UNO STRUMENTO
CONTRO LA DISPERSIONE SCOLASTICA: IL MENTORING Catia Pepe PREMESSA Il
seguente lavoro cercherà di descrivere il fenomeno della Dispersione
scolastica in Italia e di proporre un valido modello in grado di
contrastarla. Attraverso tale modello definito Mentoring i ragazzi a
rischio di dispersione scolastica vengono supportati durante l’intero
anno scolastico e aiutati a sviluppare le proprie potenzialità, mediante
il sostegno di una persona significativa.La persona designata a svolgere
tale compito è il Mentor, il quale segue ogni singolo ragazzo e lo aiuta
a sviluppare la fiducia in sé stesso e nelle proprie capacità, la quale
gli permetterà di mostrare un atteggiamento più propositivo anche nei
confronti della scuola.
ABBANDONO E
DISPERSIONE SCOLASTICA Solitamente con il termine di abbandono
scolastico (drop-out), si fa riferimento al fatto di lasciare la scuola
senza completare il percorso di studi che si sta frequentando (Morrow,
1986). L’accezione di drop-out fa riferimento sia al reale abbandono
della scuola da parte di uno studente, sia all’abbandono scolastico
caratterizzato dal rimanere fisicamente tra i banchi di scuola, ma
manifestare un disinteresse rispetto ad essa. Entrambe le forme di
abbandono scolastico confinano con altre modalità di non frequenza
scolastica tra cui l’Evasione Scolastica e l’Assenteismo. Si parla di
Evasione Scolastica quando lo studente ha mancati ingressi a scuola. Si
parla, invece, di Assenteismo quando lo studente si assenta
sistematicamente dalla scuola. L’Assenteismo può essere riconducibile a
fattori diversi, tra cui il Rifiuto della scuola da parte del soggetto con
comparsa di crisi di collera e di opposizione diretta, ma anche ad un
atteggiamento passivo tipico di bambini silenziosi che tuttavia
manifestano a scuola disattenzione. Un'altra spiegazione legata
all’Assenteismo è relativa alla fobia scolare che riguarda
principalmente bambini tra i 5 e i 13 anni. Tale fobia per la scuola si
manifesta nel rifiuto di andarci, accompagnato da crisi di panico e dolori
somatici, quali cefalee mal di pancia o vomiti (Ammaniti, 2001). Il
fenomeno dell’Assenteismo scolastico può essere legato anche a malattie
croniche del bambino che comportano eccessive assenze dalla scuola, e che
incidono sul rendimento scolastico. Infatti, le ripetute assenze
rappresentano per questi bambini un elemento di frustrazione, che
impedisce loro di impegnarsi efficacemente a scuola. Un ultimo motivo
legato all’Assenteismo è il Disinteresse scolastico, presente perlopiù
in adolescenza e caratterizzato da un’assenza di motivazione per la
scuola e per tutto ciò che la riguarda. I concetti finora menzionati,
insieme alle bocciature, sono indicatori della Dispersione scolastica.
Infatti, per Dispersione scolastica si intende il processo mediante cui si
verificano ritardi, rallentamenti e uscite anticipate dal percorso
scolastico (Sempio, Gonfalonieri, Scaratti, 1999). La Dispersione
scolastica è fortemente legata al livello di soddisfazione o
insoddisfazione dello studente per l’esperienza scolastica. Infatti, lo
stare male a scuola sembra giocare un ruolo rilevante nel processo di
disimpegno dalla scuola. In una ricerca (Borca, Cattelino, Bonino, 2002),
si è voluto mettere in rilievo l’entità del disagio scolastico degli
adolescenti, misurato in termini di insuccesso e di insoddisfazione, e di
indagare quali caratteristiche dell’esperienza scolastica svolgono un
ruolo importante nei livelli di insuccesso e insoddisfazione scolastica.
