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La fine di un sogno

 Andrea S.

 

Nell’agosto del 2004 mi trovavo a Cattolica a passare una normalissima vacanza dalla quale non mi aspettavo nulla di particolare, se non di staccare semplicemente la spina dalla faticosa, e stressante, routine che si vive a Roma. Ero in compagnia dei miei cugini con i quali i rapporti non erano proprio “armoniosi”. Insomma mi preparavo a vivere una banale vacanza, una di quelle che alla fine non vorresti mai ripetere, invece…, invece ho incontrato Virginia. Il nostro incontro è stato del tutto casuale, anche se a dire la verità lei mi ha colpito fin da subito, il primo giorno che l’ho vista in spiaggia. Nel suo sguardo leggevo tutta l’ingenuità del mondo, nei suoi occhi vedevo la dolcezza più profonda. Pensavo che il destino mi giocasse un altro brutto scherzo quando Virginia mi disse che sarebbe ripartita il giorno seguente, sarebbe tornata a casa sua, nella lontana Lecco. Eppure tra noi s’instaurò un legame profondo sin da subito, nonostante ci conoscessimo solo da poche ore, c’era un qualcosa che mi diceva che non sarebbe finita lì. Cominciammo a sentirci per telefono, lei a Lecco ed io ancora a Cattolica, ed entrambi eravamo tristi per non aver potuto passare un po’ più di tempo insieme. Ma a volte la vita ci fa anche dei regali inaspettati, e quasi per magia Virginia tornò a Cattolica con suo padre e i suoi fratellini. Io non potevo essere più felice, ho capito dal primo giorno che lei è tornata, che come avrebbe cambiato la mia vacanza, avrebbe cambiato la mia vita. Abbiamo passato undici giorni meravigliosi, nei quali ho concentrato emozioni mai provate, sensazioni mai conosciute prima. Mi sono innamorato pazzamente di lei, come ci s’innamora delle cose più belle, era incredibile aver trovato un’intesa così perfetta con una persona che si conosceva da così poco tempo.  Passavamo quasi ventiquattro ore su ventiquattro insieme, gli unici momenti in cui non eravamo insieme, erano quando ognuno di noi doveva tornare nel proprio albergo a mangiare. Quelli erano gli unici momenti che avevo per riflettere, per capire che razza di regalo mi aveva fatto la vita. Ma erano anche momenti di grande sconforto, perché sapevo che prima o poi sarebbe arrivato il momento di salutarci, e la sola idea mi faceva disperare. Non mi riuscivo più ad immaginare la mia vita senza di lei, perché avevo capito che Virginia era diventata ciò che avevo sempre cercato, e in ventitre anni non avevo mai trovato. Lei era l’amore. Al momento dei saluti abbiamo cercato di farci forza, ci ripetevamo che ci saremmo sentiti ogni giorno, che ci saremmo scritti, che ci saremmo rivisti. Queste potevano sembrare frasi di circostanza, ma io sapevo che avrei rivisto i suoi occhi un giorno, perché da quel momento i miei sogni avevano finalmente un nome: quello di Virginia. Tornati nelle proprie città, lei a Lecco io a Roma, abbiamo iniziato la seconda fase del nostro rapporto, ora eravamo tornati nelle nostre realtà e nessuno di noi sapeva come sarebbe stato sentirci solo per telefono. Ci sentivamo ogni giorno, ci mantenevamo in continuo contatto con gli sms, e la sera poi facevamo delle telefonate lunghe ore, nelle quali ci raccontavamo la nostra giornata, le nostre paure, i nostri sogni. Lei era entrata dentro di me, nella mia anima, poteva entrare e vedere ciò che c’era in fondo al mio cuore: le mie debolezze, i miei desideri. Mai nella mia vita mi sono così aperto con una persona, mai nella mia vita mi sono sentito così forte ed entusiasta. Eppure abbiamo passato un periodo d’apparente difficoltà, lei era molto dubbiosa sull’iniziare una relazione a distanza, ma allo stesso tempo non avrebbe mai voluto perdermi. Io ho rispettato questa sua scelta, ma non è stato facile, in cuor mio però sapevo che sarebbe bastato rivederci una volta per fugare tutti i dubbi che attanagliavano Virginia. Finalmente lei decise di rincontrarmi, venne a casa mia per Capodanno e si fermò una settimana. Quando la sono andata a prendere alla stazione Termini, avevo il cuore in gola, mi sembrava un sogno poterla riabbracciare dopo quattro mesi, non mi sembrava vero che l’avrei portata a casa mia, dentro la mia vita. E’ stata una settimana bellissima, il tempo non aveva fatto altro che far lievitare il nostro amore, i dubbi di Virginia sono stati superati in un secondo, mi disse di amarmi, di averci messo troppo tempo a far uscire quelle parole che pensava da sempre. La