariata.

Summary

                The coping  it is defined by Perlin and Shooler (1978) as "… that behavior that protects the people from the due psychological pressure to situations social problem list". Á. this intention Lazarus and Folkman (1984) they affirm: "… the coping allows the people to use different abilities to manage the difficulties (stressor) that they introduce him them during the existence… ". When the stressor is the diabetes, the requests and the pressures due to the same illness and its physiological and psychosocial consequences they are continuous and become chronic. In numerous studies, the coping, suitable and not, has been joint to different medical consequences of the diabetes: changes in the levels of glycosylated hemoglobin, of the physiological functionality, of the specific symptomatology, of the weight and of the index of body mass. In other searches, as in the present contribution, the coping has been correlated to the consequences psychosocial of the diabetes: changes of the anxiety state, of depression level, of the quality of life and the psychological and social adaptation (APS). This last concept refers, in the illness and in very ample sense, to the attainment of that characteristic behavioral and psychological objectives of the process of recovery. 

The purpose of the present job is to individualize the formalities of coping in the diabetics and to notice its consequences on the perception of the stressors and on the APS, answering to a series of questions synthetizable in: "Which the modalities of more frequent coping are? Are they correlated, and as, to the processes of APS? ". 

To 41 patient diabetics (21 Ss. with diabetes type1; 20 Ss. with diabetes type 2), with a middle age respectively of 63.7 and 59.3, have been administered, in sequence, two questionnaires: an adaptation of the Bernese Coping Modes (BCM) and the Multidimensional Diabetes Questionnaire (MDQ) of  Talbot e coll. (1997). 

The results, gotten using statistic analysis multivariate, they seem to point out that, in the two groups of diabetic patients, it is possible to identify different modalities of coping that favors both different levels of APS and categories of dissimilar APS. 

Key words: Diabetes, Coping,  Psychosocial adjustment, Stressor, Multivariate statistical analysis.

 

INTRODUZIONE

 

                “Non ce la faccio più a tirare avanti in questo stato”, “Non me la sento più di affrontare questa situazione”, “Non posso resistere a vivere in questa maniera, basta!”. Quante volte abbiamo ascoltato queste parole (o quante volte ci è capitato di dirle noi stessi) in situazioni di lavoro e/o vicende domestiche che sembravano schiacciarci. Quante volte abbiamo sentito dire cose simili dai pazienti diabetici: “Io assolutamente non posso gestire il mio diabete oltre a tutte le altre cose che devo fare quotidianamente. Semplicemente non ce la faccio ad affrontarlo!”. Avete mai provato a comprendere quello che una persona diabetica cerca di esprimere con queste affermazioni? E avete mai pensato come aiutarlo a fronteggiare la sua malattia?

                Una comune definizione del fronteggiamento (coping) è quella che si riferisce ad una serie di complesse capacità cognitivo-comportamentali che permettono alle persone di utilizzare diverse abilità per gestire le difficoltà che incontrano nella vita (Lazarus e Folkman, 1984). Il coping è un concetto dinamico, un processo che cambia con il tempo, la natura dello stressor e l’esperienza. Questo modello ci permette di lasciare distinti il coping dai risultati ottenuti o favoriti dallo stesso ed evita che lo si confronti con le abilità di padroneggiamento. In altre parole il coping è un processo che aiuta a gestire un problema ma, di per sé, non corrisponde al totale padroneggiamento di esso. Lazarus e Folkman sono convinti che ogni persona rappresenti una combinazione unica di fattori personali ed ambientali e che gli stressor risultino da una interazione tra variabili di natura cognitiva e variabili di natura “obiettiva”: questo porta le persone a valutare la situazione, le risorse disponibili di coping personale e ad attuare modalità di fronteggiamento comportamentale.

                Conseguenze a breve termine di questo meccanismo includono, ad esempio, le reazioni psicofisiologiche; cambiamenti a più lungo termine si riferiscono al raggiungimento del benessere psicosociale, a un buono stato di salute e ad un adeguato funzionamento interpersonale. A livello globale, l’efficacia nell’affrontare lo stress è individuabile nella maggiore resistenza e minore vulnerabilità a futuri eventi stressogeni. Il potenziale umano per far fronte a pressioni è maggiore di quello che comunemente si pensa e raramente una persona si affida ad un unico modo di coping: in genere attinge ad una gamma piuttosto articolata e di volta in volta secondo le esigenze del momento. Il repertorio di fronteggiamento, insomma, risulta piuttosto ricco in genere, ma non stabile come utilizzo di modalità. Inoltre l’impegno a moderare o mediare può avere solo parzialmente successo, giacchè i tentativi di fronteggiare possono risultare inadeguati e non arrivare a buon fine, se non arrivare a produrre conseguenze negative.

                La priorità dei pazienti con malattia cronica è di raggiungere un equilibrio intrapsichico ed interpersonale accettabile (vedere tabella n.1). Adattarsi alla malattia può così essere concepito come un processo di gestione di una serie di pressioni e richieste provenienti da più parti e spesso in conflitto tra loro. Nel contesto dell’analisi dei meccanismi di coping, il termine aggiustamento o meglio adattamento si riferisce in senso molto lato a quegli obiettivi psicologici e comportamentali tipici del processo di guarigione. I fattori che mediano questo processo possono essere sia intrapsichici (cognitivi ed emotivi) che comportamentali. Tutti i pazienti con malattia cronica fronteggiano le numerose pressioni prima menzionate, sebbene diversi di loro possono fallire nell’obiettivo di adattarsi. Diviene quindi importante comprendere, accuratamente, in quale modo la qualità di vita dei pazienti diabetici è condizionata dagli stili di coping personali (vedere tabella n.2) e come questi possono essere migliorati.