L’insuccesso scolastico è stato valutato attraverso l’analisi dei
voti ottenuti dai ragazzi, inferiori alla sufficienza, e alle bocciature
lungo l’intero percorso scolastico. Infine, si è voluto osservare se
esistono delle differenze tra maschi e femmine nello stare male a scuola e
nei livelli di insoddisfazione. Dai risultati emerge come il disagio
scolastico, misurato in termini di scarso rendimento, insoddisfazione
scolastica e bocciature, riguardi un numero esiguo di adolescenti della
ricerca. Dal confronto tra le due variabili successo e soddisfazione
scolastica, emerge che la maggiore insoddisfazione scolastica è presente
tra coloro che hanno uno scarso rendimento a scuola. Il rendimento
scolastico, inoltre, correla positivamente con la valutazione positiva da
parte del soggetto delle proprie capacità scolastiche, dal livello di
soddisfazione dei propri insegnanti e dall’importanza attribuita al
successo scolastico. La soddisfazione per l’esperienza scolastica,
invece, dipende dalla percezione che lo studente ha dell’utilità della
scuola per il proprio futuro e dalla presenza di materie di studio
interessanti o meno. Sia nei maschi che nelle femmine lo scarso rendimento
scolastico è relativo a basse convinzioni di autoefficacia nel
conseguimento del successo scolastico e alla frequentazione di amici che
hanno a loro volta abbandonato la scuola. L’insoddisfazione per
l’esperienza scolastica appare legata, sia nei maschi sia nelle femmine
ad una scarsa soddisfazione per i propri insegnanti e alla percezione
della poca utilità rivestita dalla scuola e dai suoi insegnamenti per il
proprio futuro (Borca, Cattelino, Bonino, 2002). L’ABBANDONO SCOLASTICO IN ITALIA
I
dati sull’abbandono scolastico in Italia sono stati ricavati
dall’indagine realizzata dall’ Ufficio di Statistica del Ministero
dell’Istruzione 2002/2003. L’indagine è stata effettuata a
chiusura dell’anno scolastico nelle scuole statali elementari e medie
italiane (con esclusione della regione Valle D’Aosta e delle Province
autonome di Trento e Bolzano). Essa esamina il fenomeno, attraverso gli
alunni non valutati in sede di scrutinio finale. Sono stati presi in
considerazione gli alunni ritirati ufficialmente entro il 15 marzo perché
trasferiti all’estero e ritirati in “istruzione familiare” (con
esclusione di quelli trasferiti ad altra scuola), gli alunni non valutati
agli scrutini finali per aver effettuato un numero di assenze troppo
elevato, e i ragazzi che sono usciti dal circuito dell’istruzione dopo
l’assolvimento dell’obbligo scolastico senza però aver conseguito il
titolo di licenza media. Nelle scuole elementari, il dato risultante dagli
indicatori di interruzione di frequenza che sembrano configurare un
abbandono è dello 0,08%, identico a quello dell’anno 2001/02. La quasi
totalità dei casi è ascrivibile ad alunni nomadi trasferitisi o
ritiratisi senza preavviso. Per quanto riguarda le scuole medie i valori
riguardo le percentuali di abbandono scolastico sono più alti. Infatti,
nell’anno 2002/03, ha interrotto la frequenza agli studi lo 0,31% degli
iscritti. La maggiore concentrazione di interruzioni (0,20% nazionali), è
presente tra gli alunni mai frequentanti sebbene iscritti, con punte dello
0,37% nel sud (0,68% in Calabria) e dello 0,31% nelle isole. Considerando
i dati del 1992/93 per la scuola elementare, dove la percentuale è dello
0,11%, se si considerano gli alunni non valutati agli scrutini finali,
tale dato diminuisce con gli anni per arrivare allo 0,08% nel 2002/03 con
una diminuzione del tasso di abbandono scolastico dello 0,03%. A livello
territoriale si notano, però, delle differenze. Infatti, i dati più
elevati che corrispondono all’anno scolastico 1992/93, si possono
osservare nelle isole e al sud Italia, rispettivamente dello 0,23% e dello
0,17%. Tuttavia tali percentuali diminuiscono e nell’anno 2002/03 si
hanno dati dello 0,07% per quanto riguarda le isole e dello 0,08% per il
sud Italia. Al centro e al nord si evidenzia una situazione inversa,
mentre nel 1992/93 la percentuale di abbandono scolastico era dello 0,6%,