mia famiglia l’accolse benissimo e lei si fece voler subito bene, era tutto perfetto, non poteva andare meglio. Anche questa volta ci saremmo dovuti salutare, ma stavolta era diverso, stavolta stavamo insieme ufficialmente. Abbiamo cominciato a vederci sempre più spesso, comunque quando il mio lavoro e i suoi studi lo permettevano. Anch’ io cominciai ad andare da lei, a Lecco, cominciai a conoscere la sua famiglia, la sua vita. Virginia ha i genitori separati e vive con la madre e i fratelli, e io a questa cosa qui non potevo rimanere indifferente. Ho cercato di rendere tutto magico, di sorprenderla sempre, di cercare di migliorare sempre il nostro amore. Virginia si sentiva trattata come una principessa e questo per me era molto gratificante, anche se mi bastava un suo semplice sorriso per toccare il cielo con un dito. Non l’avrei mai fatta soffrire, mi bastava vedere quel suo sguardo così ingenuo e indifeso e avvertivo una fitta allo stomaco. Mi faceva una tenerezza incredibile, non sopportavo che la vita fosse stata così cattiva nei suoi confronti. Nella mia vita non ho mai preso niente di serio come ho preso la storia con Virginia. Dovevo tirare fuori il meglio di me, perché in queste situazioni ci sono di mezzo anche i sentimenti altrui, e quindi bisogna stare doppiamente attenti. La nostra storia era bellissima, perché il nostro amore era più forte della distanza che ci divideva, e ogni volta che ci rincontravamo era un’emozione sempre nuova, sempre unica. Avevamo trovato il nostro ritmo ormai, riuscivamo a vederci molto spesso, lei veniva da me per intere settimane. Era tutto perfetto. Non me le ricordo più tutte le volte che mi ha mandato il cuore in tilt quando vedevo il suo treno arrivare, e non me le ricordo più tutte le lacrime versate quando il treno me la portava via. Con lei era tutto magico, anche solamente tenerle la mano sul divano mentre guardavamo la televisione, mi dava una sensazione di benessere che mai avevo avuto nella mia vita. Anche andare da lei era fantastico, prendere il treno e chilometro dopo chilometro lasciarsi alle spalle le grane del lavoro, le discussioni in famiglia, lo stress della città. Andavo da lei e mi sentivo leggero, in una città dove non conoscevo nessuno, ma dove c’era l’unica cosa veramente importante per me: Virginia. Ogni tanto facevamo dei progetti futuri, sulla possibilità che lei un giorno potesse venire a terminare gli studi qui a Roma, in una città che adora. Mi sembrava che niente potesse turbare la nostra relazione, perché ci ripetevamo sempre che il nostro amore era unico, ma non andò così. Purtroppo. A metà Maggio sono andato da lei per il fine settimana, abbiamo passato altre giornate memorabili, altri momenti indimenticabili. Mai mi sarei aspettato che quello sarebbe diventato il nostro epilogo. Ci siamo salutati il lunedì mattina alla stazione di Milano, io avevo il treno per Roma e lei doveva andare all’Università. Ci saremmo sentiti in serata. Arrivato a casa ho aspettato che Virginia mi telefonasse, perché ogni volta che ci salutavamo mi sentivo triste e non vedevo l’ora di risentirla al telefono. Come sempre ho aspettato che fosse lei a chiamarmi, per darle tutto il tempo disponibile, visto che era tornata tardi dall’Università. Ma quella sera avevo un’ansia pazzesca, non so perché ma avevo un bisogno fisiologico di sentire la sua voce. Ma ho resistito. Mi ha mandato un sms alle 22 dove mi diceva che usciva con sua madre. Mi è subito sembrata una cosa anomala, un messaggio lapidario che non ha fatto altro che far aumentare la mia ansia, la mia perplessità. Non si era mai comportata in questa maniera così misteriosa. Ho provato a mandarle qualche sms per sapere se ci saremmo sentiti più tardi, ma lei non mi rispondeva. Ho provato a chiamarla, anche se non volevo disturbarla, ma lei non rispose. Mi ha mandato un sms all’una passata, dove mi spiegava che era stata a parlare dell’Università con il padre e la madre, che le rimproveravano di vederla studiare poco. Tutta questa situazione era del tutto surreale per me, lei andava bene con gli studi e anche la necessità di avere un colloquio così urgente, e a quell’ora, mi sembrava molto strano. L’ho chiamata il martedì mattina prima di andare al lavoro, e lei mi ha gelato…, mi ha detto che era tutto finito. Da quel momento ho sentito il mondo crollarmi addosso, dentro mi ripetevo sempre che mi poteva succedere di tutto, ma non di perdere Virginia. Mi sembrava assurdo che tutto ciò che