·          Riacquistare il benessere psicofisico dopo il disagio, il disorientamento, i malesseri, il dolore

 

·          Recuperare e/o preservare l’equilibrio emotivo dopo lo stress subito

 

·          Adattarsi ai cambiamenti dovuti alla malattia e/o recuperare l’integrità fisica

 

·          Superare l’insicurezza dovuta alla perdita di controllo nei confronti della propria identità e del futuro

 

·          Adattarsi a situazioni e pratiche mediche inusuali

 

·          Gestire serie minacce alla propria salute

 

·          Preservare un’eccellente qualità di vita

 

Tabella 1 - Obiettivi adattivi espressi dal paziente nel processo di guarigione

 

Ora che sono stati delineati sia i processi e gli obiettivi di adattamento psicosociale che gli stili/modalità di coping, diventa possibile chiarire in quale modo questi ultimi possono influire sui primi. Sinteticamente il coping può ricoprire tre funzioni nei confronti  dell’APS:

di prevenzione, di ammortizzazione, di recupero.

                Il ruolo preventivo assolve, in modo particolare, quegli aspetti riguardanti l’impatto emotivo dovuto per esempio alla scoperta della malattia. Un coping caratterizzato da negazione o rifiuto, in questa fase, può dare un effimero ma immediato sollievo nei confronti di emozioni spiacevoli. Altri cercheranno sostegno e attenzione per valutare in modo più realistico i rischi della propria malattia. Probabilmente il ruolo più efficace che il coping ricopre nel processo di malattia, è quello di “ammortizzatore”: infatti, sebbene a volte l’impatto sia tremendo, è durante il corso della malattia che si prospettano difficoltà che riguardano il futuro. La ricerca di attenzioni e cure presso i propri cari e i propri amici e lo spostare l’attenzione dagli aspetti più negativi della malattia, possono dare un considerevole sollievo e la sensazione di riguadagnare il controllo della situazione. Infine, il coping è estremamente importante per l’APS a lungo termine, assicurando una riabilitazione ottimale e un recupero ottimale: in questa ultima fase l’obiettivo è di raggiungere un adeguato equilibrio intrapsichico ed interpersonale.

                Sin qui si è parlato di esempi di effetti positivi del coping sull’APS. Noi sappiamo, d’ altraparte, che diversi pazienti potrebbero reagire alla malattia negandola o reprimendo le emozioni o ancora rimuginando o auto-biasimandosi: tutto ciò potrebbe non solo aumentare le loro preoccupazioni ma anche scoraggiarli dall’aderire (compliance) ai trattamenti medici e farli rassegnare, in modo passivo, a destini fatalistici. Quanto finora affermato, ci porta a considerare come i processi di adattamento siano fortemente dipendenti dagli effetti mediatori del coping.  

                Le persone con diabete spesso concludono che il compito di gestire la propria malattia è difficile se non impossibile, cosicché hanno bisogno di trovare delle soluzioni per rendere vivibile la loro condizione di malattia. Il diabete richiede una gestione continua: di conseguenza il fronteggiamento di questa malattia è un impegno a tempo pieno. Il diabete come malattia, è di per sé uno stressor primario e comporta una serie di conseguenze croniche che fungono da stressor secondari, in ordine di tempo, certo non di importanza. Il paziente con diabete si vede costretto a fronteggiare per tutto il resto della vita la propria malattia e i suoi effetti medico-fisiologici e psico-sociali (in particolare i diabetici di 1° tipo, insulino-dipendenti, che in genere acquisiscono la malattia, sembra di natura auto-immune, già in età giovanile).

                In molti studi e ricerche il coping è stato correlato agli effetti organici e metabolici della malattia. In altri, come il presente studio, il coping è stato concepito come variabile interveniente che può avere la capacità di influenzare aspetti psicologici e sociali come l’umore, la qualità di vita e l’adattamento psicosociale.

 

Scopo della ricerca

                L’obiettivo della presente ricerca è di tentare di rispondere ai seguenti cinque quesiti:   

 

        ·          Quali modalità di coping vengono utilizzate in prevalenza, nelle 2 tipologie di pazienti diabetici?

        ·          Ci sono delle differenze, nell’uso delle modalità di coping, tra pazienti diabetici di tipo1 e 2 ?

        ·          Le due tipologie di pazienti diabetici differiscono per processi di adattamento psicosociale (APS)?

        ·          Esiste una qualche forma di interdipendenza tra stili di coping e processi di adattamento psicosociale (APS)?

        ·          E’ possibile individuare stili di coping favorevoli e non favorevoli a  processi di APS funzionale?