nell’anno 2002/03 si registra un aumento arrivando allo 0,9%. SCUOLA
ELEMENTARE STATALE Anni scolastici
1992/93-2002/03 Fonte:
M.I.U.R. - S.A.I.I.T. - UFFICIO DI STATISTICA - Ufficio 6° Per quanto riguarda la scuola media i dati
sull’abbandono scolastico, si basano allo stesso modo della scuola
elementare sugli alunni non valutati in sede di scrutini finali o perché
mai frequentanti, sebbene iscritti o perché hanno interrotto gli studi
senza fornire alcuna spiegazione. Nell’anno 1992/93 a livello nazionale
la percentuale di abbandono scolastico era dell’1,07%, dato che
diminuisce nel corso degli anni per arrivare allo 0,31% nell’anno
2002/03. La percentuale più alta nell’anno 1992/93 è osservabile nelle
isole e nel sud Italia, rispettivamente del 2,56% e dell’1,70% per
arrivare nel 2002/03 allo 0,55% per quanto riguarda le isole, e allo 0,59%
per il sud. Nel nord e al centro, invece, le percentuali risultano più
basse. Infatti nel 1992/93 si registra lo 0,20% di studenti non valutati
agli scrutini finali al nord, e al centro lo 0,35%. Tali dati diminuiscono
arrivando allo 0,10% al nord e allo 0,11% al centro Italia nel 2002/03 (Ferrazano
M., Cecati I., 2004). SCUOLA MEDIA
STATALE Anni Scolastici
1992/93 - 2002/03 Fonte:
M.I.U.R. - S.A.I.I.T. - UFFICIO DI STATISTICA - Ufficio 6° Per quanto riguarda l’anno 2003/04 i dati
a cui si fa riferimento sono quelli pubblicati dal M.I.U.R. (Ministero
dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca) sulla
dispersione scolastica nelle scuole statali italiane primarie e
secondarie, con esclusione della regione Valle D’Aosta e delle Province
autonome di Trento e Bolzano. La ricerca (M.I.U.R. 2003/04), prende in
considerazione gli alunni non valutati agli scrutini finali sia per la
scuola primaria, sia per quella secondaria di 1° e 2° grado. I risultati
evidenziano come il fenomeno dei “non valutati” nella scuola primaria
è a livelli molto contenuti e costanti nel tempo. Infatti, se nel 1999/00
il fenomeno riguardava lo 0,1% degli studenti, nel 2003/04 la percentuale
rimane più o meno costante a livello nazionale. Per quanto riguarda la
scuola secondaria di 1° grado si nota che nel 2003/04 la percentuale è
dello 0,4%, una diminuzione dello 0,2% rispetto alla percentuale di alunni
a dispersione del 1999/00 (0,6%). Diverso è invece il discorso della
scuola secondaria di 2° grado, dove la percentuale di alunni non valutati
agli scrutini finali sembra aumentare. Infatti, mentre nel 1999/00 era
dell’1,8%, nel 2003/04 arriva al 2,1%. Se si considera l’anno di corso
in cui i ragazzi abbandonano più frequentemente la scuola, si osserva
come nella scuola primaria la percentuale più alta è a livello del primo
e dell’ultimo anno di scuola. Per la scuola secondaria di 1° grado la
dispersione maggiore è al secondo anno, e per la scuola secondaria di 2°grado
si osserva come la percentuale più alta è a livello del primo anno. Ciò
sta a significare che i ragazzi delle scuole superiori lasciano con più
frequenza la scuola al primo anno. Un ultimo dato riguarda la ripartizione
territoriale la quale conferma che nel 2003/04, l’abbandono scolastico
è più presente nelle isole rispetto al sud, al centro e al nord. Nella
scuola secondaria di 1° grado la percentuale nelle isole è dello 0,9%,
al sud dello 0,7%, al centro e al nord dello 0,3% e dello 0,2%. Nella
scuola secondaria di 2°grado la percentuale nelle isole è del 3,5%, al
sud del 3,4%, al centro del 1,0%, al nord dell’1,1%. Nella scuola
primaria anche se la percentuale di dispersione è molto bassa, si
evidenzia una lieve differenza a livello territoriale. Infatti, mentre
nelle isole e al centro la percentuale è dello 0,2%, al nord e al sud
tale percentuale rispecchia quella presente a livello nazionale che è
dello 0,1% (M.I.U.R., 2004). CAUSE DELL’ABBANDONO SCOLASTICO Generalmente i
fattori di rischio che sembrano favorire l’abbandono scolastico sono
riconducibili a motivi di tipo socioambientali, familiari e personali del
soggetto. I fattori di rischio socioambientali possono essere legati a
degrado del tessuto sociale e a fenomeni di marginalità e di esclusione.