un giorno era bello, il giorno dopo era diventato così brutto. Mi ha rimproverato che il mio comportamento l’aveva “soffocata”. A me sembrava un incubo, io che ho aspettato quattro mesi che lei vincesse le sue insicurezze nel volermi rivedere, io che ho sempre rispettato i suoi tempi e i suoi ritmi, io che ho fatto sempre il massimo perchè le cose tra noi andassero sempre meglio. Mi ripetevo che era impossibile che avesse cancellato in un secondo tutta la magia e l’unicità del nostro amore. Ha staccato il cellulare dicendomi semplicemente che mi avrebbe spiegato tutto con una lettera. Passavano i giorni e la lettera non arrivava mai, così ho deciso di partire per Milano, sapevo l’orario in cui andava in Università e quello in cui avrebbe dovuto prendere il treno per tornare a Lecco. Certo il rischio era alto, ma non avevo niente da perdere, perché avevo già perso tutto. L’ansia e la tensione di non trovarla mi tormentarono per tutto il viaggio, l’ipotesi di non incontrarla non la presi neanche in considerazione. Sono arrivato a Milano alle 14 e mi sono messo subito all’inizio del binario del treno Milano-Lecco delle 14: 15, sperando d’incontrarla. Me la sono vista comparire all’improvviso, era davanti a me, e avevo poco tempo per parlarle, per dirle che lei era l’unica cosa veramente importante per me. Il colloquio non andò “benissimo”, lei mi disse che aveva ormai deciso così, e non ci fu modo di farle cambiare idea. Mi spiegò che non sarebbe potuta rimanere fino alle 18 ( orario in cui ripartiva il mio treno per Roma) perché sarebbe dovuta andare a lavorare al ristorante del padre. Ripartì alle 17, mi diede l’ultimo bacio, e scomparì con il treno all’orizzonte, con dentro i miei sogni, il mio amore. Non mi aveva lasciato nessuna speranza, se non quella che magari ci saremmo rincontrati quest’estate a Cattolica. Ho ricevuto la famosa lettera solo dopo alcuni giorni che ero tornato a Roma. Sembrava che non l’avesse neanche scritta lei, c’era solo tanta freddezza in quelle righe, e nessuna spiegazione che mi facesse capire meglio cosa l’avesse portata a gettare via il nostro rapporto. Sembrava che le sue insicurezze di un tempo fossero riapparse all’improvviso, ma in maniera più violenta. Iniziò un periodo molto buio per me, tutti i giorni avevano lo stesso comune denominatore: il vuoto. Non sono mai stato così male in vita mia, credo che le delusioni d’amore siano quelle che ti segnano di più, perché è un tipo di dolore che non puoi condividere con nessuno, un dolore che ti logora lentamente. Nei mesi successivi le ho scritto una lettera e le ho mandato anche un videomessaggio, ma lei non si è fatta più sentire. Sono stati giorni tristissimi senza di lei, mi continuavo a tormentare, a chiedermi in cosa avessi sbagliato. Cercavo e volevo delle risposte che non trovavo. Ma forse il suo silenzio e la sua indifferenza avevano più significato delle mie parole, e sicuramente facevano più male. Ho continuato a cercarla in tutti i miei giorni, con la speranza che si facesse sentire prima o poi. Ma ogni giorno era una nuova delusione. Sono rimasto “aggrappato” alla speranza di poterla rincontrare a Cattolica quest’estate, avevo perso Virginia così tante volte che mi volevo illudere che l’avrei ritrovata anche questa volta. Per e-mail le ho fatto sapere il periodo in cui sarei stato a Cattolica, e anche se non mi ha risposto, con un piccolo trucco informatico ho avuto la certezza che avesse letto il mio messaggio. A dire la verità non mi aspettavo molto, ma visto che la nostra storia è sempre stata come una favola, pensavo potesse continuare così ed esserci il lieto fine. Ma evidentemente la vita non è propriamente né un film, nè una fiaba. Con Virginia parlavamo spesso di tornare in vacanza a Cattolica quest’estate, sarebbe stato bello tornare lì a distanza di un anno, lì dove era iniziato il nostro amore. Non mi sarei mai aspettato che non ce la saremmo fatta insieme questa vacanza. Sapevo che Cattolica rappresentava una sorta d’ultima spiaggia, sapevo che se lei voleva concedermi un’altra possibilità era quella l’occasione. Sono andato in vacanza con mia cugina e mia sorella. Dal primo momento che ho messo il piede a Cattolica che ho cominciato a cercare Virginia: in ogni sguardo che incrociavo, in ogni metro della spiaggia, nel mare, negli alberghi, ovunque. L’ho cercata così forte che mi facevano male gli occhi a guardami intorno. Ho dovuto combattere anche con i tutti i ricordi della passata estate