 

METODO

 

Soggetti

                41 soggetti, di cui 21 pazienti con diabete di tipo 1, insulino-dipendente (12 donne e 9 uomini) e 20 pazienti con diabete di tipo 2, acquisito o non insulino-dipendente (13 donne e 7 uomini) con età media rispettivamente di 63.7 e 54.9. I soggetti partecipanti alla ricerca sono stati “reclutati” presso un Centro Diabetologico Convenzionato della ASL 2 di Roma e presso il Servizio per il Diabete della ASL 1 di Napoli. I partecipanti sono stati informati dello scopo della ricerca e dell’interesse a conoscere ed approfondire alcune caratteristiche delle loro modalità di fronteggiare la malattia e del loro adattamento alla stessa e alle sue inevitabili conseguenze psico-sociali.

 

Procedura

                Sono stati utilizzati e somministrati in sequenza due questionari. Il “Multidimensional Diabetes Questionnaires” (MDQ) di Talbot e coll.,1997, qui presentato in un formato adattato e tradotto in italiano, è articolato in tre parti. La prima parte (riferita alla categoria benessere/stress) comprende 13 item e vuole verificare la presenza di tre processi: interferenza percepita, gravità percepita e sostegno sociale. La seconda parte (riferita alla categoria supporto relazionale/coniugale) prevede 11 item e intende verificare in che misura sono presenti supporto relazionale funzionale e supporto relazionale negativo. Infine, la terza parte (riferita alla categoria efficacia) che è composta di 13 item, vuole valutare i livelli di auto-efficacia e delle aspettative per le conseguenze nel confrontarsi con la malattia (vedi tabella n.2). Nell’insieme, il MDQ vuole essere una misura dei processi che conducono ad un più o meno buono adattamento psicosociale: l’autore ha concepito un modello dell’APS formato da 7 variabili o processi tra loro, in qualche modo, correlati. La nostra back-version, ad un’analisi della fedeltà a distanza di 6 mesi, ha rilevato per le 7 variabili coefficienti di correlazione medi di r = 0.65.

 

BENESSERE/STRESS

1.Interferenza percepita

(condizionamenti, vincoli, limitazioni, ecc.)

2.Gravita’ percepita

(preoccupazioni, timori, paure, pessimismo per il futuro, ecc)

3.Sostegno/aiuto sociale

(punti di riferimento socio-affettivi, dai conoscenti ai centri medici)

SUPPORTO RELAZIONALE/CONIUGALE

1.Supporto relazionale positivo

(incoraggiamenti, congratulazioni, accudimento gratificante, ecc.)

2.Supporto            relazionale non funzionale

(insistenze, pressioni, critiche, ecc.)

EFFICACIA

1.Senso di auto-efficacia

(fiducia in se stessi  nel controllare e gestire il diabete e i suoi effetti) 

2.Aspettative riguardo i risultati

(aderenza al trattamento e alle attività salutari pro-diabete)

 

Tabella 2 - I 7 processi di APS utilizzati nella ricerca e organizzati in 3 categorie

L’altro questionario impiegato nella ricerca è un’adattamento del “Bernese Mode Coping” di Helm e coll.,1987. Gli autori utilizzarono per la prima volta questa misura per verificare quali stili o modalità di coping (fronteggiamento) adottassero i pazienti malati di cancro (in particolare donne con tumore al seno ) per tentare di gestire la loro malattia. Nel nostro lavoro, pur impiegandolo nella valutazione di pazienti diabetici e non oncologici, abbiamo voluto mantenere il questionario il più possibile fedele all’originale. Lo strumento è composto di 26 item che individuano 3 diverse categorie di coping: comportamentale, cognitivo ed emotivo (vedi tabella n.3).

COPING COMPORTAMENTALE

1.                   Comportamento diversivo (vengono attuate una o più attività distraenti)

2.                   Altruismo (vengono privilegiate le esigenze altrui a scapito delle proprie)

3.                   Evitamento attivo (non vengono sottovalutati i necessari interventi medici specialistici)

4.                   Compensazione (fare qualsiasi cosa di piacevole:acquistare, mangiare, bere alcolici, ecc.)

5.                   Attività costruttive (programmare di fare qualcosa, ritenuto utile e funzionale)

6.                   Isolamento sociale (il bisogno di rimanere soli per ricaricarsi, per riflettere,ecc.)

7.                   Contrastare (cercare informazioni utili e aiuto per migliorare l’esito della terapia)

8.                   Attenzione e cura (sentirsi presi in carico, essere ascoltati, avere un  supporto)

 

COPING COGNITIVO

1.                   Pensiero diversivo (l’attenzione viene indirizzata verso aspetti diversi dalla malattia)

2.                   Accettazione-Stoicismo (la malattia è accettata con pazienza, come un segno del destino)

3.                   Dissimulazione (il diabete non è preso seriamente ma negato, minimizzato e/o ignorato)

4.                   Auto-controllo (si trasmette agli altri un atteggiamento ferreo di controllo sulla malattia)

5.                   Analisi del problema (analisi cognitiva del diabete e delle sue conseguenze)

6.                   Relativizzare (considerare il proprio destino, tutto sommato, fortunato rispetto ad altri)

7.                   Religiosità (la religione come supporto per tollerare la malattia mandata dal buon Dio)

8.                   Rimuginazione (la malattia diventa un “ossessione” attorno a cui la mente gira e rigira)

9.                   Dare un senso/significato (una possibilità di cambiare i propri valori, la propria visione)

10.               Valorizzazione (si è convinti dei propri atteggiamenti positivi nei confronti della malattia)

 