Tuttavia, nonostante tali fattori hanno una notevole importanza nel
determinare il fallimento o il successo scolastico del soggetto, è bene
considerare che vi sono situazioni di bocciature e di ritardi nel circuito
scolastico anche in contesti agiati senza nessuna condizione di marginalità
sociale. Tra i fattori familiari sono fattori di rischio, oltre
all’indigenza economica, anche le basse aspettative che i genitori hanno
nei confronti dei loro figli e la scarsa importanza che viene data alla
scuola e il limitato coinvolgimento nelle attività scolastiche dei propri
figli. Inoltre, una variabile non meno importante da considerare è il
basso livello di scolarizzazione dei genitori. Si è visto (Caprara,
Gerbino, 2002), che la maggior parte dei genitori di ragazzi che
sperimentano almeno una bocciatura, hanno un titolo di studio non
superiore alla licenza media e appartengono a ceti sociali più bassi.
Il basso livello scolastico dei genitori influenza anche la scelta
scolastica futura del proprio figlio. Infatti dai dati del Censis
(1994-95), emerge che tra gli studenti del liceo classico del quinto anno,
il 43,6% ha il padre laureato, l’11,1% ha il padre con licenza media e
solo il 6,2% ha il padre in possesso della licenza elementare. Tra gli
studenti dell’istituto tecnico del quinto anno, invece, solo il 6% ha il
padre con la laurea, il 23% ha il padre con la licenza media e il 25% con
la licenza elementare (Sempio, Gonfalonieri, Scaratti, 1999).Il contesto
familiare è di notevole importanza per la crescita del ragazzo. In una
ricerca (Menesini, Tani, 2001), si è voluto osservare quale era il ruolo
della famiglia nell’incidenza di sintomi di malessere nei figli in età
evolutiva che naturalmente, incidono sul rendimento scolastico. I
risultati hanno evidenziato che i sintomi di malessere, tra cui disturbi
della condotta prevalentemente nei maschi, e sintomi di somatizzazione e
depressione nelle femmine, correlano con la percezione che i ragazzi hanno
della propria famiglia. Infatti, i ragazzi con sintomi di malessere hanno
una percezione della propria famiglia di eccessivo controllo e rigidità
con difficoltà di comprensione e di supporto verso i membri. Lo stile
autoritario dei genitori, orientati a mantenere il potere sui figli e ad
essere poco sensibili ai loro bisogni, comporta dunque rabbia e
aggressività nei confronti di coetanei, ma anche sintomi di ansia e
depressione che vengono manifestati soprattutto in una situazione di
classe e che incidono poi sul rendimento scolastico. E’ bene considerare
che sia un eccessivo controllo da parte dei genitori, sia un’assenza di
controllo sono correlati all’emergere di comportamenti antisociali e di
disturbo nell’età scolare. Invece, un ideale positivo della propria
famiglia da parte del ragazzo, in relazione al senso di coesione e di
protezione tra i membri, influenza in modo positivo il profitto a scuola e
rappresenta, perciò, un fattore di protezione per il ragazzo. Tra i
fattori personali che incidono sull’abbandono scolastico, si può
considerare il disagio che il soggetto prova nello stare nel proprio
ambiente scolastico, relativo a difficoltà di relazione con i propri
compagni. Sembra che l’andare bene a scuola sia un fattore di protezione
che consente, ai ragazzi con difficoltà relazionali, di recuperare
consensi nel gruppo dei pari. Al contrario l’avere difficoltà
scolastiche è correlato anche ad avere difficoltà relazionali
all’interno della classe, o perché il soggetto tende ad isolarsi
attivamente o perché viene ad essere escluso dagli altri, contribuendo
maggiormente alla situazione di disagio del soggetto (Amodeo, Bacchini,
2002). I ragazzi che hanno ripetuto un anno scolastico, vengono percepiti
dai compagni più aggressivi e per questo meno preferiti socialmente. Un
altro elemento importante considerato fattore di rischio per l’abbandono
scolastico è il mancato senso di autoefficacia personale. Infatti gli
adolescenti che giungono in ritardo a completare la scuola dell’obbligo,
a causa di una bocciatura, sono convinti di essere meno capaci dei loro
compagni rispetto alle proprie capacità scolastiche. Sicuramente il senso