che martellavano forte nella mia testa, in ogni metro c’era un pezzo della nostra storia, in ogni piccolo bar dov’eravamo stati insieme, mi sembrava di sentire una sua risata. Non è stato facile non essere travolti da questi ricordi indelebili, così vivi, seppur a distanza di un anno. Cattolica aveva perso quell’alone di magia che aveva lo scorso anno, e che la rendeva quasi una sorta di Paradiso Terrestre. La verità è che mancava Virginia che dava colore e sapore a tutti gli scenari che osservavo. E’ difficile spiegare come lo stesso luogo, a distanza di un anno, susciti dell’emozioni così opposte. L’ansia in quei giorni mi stritolava, mi sembrava di vivere un incubo senza fine. Mentre ero al porto, l’ultima sera mi sono fatto coraggio, ho provato a chiamarla al cellulare, solo per sentire come stava, come gli erano andati gli esami. Beh, ho ricevuto un’altra delusione, perché ho avuto conferma che ha cambiato il numero di cellulare, nonostante da oltre tre mesi non l’avessi più chiamata. Quando me ne sono andato da Cattolica, forse mi sono rassegnato ad averla persa, ma non ho mai smesso d’amarla. Vorrei tanto sapere cosa le è successo veramente, cosa l’abbia portata a scappare via da me, le sue motivazioni non mi hanno mai convinto. Non riesco ad avere neanche nessun senso di colpa, perché l’ho sempre trattata come una principessa, come meglio non si poteva. Non sono mai riuscito a farmene una ragione. Ora che sono tornato a Roma, alla mia vita quotidiana, penso ogni giorno a lei. Penso al mio amore. Perché un amore perduto è pur sempre un amore, solo assume una forma diversa. Non posso più vederla sorridere, non posso più giocare con i suoi capelli, non posso sentire la sua dolce voce al telefono, non posso più sfiorare le sue labbra. Ma quando questi sensi s’indeboliscono, un altro si rafforza: la memoria. La memoria che è diventata la mia compagnia, mi alimenta, mi da forza in giornate senza sole. Credo che a tutto ci sia una fine, ma non all’amore.  Non provo rancore nei suoi confronti, d’altronde come potrei avere un risentimento nei confronti della persona che mi ha regalato i giorni più belli della mia vita, nei confronti della persona che mi ha fatto capire cosa significhi essere felice. Credo che a volte ognuno di noi può perdersi in questo mare immenso che è la vita. Le tempeste sono sempre dietro l’angolo e appaiono senza avvisarci, ed è impossibile capire quanto possano durare. Però dobbiamo sempre ricordarci che prima o poi il sole torna a splendere sempre. Forse è quello che è successo a Virginia o forse no.  Però devo rispettare la sua scelta, anche se fa male da morire, perché credo che non sia giusto giudicare la vita degli altri, perché non ne possiamo sapere proprio niente della vita degli altri. Tutti noi abbiamo un libro personale, il libro della nostra vita che continuiamo a scrivere ogni giorno, nonostante tutto. Virginia era il capitolo più affascinante del mio libro, quello di cui andavo più fiero, quello che non avrei mai voluto smettere di scrivere. Se adesso dovessi dire cosa mi manca di più di lei, non saprei cosa rispondere. Mi mancano le nostre telefonate, mi manca il suo sorriso ingenuo al quale non sarei mai riuscito a dire di no, mi fa anche venire nostalgia della stazione Termini. Mi manca tutto di noi. E’ singolare pensare che siamo circondati da milioni di persone, ma alla fine è solo una quella che conta davvero. Potrei raccontare altri mille momenti magici che abbiamo passato insieme, ma credo che il futuro con Virginia sarebbe stato ancora meglio. Lei era uno stimolo a migliorarmi sempre, a migliorare sempre il nostro amore. Ora che sono passati quattro mesi dalla fine della nostra relazione, mi sembra che sia stato tutto solo un sogno, dal quale non avrei mai voluto svegliarmi. La cosa che più mi fa male è il dover rinunciare ad un sentimento così puro e pulito, che con questo falso mondo non centra niente. Da quest’esperienza dovrò cercare di ripartire, anche se l’amarezza che ho dentro è ancora tanta. Forse ci sono ferite che non si cicatrizzano mai, e ci accompagnano per tutta la vita, che diventano parte di noi.  Dobbiamo solo imparare a conviverci, anche se a volte sembra impossibile. Non so se un giorno Virginia tornerà a bussare alla mia porta, ma per adesso devo riprendere il mio cammino, per ritrovare quella felicità che ognuno di noi ha il diritto, e il dovere, di chiedere alla vita.

 

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