COPING EMOTIVO 

1.                   Ribellione (si manifesta resistenza, protesta e fastidio nei confronti della malattia)

2.                   Manifestazione emotiva (si manifesta abbattimento, paura, rabbia, rassegnazione, disperazione; altre volte coraggio, amore per la vita e speranza)

3.                   Repressione (vengono manifestati esclusivamente sentimenti di adeguatezza)

4.                   Ottimismo (fiducia sul fatto che il momento di crisi passerà)

5.                   Collaborazione passiva (ci si affida alle cure di altri, di persone qualificate)

6.                   Rassegnazione/fatalismo (si assume un atteggiamento senza speranza alcuna ormai)

7.                   Auto-accusa (ci si rimprovera per aver fatto qualche errore che adesso va espiato)

8.                   Reazione rabbiosa (viene dato libero sfogo a espressioni di rabbia, di irritazione, di collera)

 

Tabella 3 - Le 26 modalità di coping utilizzate per la ricerca e raggruppate in 3 categorie

  RISULTATI e ANALISI STATISTICA

 

                        Come abbiamo precedentemente detto, la finalità della ricerca ruota attorno al soddisfacimento di 5 quesiti principali. Per quanto riguarda il primo quesito, “Quali modalità di coping vengono utilizzate in prevalenza, nelle 2 tipologie di pazienti diabetici?”, utilizzando le canoniche statistiche descrittive, che fungono da dati preliminari nelle analisi inferenziali, abbiamo individuato, prendendo in considerazione i punteggi ottenuti nella versione adattata del questionario BCM, le medie per ciascuno degli stili di coping per entrambe le tipologie di diabete. Nella seguente tabella , riportiamo tutte le medie enfatizzando, in neretto, i 10 stili prevalenti per ognuno dei due tipi di diabete.

                                                                                                               

STILI/MODALITÀ DI COPING

MEDIA DIABETE

TIPO 1

MEDIA DIABETE

TIPO 2

Diversione comportamentale

2,000000

                                2,550000     

Comportamento altruistico

2,380952

1,650000

Evitamento attivo

1,761905

1,800000

Compensazione

,285714

,850000

Attività costruttive

1,523810

1,350000

Isolamento sociale

2,190476

2,100000

Comportamento di contrasto

2,190476

1,700000

Comportamento di attenzione e cura

2,761905

1,100000

Diversione mentale

3,095238

2,450000

Accettazione/stoicismo

2,952381

2,850000

Dissimulazione

2,380952

2,350000

Atteggiamento di controllo

2,380952

1,450000

Analisi del problema

2,761905

1,000000

Atteggiamento di relativizzazione

3,523810

2,900000

Atteggiamento di religiosità

2,190476

2,450000

Atteggiamento di ruminazione

2,190476

,750000

Dare un senso/significato

2,571429

,750000

Valorizzare

2,095238

1,500000

Ribellione

2,476190

1,500000

Manifestazione emotiva

,666667

1,200000

Tendenza a sopprimere

2,333333

2,000000

Tendenza all'ottimismo

3,619048

2,300000

Tendenza a collaborare passivamente

2,190476

1,650000

Tendenza alla rassegnazione

2,571429

1,600000

Tendenza ad auto accusarsi

1,238095

,850000

Tendenza a reagire rabbiosamente

3,095238

1,350000

 

Tabella 4 – I valori medi dei 26 stili di coping per le due tipologie di diabete                

Inoltre, per evidenziare le graduatorie di prevalenza degli stili di coping per ciascuna delle due tipologie di paziente diabetico, abbiamo voluto “trasformare” in grafico i dati appena riportati: i grafici che abbiamo ritenuto più funzionali per questo fine sono gli istogrammi tridimensionali che riportiamo di seguito e in sequenza (vedi figure1 e 2).

Figura 1 – Istogramma tridimensionale riferito ai valori medi degli stili di coping prevalenti utilizzati dai pazienti diabetici di tipo 1.

Passando al secondo quesito, che si domanda “Ci sono delle differenze, nell’uso delle modalità di coping, tra pazienti diabetici di tipo1 e 2 ?”, abbiamo utilizzato l’analisi della varianza per misure ripetute (le 26 modalità di coping in questo caso fungono da variabili dipendenti e le tipologie di diabete sono i fattori di gruppo o variabili indipendenti). Abbiamo ottenuto i seguenti risultati, tutti rapportati ad una p = o < 0,05: la variabile tipologia di diabete è risultata essere significativa avendo avuto una F = 11,92 pari ad una p = 0,0014. Anche la variabile modalità di coping è risultata altamente significativa: la F infatti ha ottenuto un  punteggio di 14,60 pari ad una p = 0,00001. Infine gli effetti specifici post-hoc tra le modalità di coping  appaiate per le due tipologie di diabete presentano interessanti differenze significative per 12 appaiamenti su 26. Per i risultati appena descritti, come per l’interazione tra le suddette due variabili principali, risultata anch’essa significativa ( F = 4,88; p = 0,0001), abbiamo approntato il grafico delle interazioni che possiamo apprezzare nella figura 3.

Figura 2 – Istogramma tridimensionale riferito ai valori medi degli stili di coping prevalenti utilizzati dai pazienti diabetici di tipo 2.  

