Prospettive costruttiviste in psicologia e psicoterapia. Una riflessione epistemologica di Edy Trazzi
Descrizione: L’articolo si propone di provare a delineare un quadro concettuale di matrice costruttivista, atto a favorire una riflessione sulle forme di conoscenza, considerata necessaria per chi si interessa al comportamento umano. Si intende, inoltre, individuare alcune semplici applicazioni operative utili per l’intervento in psicologia e psicoterapia. Mentre un biologo molecolare o un fisico delle particelle possono evitare di interrogarsi sul paradigma che consente loro la convinzione di lavorare sui mattoni della natura, ovvero sui dati di una realtà indipendente dai propri asserti teorici, uno psicologo (ma anche antropologo, sociologo ecc.) e quanti altri si interessano al comportamento umano non possono mettere tra parentesi questo tipo di riflessioni. Le loro strategie conoscitive si intersecano con gli eventi osservati e le loro scelte teoriche, se ipotizzano una certa realtà come spiegazione assoluta, possono perdere quei fenomeni la cui complessità rivendica la loro appartenenza a diversi domini della ragione (A. Salvini 1988) Facendo nostro il presupposto di Salvini, le teorie scientifiche o personali che siano, da verità irrinunciabili diventano, per psicologi, psicoterapeuti, ecc., ipotesi, punti di vista parziali, riferimenti utili per organizzare dati, per porsi obiettivi ed adottare strategie, ma di cui, necessariamente essere costantemente consapevoli.Il rapporto tra teorie e azioni o rappresentazioni, il livello semantico, il linguaggio che usiamo, le domande che facciamo esprimono, come direbbe Watzlawick, il nostro modo di punteggiare la realtà e determinano le risposte che avremo, l’emergere di alcuni dati e non di altri.Il linguaggio, per esempio, appare come elemento fondamentale nella relazione psicoterapeutica perché costruisce visioni del mondo, la capacità dialogica consiste nel riuscire a combinare il proprio punto di vista con quello dell’altro, attraverso il dialogo si esplorano mondi e si costruiscono nuove cornici e, quindi, nuove prospettive.Appare importante studiare il linguaggio per le premesse che lo strutturano, il terapeuta dovrà utilizzare domande che permettano alla persona di uscire dal proprio copione più volte sperimentato e disfunzionale per far intravedere la possibilità di autocreazione e la possibilità di scollegare passato, presente e futuro, sequenza spesso data per scontata da che va in terapia.Il terapeuta che utilizza un modello costruttivista-cognitivo è consapevole di far parte del campo di osservazione e il suo primo obiettivo è quello di giungere ad un dominio condiviso, teso a ristrutturare le descrizioni, fornire nuove prospettive, favorire connessioni che re-inneschino il processo evolutivo, giungere ad un nuovo ordine che permetta molteplici letture delle realtà proposte.Come sostengono Nardone e Watzlawick nel libro “L’arte del cambiamento” (1991), il focus dell’attenzione del terapeuta è la relazione o meglio le relazioni interdipendenti che ognuno vive con se stesso, con gli altri e con il mondo.L’obiettivo è il loro buon funzionamento, non in termini generali e assoluti di normalità, ma in termini di realtà del tutto personali e diverse da individuo a individuo e da contesto a contesto.Il punto di vista del soggetto fa si che egli percepisca o costruisca una realtà alla quale risponde con un comportamento disfunzionale o cosiddetto psicopatologico, tale comportamento, spesso, è la risposta migliore che la persona crede di poter dare in una determinata situazione (in questo senso la reazione appare funzionale).L’intervento terapeutico consiste, allora, nello spostare il punto di osservazione del soggetto, da una posizione rigida e disfunzionale, ad una posizione elastica e che fornisce più possibilità percettive e reattive.Partendo da questo presupposto il terapeuta lavora non per la scoperta di verità profonde e segrete, ma sul funzionamento e mantenimento di una situazione di disagio di una persona, coppia o famiglia e su come sia possibile favorire il cambiamento. Il terapeuta che fa suo l’approccio costruttivista può essere considerato, a ragione, l’eretico della psicoterapia, nel senso etimologico del termine, ossia, “colui che ha possibilità di scelta”in quanto egli non si lascia ingabbiare né all’interno di un modello rigido di interpretazione della “natura umana”, né all’interno di una rigida ed ortodossa modellizzazione psicologica e psichiatrica. (G.Nardone, P.Watzlawick 1990)
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