di inadeguatezza, riscontrato in questi soggetti relativo alle proprie
capacità, è strettamente connesso poi al basso rendimento scolastico
futuro del soggetto (Caprara, Gerbino, 2002). IL MENTORING
Il
Mentoring è un tipo di
relazione uno ad uno che si istaura tra un ragazzo che incontra delle
difficoltà durante il suo percorso di crescita, definito Mentee, e un
adulto con maggiore esperienza, ovvero il Mentor. L’idea su cui si basa il modello Mentoring
è quella di prevenire e ridurre la dispersione
scolastica, e favorire una maggiore autostima nei ragazzi coinvolti
nel progetto. La maggiore fiducia in se stessi è fonte di arricchimento
per il soggetto. Essa gli consentirà in futuro di compiere scelte
consapevoli e di competere positivamente nel mercato del lavoro. Inoltre
influenzerà anche il rendimento scolastico, che dipende largamente dal
senso di efficacia personale (Bandura, 1997). La presenza accanto
al giovane di un adulto esterno alle dinamiche scolastiche e familiari,
gli permette di osservare la realtà sotto punti di vista differenti da
quelli proposti da genitori e insegnanti, e di maturare anche una certa
autonomia rispetto alle proprie idee. Inoltre tale presenza permette al
ragazzo di aprirsi nei confronti nel mondo adulto, spesso percepito in
maniera distorta. Il Mentor rappresenta per il Mentee un “amico
scolastico”, in quanto l’incontro tra i due avviene a scuola, a
termine delle normali lezioni. L’abbinamento tra Mentor e Mentee non è
casuale, ma viene scelto sulla base delle similitudini presenti tra i due,
per facilitare la relazione. Inoltre si tiene conto anche delle
motivazioni personali, della disponibilità agli incontri e della
consapevolezza del compito che si deve affrontare. Nel Mentoring la
motivazione è molto importante, in quanto permette al Mentee di
impegnarsi per trovare le soluzioni ai suoi problemi con l’aiuto del
Mentor, e permette ad entrambi di perseguire gli scopi concordati
all’inizio del progetto. E’ importante inoltre che il Mentee apprezzi
il Mentor per il tempo e l’impegno dedicatogli. Tale elemento favorirà
una maggiore partecipazione da parte del ragazzo (Felice, Delai, De
Vincentis, Araldo, 2004). L’obiettivo del Mentoring è quello di
offrire, attraverso la relazione one-to-one, un aiuto a quei ragazzi che
mostrano un approccio allo studio caratterizzato da scarsa motivazione,
apatia, difficoltà relazionali e disinteresse per tutto ciò che concerne
il contesto scolastico. E’ importante che il Mentee non abbia disagi
psichici e che sia normodotato. Infatti i ragazzi con problemi specifici
non possono partecipare al programma, in quanto necessitano di un
intervento mirato e specialistico, che il Mentor non gli può fornire. Il
Mentor non è un terapeuta ma un volontario che ha come unica fonte di
aiuto la propria esperienza di vita quotidiana. I Mentori provengono dal
mondo del lavoro, dalla comunità locale, da associazioni di volontariato,
dagli ultimi anni delle scuole secondarie e dalle università, in
particolare dalle facoltà di Scienze dell’Educazione e svolgono attività
di tirocinio all’interno della scuola, riconosciuta in termini di
crediti formativi. In Italia il Mentoring viene introdotto ufficialmente nel 1998, di cui
l’Associazione Mentoring Usa/Italia ne è espressione e si rivolge a
studenti di età compresa tra i 7 e i 16 anni, che frequentano le scuole
di primo e di secondo grado. In realtà la prima esperienza significativa
di Mentoring fu lanciata nel
1987 nello Stato di New York da Matilda Raffa Cuomo, moglie dell’ex
governatore dello Stato di New York Mario Cuomo. L’obiettivo del
New State Mentoring Program
era quello di incoraggiare i ragazzi a restare a scuola attraverso delle
strategie efficaci, che contrastassero il fenomeno dell’abbandono
scolastico. CARATTERISTICHE
DEL MODELLO MENTORING USA/ITALIA
Il progetto
Mentoring Usa/Italia,
prevede la partecipazione di diverse figure: il
Mentee; il
Mentor; il Coordinatore/ insegnante scolastico;
il Referente sviluppo e programma (spesso
psicologo); il Dirigente scolastico (scuole di I e II
Grado); il Supervisore del progetto ( psicologo).