                       Anche per rispondere al terzo quesito, “Le due tipologie di pazienti diabetici differiscono per processi di adattamento psicosociale (APS)?” abbiamo utilizzato la procedura statistica dell’analisi della varianza multivariata per misure ripetute, (i 7 processi di adattamento psicosociale fungono da variabili dipendenti e le tipologie di diabete sono i fattori di gruppo o variabili indipendenti). Le analisi statistiche hanno prodotto i seguenti risultati: la variabile tipologia di diabete  non è risultata essere significativa avendo ottenuto una F = 0,068 equivalente ad una p = 0,796. Al contrario, la variabile processi di APS  è risultata estremamente significativa: la F infatti ha raggiunto un  punteggio di 2,95 che corrisponde ad una p = 0,0085. Per ultimo, gli effetti specifici post-hoc tra le modalità di coping appaiate per le due tipologie di diabete presentano notevoli differenze significative per 2 appaiamenti su 7 (in questo caso la significatività supera di gran lunga una p = 0,01). I dati su descritti e gli effetti di interazione ( quest’ultima non risultata significativa F = 1,69 per una p = 0,1239) tra le suddette due variabili principali, possiamo apprezzarli nel grafico delle interazioni che abbiamo preparato nella figura 4.

  Figura 3 – Grafico delle interazioni “tipologie di diabete x modalità di coping”. Sull’asse dell’ascissa (X) abbiamo riportato in maiuscolo quelle modalità di coping che risultano significativamente differenti dalle loro complementari.  

                        Per tentare di dare delle risposte esaurienti al 4° e al 5° quesito, “Esiste una qualche forma di interdipendenza tra stili di coping e processi di adattamento psicosociale (APS)? e “E’ possibile individuare stili di coping favorevoli e non favorevoli a processi di APS funzionale?”, abbiamo necessariamente dovuto approntare un apparato metodologico e statistico senza dubbio più sofisticato di quello finora utilizzato per la presente ricerca.

                        Per prima cosa, dato che per la prima volta abbiamo voluto considerare tutte le variabili, cioè stili di coping e processi di APS e dato che lo scaling utilizzato dai questionari è differente, abbiamo reso i valori omogenei sottoponendoli a processo di standardizzazione. Successivamente, poiché il nostro intento era quello di verificare, esplorando i legami tra le 2 variabili principali, eventuali correlazioni, abbiamo deciso di sottopporre i dati ad una cluster analysis  o analisi dei gruppi. Nello specifico, considerate le finalità esplorative ed organizzative della ricerca, abbiamo scelto di utilizzare il metodo definito unione o raggruppamento gerarchico. Il metodo di unione gerarchica o ad albero usa le dissomiglianze o distanze tra oggetti nel formare i gruppi.  Queste distanze si possono basare su una singola o più dimensioni.  Per esempio, se si vogliono raggruppare i “piatti tipici” preparati in ristoranti, si dovrebbero tenere in considerazione le calorie che contengono, il loro prezzo, la palatabilità soggettiva riguardo il gusto e così via.  La maniera più diretta per calcolare le distanze tra oggetti/variabili in uno spazio multidimensionale è quella di calcolare le distanze Euclidee.  Se si hanno spazi bi- o tridimensionali questa misura è la distanza geometrica tra gli oggetti nello spazio (cioè, come se fossero misurati con un righello). In ogni caso, il metodo statistico di unione non discrimina se le distanze siano effettivamente reali o derivate da qualche altro tipo di misura, considerata in un certo frangente più significativa dal ricercatore. Nel nostro caso abbiamo deciso di utilizzare direttamente nella procedura statistica una matrice delle distanze. L'obiettivo di questo metodo è quello di unire tra loro oggetti/variabili (per es., stili di coping e processi di APS) in gruppi successivamente più ampi, utilizzando alcune misure di somiglianza o distanza. Un tipico risultato di questa modalità di raggruppamento è il dendrogramma.

Figura 4 – Grafico delle interazioni “tipologie di diabete x processi di adattamento psicosociale”. Sull’asse dell’ascissa (X) abbiamo riportato in maiuscolo quelle modalità di APS che risultano significativamente differenti dalle loro complementari.  

In un grafico a dendrogramma si immagini che, per passi molto piccoli, si “abbassi” il criterio per cui definire (o meno) unico un oggetto.  Detto in altro modo, si abbassa sempre più la soglia relativa alla decisione di quando dichiarare due o più oggetti membri di uno stesso gruppo. Come risultato si uniranno sempre più oggetti e si aggregheranno (amalgameranno) gruppi sempre più ampi di elementi sempre più dissimili tra loro.  Infine, nell'ultimo passo, tutti gli oggetti saranno riuniti insieme. Nei dendrogrammi verticali, come quello da noi scelto, sarà l'asse verticale a indicare le distanze dei legami. Quindi, per ogni nodo nel grafico ( punto in cui si forma un nuovo gruppo) è possibile leggere il criterio di distanza per cui i rispettivi elementi sono stati uniti tra loro in un singolo gruppo. Quando i dati contengono una chiara “struttura” in termini di gruppi di oggetti simili tra loro, allora questa struttura si rifletterà spesso nel dendrogramma con ramificazioni distinte. Il risultato della nostra analisi, che riteniamo relativamente ben riuscita con il metodo d'unione (gerarchico), è stato in grado di individuare gruppi (ramificazioni) ed anche di tentare una iniziale, non definitiva né esaustiva interpretazione. Nelle figure 5 e 6 presentiamo i dendrogrammi, rispettivamente per le tipologie diabetiche di tipo 1 e tipo 2.

