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ALCUNE CONSIDERAZIONI SUL PROBLEMA DELL’ORALITA’

Antonio Fiorito 

 

Nella concezione freudiana, “l’oralità” viene definita uno stadio, ovvero una fase dello sviluppo dell’individuo e più precisamente la prima della tre fasi  le cui due successive sono, la fase anale e quella genitale. In questa sede, vorrei soffermarmi, sulle problematiche legate alla bocca e ad alcuni disturbi della personalità nella vita adulta ad essa legati, secondo il principio delle teorie di W. Reich, determinati dalla ‘fissazione’ alla fase orale. Il Prof. Federico Navarro, medico psichiatra e psicoterapeuta, fondatore del movimento reichiano in Italia, così precisava, “…essendo la bocca in funzione dell’oralità, tutte le malattie ad essa legate, hanno a che vedere con l’oralità…”. Infatti, estremamente diffuse sono le patologie che interessano il cavo orale: basti pensare all’altissima incidenza delle affezioni odontostomatologiche oltre ad altre patologie più o meno gravi  per poter avere un’idea dell’ampiezza di tale problema. C’è, tra l’altro, da fare un’ulteriore considerazione, pare che la maggior parte delle persone affette da disturbi della sfera psichica, abbia delle problematiche legate ad una ‘fissazione’[1] alla fase orale e nonostante quest’ultima potrebbe non essere la fissazione prevalente, si possono trovare tracce in quasi tutti i soggetti che si sottopongono a trattamento di psicoterapia. L’enorme diffusione di questa problematica  è, a mio avviso, da attribuire in gran parte al cattivo rapporto che il bambino ha avuto con la madre. E’ noto che la bocca, per un neonato, è il primo organo mediante il quale entra in contatto sensoriale e conoscitivo con il mondo esterno. La bocca, oltre a svolgere il ruolo di tramite per tali contatti assolve ad una funzione altrettanto importante e cioè quella della suzione e dell’ingestione di cibo. In questo caso, molto più significativa della quantità, è la qualità del rapporto madre figlio. Attraverso la suzione il bambino non soddisfa solo bisogni alimentari, ma instaura quel particolarissimo legame con la madre fatto di trasmissione di amore, sicurezza e tenerezza. Purtroppo, in alcuni casi questo tipo di rapporto non s’instaura facilmente a causa di possibili disturbi legati alla sfera psichica materna, per cui il figlio non riceve cure adeguate ovvero la sicurezza e l’affetto di cui ha bisogno. Oltre alle problematiche generate da un cattivo rapporto madre-figlio, è da tener presente l’enorme condizionamento psicologico che la società attuale ha sull’individuo. Questa società basata sull’immagine, sull’estrema competitività, tende a creare personalità con spiccate tendenze narcisistiche. Siccome, però, la posizione narcisistica, è quasi sempre di copertura, accade che il soggetto, subita una frustrazione sul versante della competitività, si trovi a regredire in una posizione francamente orale, e ad un occhio esperto, non sfugge, in tal caso di osservare nella persone coinvolte tratti depressivi. Ciò dimostra che uno dei meccanismi di difesa maggiormente diffuso, è quello della   regressione orale. Un individuo, di solito, risponde ad una frustrazione con una regressione orale, cercando nel cibo quella soddisfazione altrimenti negata dagli eventi esterni. A proposito di cibo, è abbastanza frequente riscontrare tra gli obesi note di tipo depressive. E’ bene, però ricordare che tutto ciò che si manifesta nelle persone in età adulta, le reazioni che riguardano la sfera psichica, oltre ad essere frutto di fattori contingenti, esse affondano le radici  nella storia personale di ognuno. Vale a dire che il nostro comportamento in età adulta, è fortemente condizionato dalla nostra esperienza personale avuta con le figure affettivamente significative presenti nella nostra infanzia e soprattutto, come già accennato sopra, con la figura materna. A proposito di rapporto con il cibo, vorrei citare brevemente la mia esperienza in una ricerca effettuata presso il Centro di Unità Coronaria di un Ospedale di Napoli. Si trattava di una ricerca sulla condizione psicologica di pazienti post infartuati. Il campione era composto da quaranta soggetti di sesso maschile di età compresa tra i 45 e i 60 anni. Ebbene, circa l’80% di questi soggetti, superata la fase critica e in procinto di essere dimissionati, chiedevano ai medici se potevano continuare a fumare e che tipo di dieta alimentare potevano seguire. Soltanto il 20% pose domande circa la possibilità di continuare ad avere rapporti sessuali con le proprie partners. La maggiore preoccupazione per queste persone era, quindi,  legata al soddisfacimento dei bisogni orali piuttosto che cercare gratificazioni che coinvolgessero la sfera sessuo-affettiva adulta.  Naturalmente bisogna considerare che in questo tipo di pazienti si può osservare, durante la fase di convalescenza, una regressione ad una posizione depressivo-orale dovuta alla frustrazione subita a causa del cambiamento di status: da persona sana, attiva a persona malata. La regressione ad una posizione orale, porta il soggetto a riattivare quelle ‘richieste’ tipiche del bambino che in origine coinvolgono la sfera orale e aggiungerei affettiva in maniera ampia e non solo, come sopra detto, in relazione al cibo. L’imprinting, il ricordo, però, sono legati al soddisfacimento di tipo materiale, cioè attraverso l’alimentazione. Purtroppo, ancora oggi, molte mamme ‘leggono’ le irrequietezze, i pianti dei loro bambini legati alla fame, per cui essi vengono sistematicamente ingozzati di cibo al minimo lamento. I bambini piccoli, purtroppo non parlano e si esprimono con il pianto, chissà se invece del cibo, non basterebbe prenderli in braccio, coccolarli, amarli. In fondo il loro bisogno primario è  proprio quello di essere amati.

 

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