Il
Mentee è uno studente della
scuola nella quale si attua il modello. Egli presenta disagi scolastici,
familiari o relazionali, e dunque è un soggetto a rischio di dispersione
scolastica. Il Mentor è un volontario che proviene sia dal mondo
scolastico (studente dell’ università o degli ultimi anni delle scuole
superiori), sia dal mondo del lavoro. Il suo compito è quello di
sostenere e aiutare il Mentee durante il suo percorso di crescita, a
sviluppare le proprie potenzialità. Il Coordinatore/insegnante scolastico,
è un docente della scuola nella quale si attua il modello, e viene
nominato dal Dirigente scolastico, preside della scuola. Il suo ruolo è
quello di supportare i Mentori e di rappresentare il loro riferimento
all’interno della scuola. Inoltre aiuta il Mentor a coordinare le
attività e a definire gli obiettivi da conseguire. Il Coordinatore ha
anche il compito di contattare i genitori dei Mentee, fornirgli le
informazioni necessarie alla conoscenza del progetto, e avere il loro
consenso scritto che permetterà al proprio figlio di partecipare al
progetto Mentoring. Un altro compito del Coordinatore è quello di
mantenere costantemente i rapporti tra l’Associazione Mentoring,
il Mentor, il Mentee e la sua famiglia. Il Referente sviluppo e
programma è l’esperto di Mentoring e rappresenta
l’associazione Mentoring nella scuola, in quanto è il
Responsabile del progetto. Spesso è psicologo o dottore in Scienze
dell’Educazione. Egli segue le diverse fasi del progetto dall’inizio
fino al termine, che coincide generalmente con la fine dell’anno
scolastico. La sua presenza è di notevole importanza all’interno del
Piccolo Gruppo (Terza fase dell’articolazione settimanale del
modello Mentoring Usa/Italia), quando i Mentori si incontrano per
discutere su eventuali difficoltà presenti nella relazione con i propri
Mentee. Il supporto dello psicologo permette ai Mentori di trovare delle
possibili soluzioni per il superamento delle difficoltà. Il Referente a
sua volta viene supportato dal Supervisore del progetto, psicologo
che lo aiuta da un punto di vista morale. Anche se non direttamente
coinvolti, i genitori del ragazzo hanno un’importanza notevole
all’interno del progetto Mentoring. Il loro interesse per il
programma rappresenta un elemento positivo che permette al ragazzo di
avere maggiori possibilità di beneficiare dell’intervento. E’
importante che questi vengano informati adeguatamente sul progetto e sui
benefici che esso può dare ad un ragazzo, in questo modo è più facile
che non abbiano dubbi nel dare il loro consenso per farvi partecipare il
proprio figlio. La scelta del potenziale Mentee viene effettuata dal
Coordinatore con l’aiuto di altri docenti della classe, sulla base di
alcune caratteristiche possedute dal ragazzo. Alla scelta del potenziale
Mentee, segue una ulteriore selezione dei Mentee da inserire nel progetto.
Tale selezione viene effettuata dal Referente e dal Coordinatore del
progetto. I fattori che individuano un potenziale Mentee sono le difficoltà
scolastiche e psicosociali o i
problemi di natura familiare che incidono sul rendimento scolastico. Nel Mentoring
non vengono inclusi i bambini che presentano disagi psicologici, per i
quali è previsto un intervento specialistico. Alla scelta del Mentee
segue l’abbinamento con il corrispettivo Mentor, deciso dal Coordinatore
e dal Responsabile del progetto, sulla base di interessi comuni
evidenziati in un’apposita scheda di rilevazione di interessi, abilità
e competenze di entrambi, compilata
dai docenti della scuola. Il Mentor viene selezionato e formato al suo
futuro ruolo dal Referente del programma. Una volta effettuati tutti gli
l’abbinamenti Mentee/Mentor della scuola e consegnato il relativo
elenco al Referente del programma, si fissa il giorno della cerimonia di
apertura, alla quale parteciperanno tutte le persone coinvolte nel
progetto, e si darà inizio agli incontri settimanali nei quali ogni
Mentee incontrerà il proprio Mentor. Ogni incontro avrà una durata di
due ore e mezzo circa e continuerà per l’intero anno scolastico. Ad
ogni incontro il Mentor avrà la funzione di compilare un Diario, dove
annoterà tutto ciò che riguarda la relazione con il Mentee.