Figura 5Dendrogramma derivato dal metodo di unione/raggruppamento gerarchico che si riferisce alle possibili interdipendenze tra coping e APS nei pazienti diabetici di tipo 1. Le ipotetiche interdipendenze si basano sul criterio delle distanze. Sull’ascissa, in minuscolo, i processi di APS. 

Figura 6Dendrogramma derivato dal metodo di unione/raggruppamento gerarchico che si riferisce alle possibili interdipendenze tra coping e APS nei pazienti diabetici di tipo 2. Le ipotetiche interdipendenze si basano sul criterio delle distanze. Sull’ascissa, in minuscolo, i processi di APS. 

                Come si potrà evincere dalla semplice visione dei grafici, risulta evidente che le ipotetiche interdipendenze nei due gruppi di pazienti diabetici sono notevolmente diverse: queste dissimilarità riguardano sia la struttura generale dell’albero e delle sue ramificazioni sia le distanze tra le singole variabili.

 

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI

Il coping, nel modello qui adottato, è concepito come una variabile interveniente atta ad “ammortizzare” l’impatto violento dovuto alla malattia. I risultati che si riferiscono agli stili di coping indicano chiaramente, per quello che riguarda il primo quesito, la compresenza di alcuni stili che ritroviamo sia nei diabetici di tipo1 che di tipo2: Ottimismo, Relativizzazione, Diversione mentale, Accettazione/Stoicismo, anche se non nello stesso ordine di prevalenza (come si può evincere dalla lettura dei grafici nelle figure 1 e 2). Relativamente al secondo quesito, abbiamo riscontrato una differenza significativa (F =  11,92 per una p = 0,0014) a favore del gruppo dei diabetici di tipo 1: nel dettaglio 12 risultano le modalità di coping  particolarmente significative (vedi grafico nella figura 3) e due di esse, ottimismo e relativizzazione, sono tra le 4 modalità di coping compresenti nelle 2 forme di diabete.

Per ciò che riguarda il terzo quesito e l’APS, nella presente ricerca concettualizzato come variabile dipendente, abbiamo rilevato notevoli differenziazioni nei processi che lo caratterizzano ( F = 2,95 per una p = 0,0085), in particolare per le sub-variabili aspettative per i risultati, auto-efficacia, gravità percepita. Al contrario, l’APS, globalmente inteso e confrontato tra le due tipologie di diabete, non presenta risultanze significative (F = 0,068 per una p = 0,796), nonostante le 2 sub-variabili sostegno sociale e supporto relazionale positivo figurino ben differenziate. Pertanto, riteniamo necessario prevedere ulteriori indagini sui processi di APS e sulle specifiche aree che li compongono.

Per quello che riguarda il quarto e quinto quesito, i risultati hanno individuato diverse interdipendenze tra alcuni stili di coping e alcuni processi di APS: le distanze del metodo di raggruppamento gerarchico esprimono il grado con cui gli effetti di mediazione del coping hanno avuto più o meno successo. E’ per questo motivo che abbiamo fatto uso del concetto di coping come “favorevole/non-favorevole” per la manifestazione di adattamento psicosociale. Come si può evincere dalla attenta lettura dei dendrogrammi (figure 5 e 6) e soprattutto dalle matrici delle distanze riportate nelle due tabelle più sotto (tabb.5 e 6), ci sono stili di coping, il più delle volte diversi nelle due tipologie di pazienti diabetici, che risultano nella pratica favorevoli o sfavorevoli per un buon adattamento psicosociale.

 

PROCESSI DI ADATTAMENTO PSICOSOCIALE

STILI DI COPING

Interferenza percepita

Gravità percepita

Sostegno sociale

Supporto relazion(+)

Supporto relazion (-)

