ODISSEA NELLA SCUOLA. Modelli educativi si interrogano sui comportamenti provocatori di molti giovani d’oggi Barbara
Rossi e Bruna Brignoni
Reggio
Emilia: espulsa dalla scuola superiore
perché troppo difficile Bologna:
da 1 mese l’insegnante costringeva Giulia ad utilizzare il bagno dei
maschi perché troppo vivace USA:
insegnante chiama la polizia e fa arrestare Ivonne, 6 anni, bimba troppo
aggressiva a scuola Il
Ministero degli Interni Britannico: I delinquenti? Si vedono già a 3
anni. Fatti
di cronaca e dichiarazioni estrapolate tra le tante, registrate nel corso
del 2005, ormai cadute nel dimenticatoio. Eppure sono di estrema attualità.L’istituzione
scolastica è un luogo di osservazione privilegiato, perché dopo ed
insieme alla famiglia rappresenta il contesto dove si formano e crescono
gli uomini e le donne di domani, dove si acquisiscono valori, regole, dove
si sperimentano i primi scambi con gli altri.Quindi un contesto caricato
di forti aspettative.Sempre più spesso si vedono bambini e ragazzi
mettere in atto comportamenti di “disturbo”, di tipo oppositivo
provocatorio, e sempre più spesso si osserva la difficoltà dell’adulto
di farvi fronte.Bambini che leggono giornali pornografici in classe,
ragazzi che rispondono agli insegnanti oltre che ai genitori, altri che
passeggiano durante la lezione, ecc.Questi ragazzi si mostrano in
difficoltà o incapaci ad adeguarsi alle richieste della scuola in termini
di regole, di esecuzione del lavoro nei tempi e nei modi stabiliti dai
programmi.Ci sono adulti che scelgono strategie lassiste (sopportiamo e
speriamo che passi presto!), altri che adottano modalità di comprensione
(io sì che ti capisco!), altri che optano per l’attuazione di misure di
carattere punitivo e repressivo.Meglio essere severi e imporsi o essere
permissivi e morbidi?
Chiedono genitori, insegnanti, educatori.E’ evidente che nessuno di
questi metodi in sé può funzionare Sono cattivi i bambini? Sono
inadeguati gli adulti? Sono le istituzioni che sbagliano?Come spesso
accade, un problema complesso richiede una comprensione di ampio respiro e
soluzioni complesse.Spesso quando il bambino o il ragazzo è “fuori
schema”, la conseguenza è la richiesta al clinico di un’etichetta
diagnostica di malattia o disturbo. Ma non è certo dicendo che è malato
che risolviamo il problema! E’ difficile darsi la possibilità di
comprendere i bisogni e il messaggio comunicativo nascosto nel
comportamento disadattato o non integrato.Il rischio è di negare la
legittimità dell’ esprimere i propri bisogni nell'unico modo possibile
per questi giovani, cioè con un comportamento non integrato.L'
impostazione psicoanalitica ha il merito di aver superato l 'approccio
classificatorio per porre al centro dell'attenzione il soggetto, la sua
realtà interna, il suo contesto di vita familiare e relazionale.Questa
visione permette di evidenziare che spesso questi bambini o ragazzi non
hanno fatto l’esperienza positiva di una figura genitoriale stabile,
continuativa, rassicurante che consenta di tollerare l'ansia
dell’attesa, l’angoscia della rinuncia, la rabbia della perdita.Si
tratta inoltre di bambini ipersensibili, fragili, in cui le emozioni e i
vissuti relazionali hanno un forte impatto, un notevole eco.Il ragazzo si
sente sbagliato. I genitori, gli insegnanti si sentono spesso a disagio e
in colpa se non riescono ad aiutare come vorrebbero. Non c’è sintonia
tra domande e richieste.Un tempo la presenza di una rete di relazioni
significative allargata permetteva più facilmente di trovare risorse
capaci di ascoltare e rispondere ai bisogni più profondi e difficili da
codificare dei minori. Questo permetteva ai minori di trovare più
facilmente la strada per esprimere le loro risorse.Attualmente,
l’impotenza e la solitudine insieme a forti sollecitazioni di
normalizzazione, spesso fanno scattare reazioni di forza, di potere, come
la ricerca di un colpevole da punire…o al contrario risposte
deresponsabilizzanti.Non è facile per nessuno trovare il proprio spazio
d’azione e sperimentare ciò che è possibile sperimentare.Il dramma è
che spesso accade che anche gli adulti si colpevolizzino tra loro, a
scapito dei minori, che vedono così svanire la possibilità di recuperare
un clima rassicurante e propositivo.Da situazioni di impasse che generano
sofferenza come queste, si esce se ognuno si assume la responsabilità del
proprio ruolo, consapevoli che ci si muove all’interno di un contesto
che diventa sempre più complesso e articolato, dove si incrociano
esigenze diverse. Per questo motivo è anche necessario assumere un
vertice di pensiero più ampio, che possa raccogliere, mediare
ed integrare i diversi
aspetti in gioco: le esigenze del minore, il contesto sociale, culturale e
affettivo della famiglia, la scuola coi suoi ritmi, le sue tolleranze e le
sue norme.Per questo è cruciale la figura dello psicologo scolastico, in
collaborazione con insegnanti e genitori.Occorre dunque una faticosa
operazione di costruzione di un apparato di comprensione, che permetta
infine di intercettare e dare voce a questo impasse e alla sofferenza
connessa, senza identificarsi con la semplice posizione di un individuo, o
dell' insieme generico degli individui.Superare
le difficoltà per trasformarle in risorse e ricchezza collettiva.
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