Periodicamente il Coordinatore dovrà compilare la relazione da presentare
al Responsabile del Progetto, nella quale riporterà informazioni sui
Mentee, sui Mentori, e sulla loro relazione, ed eventualmente anche sulle
rispettive famiglie dei ragazzi. A fine anno il Coordinatore incontrerà i
Mentori, i quali compileranno la scheda di valutazione del Mentee, che
servirà al Coordinatore per raccogliere informazioni sul ragazzo e per
stendere una relazione finale da consegnare al Responsabile del progetto.
In questo modo si potrà osservare se il progetto ha apportato cambiamenti
e se il ragazzo ha beneficiato dell’intervento annuale.[1][1]
ARTICOLAZIONE SETTIMANALE DELL’INTERVENTO
Le attività svolte settimanalmente
all’interno del modello Mentoring Usa/Italia non seguono un
percorso stabilito precedentemente, ma si decidono al momento stesso
dell’incontro. In particolare si affrontano delle questioni relative ad
argomenti proposti sia dai Mentee sia dai Mentor. Gli argomenti sui quali
si discute nel rapporto one-to-one possono riguardare tematiche inerenti
le difficoltà a scuola, la relazione con l’adulto (in particolare con
genitori o insegnanti) e le relazioni con i pari. L’articolazione
dell’intervento settimanale si suddivide in tre momenti: 1) Prima di
discutere tra loro, il Mentor e il Mentee, si riuniscono nel Grande
Gruppo in presenza del Coordinatore e del Referente scolastico e
insieme, discutono su una tematica. Questo momento facilita sia la
comunicazione tra i membri, sia l’emergere di alcuni contenuti
importanti. Inoltre permette l’osservazione delle modalità relazionali
e conflittuali del Mentee all’interno del gruppo, che probabilmente sono
presenti anche all’interno del gruppo classe. 2) Successivamente Mentee e Mentor
continuano a discutere dell’argomento in un rapporto uno ad uno (metodo
one-to-one), e quest’ultimo porterà il Mentee a verbalizzare le
sue impressioni sull’argomento, favorendo attraverso la riflessione,
l’apprendimento di strategie volte alla risoluzione del problema. In
questa fase il Referente e il Coordinatore assumono la posizione di
osservatori silenti. Un
esempio di processo di apprendimento del Mentee è quello del “Semaforo”[2][2]
nel quale il
Mentor aiuta il Mentee ad affrontare una situazione a connotazione
negativa o positiva distinta in tre fasi.Il modello permette al Mentee di
riflettere sulla propria esperienza e di immaginare le soluzioni possibili
scaturite da se stesso. ·
Nella
prima fase, definita POSIZIONE IO, il Mentee è aiutato dal Mentor a
tirare fuori un’esperienza negativa vissuta. ·
Nella
seconda fase, definita POSIZIONE TU, il Mentee è aiutato dal Mentor ad
immedesimarsi nell’esperienza vissuta dall’altra persona (per esempio
l’aggressore o la persona aggredita). ·
Nella
terza fase, definita POSIZIONE ALTRO, il Mentee è aiutato dal Mentor a
far dire ad una terza persona immaginata o reale, ma non presente, le
soluzioni possibili per risolvere il conflitto. In ogni fase il Mentor
anziché suggerire al Mentee cosa fare, gli restituisce il ricordo di una
simile esperienza vissuta, rappresentando in questo modo un modello
positivo per il ragazzo. 3) Terminato il
momento one-to-one, tutti i Mentori della scuola si riuniscono nel Piccolo
Gruppo in presenza del Referente del Progetto e del Coordinatore
scolastico. In questa ultima parte del modello emergono le problematiche e
le difficoltà relazionali che i Mentor hanno con i rispettivi Mentee e,
con l’aiuto del gruppo, si cerca di risolverli (Giacalone, 2005). BIBLIOGRAFIA Ammaniti M.,
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Press, New York, pp. 38-51. Sempio O.L., Confalonieri E., Scaratti G.,
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