Auto-efficacia

Aspettative

x risultato

1

6,517724

5,098661

7,149642

6,442817

5,829777

6,808797

5,400838

2

6,787889

6,705783

7,07505

7,024015

5,266119

7,389145

7,240159

3

4,299421

6,601634

6,304431

6,532959

5,767895

4,703056

5,140578

4

5,825138

6,615842

4,191045

4,637051

6,103535

4,126457

5,025591

5

5,679592

7,157025

7,441563

7,715956

5,607116

7,040386

7,413898

6

6,143042

5,138919

7,560901

6,941607

6,048486

6,904937

5,569088

7

6,143042

5,138919

7,560901

6,941607

6,048486

6,904937

5,569088

8

5,641515

5,153929

6,426707

5,805673

5,774758

5,395547

3,979491

9

5,562987

5,114358

8,098919

7,605856

6,712567

7,02688

5,846414

10

6,267225

7,447917

3,797998

4,71868

4,935443

4,705857

6,084251

11

6,468914

6,732266

7,661406

7,822588

6,926927

7,720949

7,910073

12

5,744537

5,300319

7,867017

7,375022

6,293521

6,952972

5,811108

13

5,641515

5,153929

6,426707

5,805673

5,774758

5,395547

3,979491

14

5,679592

7,157025

7,441563

7,715956

5,607116

7,040386

7,413898

15

6,862709

4,619778

7,240456

6,360032

6,177671

7,078203

5,387213

16

6,143042

5,138919

7,560901

6,941607

6,048486

6,904937

5,569088

17

5,420758

5,5223

8,02106

7,662971

6,503326

6,948448

6,055558

18

4,168715

6,266341

7,387823

7,507138

6,849688

5,747092

5,874471

19

5,889627

5,036249

7,134187

6,468864

5,893656

6,270356

4,787735

20

4,532692

6,831471

6,637512

7,108484

6,9403

5,429781

6,311358

21

6,642706

6,341336

7,242826

7,034204

5,433203

7,310588

6,874618

22

4,813757

7,655757

5,809206

6,600491

5,094348

5,073413

6,486376

23

6,74179

4,373792

5,419696

4,419693

6,81037

5,390381

3,685958

24

5,420758

5,5223

8,02106

7,662971

6,503326

6,948448

6,055558

25

7,233879

4,399018

6,473322

5,410668

6,22183

6,715676

4,888015

26

6,593581

5,254095

5,247299

4,51152

5,721178

5,276615

4,077325

 

Tabella 5 - Matrice delle distanze dei pazienti diabetici tipo 1: le misure esprimono prossimità (quanto più gli indici numerici sono bassi) tra le variabili coping e APS, utilizzando il metodo delle distanze euclidee.

Legenda: gli indici numerici in “neretto” indicano sia le interdipendenze più forti che le modalità di coping più favorevoli; i dati  in “corsivo” indicano legami deboli e coping non favorevoli ad un buon APS.

 

 

PROCESSI DI ADATTAMENTO PSICOSOCIALE

STILI DI COPING

Interferenza percepita

Gravità percepita

Sostegno sociale

Supporto relazion(+)

Supporto relazion (-)

Auto-efficacia

Aspettative

x risultato

1

6,907841

6,855965

6,432062

5,693775

5,989712

4,109278

6,929681

2

5,819067

5,874473

5,286387

5,129214

5,851016

3,790387

6,430435

3

6,808335

5,449366

5,885159

6,762811

7,368888

5,835787

4,960281

4

4,515465

6,014347

4,552848

5,038868

4,726268

6,11847

6,089435

5

6,395573

6,566483

6,549638

6,194509

6,269944

5,340525

6,97141

6

6,233638

6,92935

7,078268

6,21135

5,465044

6,61071

6,310396

7

6,014463

7,09582

5,866451

4,614758

4,598548

4,868862

6,979236

8

5,424212

6,091476

5,037136

5,644728

5,632226

6,179153

5,509126

9

6,630137

7,073949

5,754243

5,516592

5,78207

5,825136

7,308138

10

7,709754

6,191429

7,01891

6,127948

6,296605

6,764371

6,7337

11

5,726474

7,004903

5,76293

5,915996

6,246576

3,847931

6,311895

12

6,383631

6,321575

6,289732

5,242032

5,479638

5,617377

5,265503

13

6,26682

6,339797

6,697459

6,12262

5,331212

7,174216

6,187112

14

6,85834

6,536435

6,128001

6,094613

6,440534

4,488318

6,721409

15

7,384028

7,042106

6,818243

6,420675

7,098203

5,317451

5,203222

16

6,606

5,527883

6,59857

6,269847

5,5997

6,62552

6,693836

17

5,99368

5,127566

5,844984

5,618718

5,069473

6,285592

6,640672

18

6,380153

5,216882

5,318976

5,01637

5,068273

6,494976

6,410541

19

7,006615

5,109354

6,132082

6,192687

6,070784

7,271588

5,190905

20

6,71544

6,457062

6,960294

5,804922

5,664761

5,784306

5,721389

21

6,622299

6,030072

6,420409

5,910254

6,344322

5,410501

5,593866

22

6,295241

6,784839

5,149183

4,292719

4,731255

6,110671

5,673241

23

5,941433

4,794631

5,718736

5,767823

5,282289

7,236023

5,990458

24

6,944257

6,34287

6,827923

5,957864

6,094367

6,510237

5,417631

25

6,802737

6,447852

7,238795

6,744281

6,334972

7,541177

5,305163

26

6,368514

6,912399

7,114279

6,03361

5,40695

7,971955

5,289112

 

Tabella 6 - Matrice delle distanze dei pazienti diabetici tipo 2: le misure esprimono prossimità (quanto più gli indici numerici sono bassi) tra le variabili coping e APS, utilizzando il metodo delle distanze euclidee.

Legenda: gli indici numerici in “neretto” indicano sia le interdipendenze più forti che le modalità di coping più favorevoli; i dati  in “corsivo” indicano legami deboli e coping non favorevoli ad un buon APS.

 In particolare, gli stili o modalità che sembrano risultare più favorevoli ad un buon adattamento sociale nei pazienti diabetici di tipo 1 sono: evitamento attivo, compensazione e attenzione e cura (per quello che riguarda il coping di natura comportamentale); accettazione/stoicismo, analisi del problema e valorizzazione (stili di coping più squisitamente cognitivi); ribellione, manifestazione emotiva, ottimismo, collaborazione passiva, rassegnazione, auto-accusa e reazione collerica (tipici del fronteggiamento di natura emotiva). Riassumendo: 3 stili comportamentali, 3 cognitivi e 7 emotivi. Prese globalmente queste modalità di coping incidono favorevolmente, nell’ordine, sui seguenti processi di adattamento: auto-efficacia, aspettative per il risultato, supporto relazionale positivo, sostegno sociale, gravità percepita, interferenza percepita e supporto relazionale negativo. Per quello che riguarda gli stili di coping che sono risultati non-favorevoli, troviamo: 2 stili comportamentali (altruismo e attività costruttive); 4 stili cognitivi (diversione mentale, dissimulazione, relativizzare, dare un senso); 2 stili emotivi (repressione emotiva e rassegnazione). Nell’insieme tali modalità ritenute non–favorevoli incidono soprattutto nel frenare lo sviluppo dei  processi di APS.

