E
chi lo dice? La gggende...
di Paola Locci
In
psicologia, uno dei cosiddetti errori cognitivi più diffusi è l’ipergeneralizzazione,
quel fenomeno per cui un evento, o un comportamento, o un’esperienza,
vengono visti non come appunto un singolo evento, o comportamento, o
esperienza, ma rappresentativi di una situazione generalizzata,
universale.
Un’ipergeneralizzazione è, ad esempio, affermare che l’autobus 81 è
sempre affollato, dopo averlo preso una sola volta. Che il tal de tali è
sempre scorbutico, avendolo incontrato solo ad una riunione condominiale.
Che a teatro ci si annoia sempre, perché si è incappati in un unico
spettacolo noioso.
Come accade per molti meccanismi psicologici assai diffusi, soprattutto se
evidentemente irrazionali, andrebbe ricercato il “vantaggio” che
ne consegue: in questo caso, è il tentativo – illusorio - di dare forza
a convincimenti che altrimenti non ne avrebbero alcuna.
L’ipergeneralizzazione viene spesso applicata a se stessi: ho beccato
una bocciatura, quindi sono stupido. Una ragazza mi ha detto no, quindi
non valgo nulla. Non sono simpatica alla mia collega, quindi non piaccio a
nessuno. O viceversa, per gli ultrasicuri di sé, se mi è andato bene un
esame, mi andranno bene tutti. La mia ragazza l’ho conquistata con uno
sguardo, sono un gran figo, mi cadranno tutte ai piedi. E così via.
L’ipergeneralizzazione è parente stretta del pregiudizio;
in definitiva un pregiudizio è l’ipergeneralizzazione di un’opinione
non necessariamente individuale, ma anche e principalmente di un’idea
collettiva. Ad esempio, come tutti
sanno, gli irlandesi sono irascibili, gli scandinavi sono depressi, gli
italiani sono... italiani. Se poi incontriamo un irlandese calmissimo, un
finlandese euforico o un italiano che non sembra italiano, facciamo fatica
ad ammetterlo e parliamo subito di “sui
generis" o di "eccezione che
conferma la regola”. Ma quale regola?
Sia nel caso della fustigazione o della celebrazione di se stessi, così
come nel caso del pre-giudizio sugli
altri, generalizzare fornisce un eccellente pretesto per evitare il
faticoso impegno di mettere in discussione,
ed eventualmente modificare, le proprie convinzioni.
Il problema si complica ulteriormente quando l’ipergeneralizzazione
viene operata su opinioni o esperienze da parte di un gruppo,
più o meno numeroso, i cui componenti, non si sa quanto in buona fede, si
persuadono e vogliono persuadere che la propria idea o esperienza sia
molto più estesa di quanto in realtà sia. Tipico è, ad esempio,
l’atteggiamento di chi, avendo vissuto con grande intensità un
particolare momento sociale, è convinto che il mondo intero vi abbia
partecipato e sembra non accorgersi di tutti quelli che o non hanno
partecipato o sono stati addirittura contrari. Quasi che la passione e
l’entusiasmo riversati sulla causa possano magicamente moltiplicare il
numero degli adepti. E’ il caso delle manifestazioni, politiche e non,
che ambirebbero a dimostrare l’universalità
del messaggio - da cui la battaglia delle cifre - ma che in
concreto non tengono mai conto dei non-partecipanti,
quasi sempre in numero assolutamente prevalente rispetto ai partecipanti.
Scatta a questo punto l’attribuzione arbitraria di idee e opinioni a
intere collettività che di fatto non hanno espresso alcuna idea o
opinione, né pro, né contro. Allora si sentono frasi assurde come “tutti
gli italiani...” o “il mondo
studentesco...” o, massimamente irrazionale, “la
gente...”
I meno giovani, ma anche i giovani cinefili, ricorderanno senz’altro
l’esilarante Tina Pica che, a Vittorio De Sica che chiede “e
chi lo dice?”, risponde con la sua voce cavernosa e lo sguardo
minaccioso: “la gggende...”,
dimenticando il piccolo particolare che ciò di cui la gggende parla si
svolge in un minuscolo paesino di poche anime, e di queste nemmeno tutte
interessate alla faccenda.
In un certo senso anche le statistiche
sono una forma di generalizzazione, ma se vengono gestite seriamente, le
raccolte di dati a campione e altri sofisticati e complessi procedimenti
tecnici dovrebbero, in tutto o in parte, ovviare ai ben noti inconvenienti
(si potrebbe ora tirare in ballo il classico esempio
del pollo, ma non mi sembra il periodo adatto...). In ogni caso
anche le statistiche, come si dice, andrebbero prese con le molle.
Figurarsi le affermazioni tipo “la gente
pensa...”.
Eppure l’ipergeneralizzazione è estremamente frequente, sia a livello
individuale che collettivo, quasi che parole come “tutti”,
“sempre”, “nessuno”,
“tutto il mondo”, avessero il
potere di rassicurare e offrire certezze
e garanzie - talvolta pretesti
e giustificazioni - non altrimenti
conseguibili, a sostegno di convinzioni e asserzioni traballanti.
E, una volta di più, la mente individuale si avvicina alla mente
collettiva, la psicologia si avvicina
alla sociologia, e l’affascinante
osservazione dei meccanismi mentali, per gli addetti ai lavori e per
semplici appassionati, continua...
P
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