Gli stili o modalità  di coping che risultano più favorevoli alla evoluzione funzionale dei processi di adattamento sociale nei pazienti diabetici di tipo 2 sono: altruismo, compensazione,  contrastare e attenzione e cura (stili di coping di natura comportamentale); il contributo dato dagli stili di coping più squisitamente cognitivi è irrisorio, in ogni caso dare un senso, relativizzare e diversione mentale sono le modalità che contribuiscono al processo di adattamento; valorizzazione, ribellione, ottimismo, collaborazione passiva e reazione collerica (tipici stili del fronteggiamento di natura emotiva) sono presenti anche nei modi di gestire la malattia utilizzati dai pazienti diabetici di tipo 1. Per riassumere: 4 stili comportamentali, 3 cognitivi e 5 emotivi. Concepite “in toto” queste modalità di coping incidono favorevolmente, nell’ordine, sui seguenti processi di adattamento: auto-efficacia, aspettative per il risultato, supporto relazionale positivo, supporto relazionale negativo, sostegno sociale, gravità percepita, auto-efficacia. Per quello che riguarda gli stili di coping che sono risultati non-favorevoli, troviamo: 2 stili comportamentali (esitamento attivo ed isolamento sociale); 3 stili cognitivi (diversione mentale, accettazione/stoicismo, religiosità); 2 stili emotivi (auto-accusa, reazione rabbiosa). Nell’insieme tali modalità ritenute non–favorevoli incidono soprattutto nel frenare lo sviluppo dei  processi di APS. In questa ricerca l’APS è concettualizzato come la somma di sette diversi processi, incluso il benessere o assenza di distress  (quando i punteggi della interferenza e gravità percepite e del supporto relazionale negativo sono bassi e i punteggi sulle restanti sub-scale/processi sono alti). I risultati come abbiamo già detto indicano chiare ed inequivocabili interdipendenze tra certi processi di APS e certi stili di coping  e questo, anche se con notevoli differenze, per entrambe le tipologie di diabete. Nell’insieme, quindi, i dati che abbiamo ottenuto fotografano un panorama abbastanza diversificato tra le modalità di coping dei diabetici di tipo 1 e 2 e non confermano l’esperienza quotidiana che individua nel negare/reprimere/ignorare le emozioni negative l’ateggiamento che può contribuire a tenere a distanza lo stress (benessere superficiale a breve termine?). Risulta anche evidente che certi tipi di modalità di coping, come accennato, non solo non possiedono le tipiche caratteristiche di “ammortizzatore” ma aumentano probabilmente le esperienze negative di  natura emotiva. Le correlazioni tra i punteggi totali di APS e di coping sono senz’altro meno conclusive e chiarificatrici delle correlazioni tra i punteggi parziali delle singole sub-scale. Inoltre, e questo ci sembra uno degli aspetti più importanti da considerare, l’impatto del coping  varia nel tempo e ciò potrebbe modificare di non poco i risultati ottenuti in questa ricerca che non ha utilizzato una metodologia longitudinale. Tale metodologia, che auspichiamo possa essere impiegata in successive più approfondite ricerche sul tema, avrebbe permesso di determinare i reciproci effetti tra coping e APS, le differenti aree evolutive dell’ adattamento e le differenti fasi della malattia. Per quest’ultimo punto c’è da ricordare che i  “nostri” pazienti diabetici di tipo 1 avevano mediamente una storia di malattia della durata di 47 anni contro i 9 anni dei pazienti con diabete di tipo 2: questo è un aspetto da non sottovalutare e può spiegare, almeno in via ipotetica, il perché di una così notevole differenza negli stili di coping tra i due gruppi. Con il tempo si impara ad adattarsi alla malattia cronica: certe modalità di fronteggiamento si consolidano e si raggiungono notevoli livelli di adattamento (vedi quesiti 2 e 3, risolti a favore del gruppo diabetico tipo 1). Nel gruppo diabete tipo 2, forse a causa di tempi non lunghissimi di malattia e di rappresentazione mentale della stessa differente da quella dei diabetici tipo1, il fronteggiamento è in via di evoluzione e un adattamento psicosociale esauriente ancora lontano, anche perché fattori come l’occupazione lavorativa, le condizioni economiche, le dinamiche familiari e la vita sociale giocano un ruolo fondamentale nel definirlo completamente.    

                 Infine, i dati ottenuti suggeriscono delle implicazioni di natura clinica, come l’impiego di strategie di intervento finalizzate ad aiutare i pazienti a migliorare il proprio bagaglio di risorse di fronteggiamento, prevalentemente attraverso l’addestramento alle abilità di problem-solving, di comunicazione assertiva, di risoluzione dei conflitti, e tecniche di modificazione cognitivo-comportamentale.

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