LA
PSICOTERAPIA A MEDIAZIONE CORPOREA NELL’APPROCCIO PSICONUTRIZIONALE
Intervista
con il Dr. Paolo De Cristofaro, direttore del Centro Regionale di
Fisiopatologia della Nutrizione dell’ASL di Teramo, professore a
contratto presso la Scuola di Specializzazione in Scienza
dell’Alimentazione dell’Università G. D’Annunzio di Chieti e membro
del direttivo della Società Italiana Di Nutrizione Umana (SINU) di Daniele Vanni “Noi
siamo quello che mangiamo” ci ammoniva Feurbach. I cognitivisti si
affretterebbero a dire che c’è, dietro l’atto del mangiare, una
deliberazione, una scelta che è ben più importante degli elementi
chimici che introduciamo con l’alimentazione. La
Psicologia da Wundt in poi in fondo ha fatto davvero troppo poco per
affrancarsi dalla Filosofia, di cui è figliastra.Sia come sia, sta di
fatto che oggi il wellness è molto più seguito che l’ascesi, ma tutti,
da coloro che seguono le cosiddette pratiche spirituali, che dallo yoga si
sono moltiplicate all’infinito e che sono accreditate tutte, basta che
come le vacanze last minute, abbiano qualcosa di esotico o di strano; ai
forzati delle palestre, fino alla casalinga di Voghera, pongono al centro
l’alimentazione.Ora senza andare sulle orme di Marco Polo, già nei
nostri Licei Classici ci avevano insegnato che “dieta” non vuol dire
digiuno, ma “regime di vita”. Ma persi, in duemila anni di
dicotomia irriducibile, tra psiche e corpo, non ci siamo neppure accorti
che paghiamo un canone tv, per vedere per ore, ogni mattina un monitor
saturo di soffritti della Clerici. E’ il nome di uno strumento straordinario messo a punto dal tecnico francese Jean Frelat, istruttore ed allenatore sportivo di grandi campioni del ciclismo nazionale e internazionale. Frelat intuì l’importanza di un metodo di lavoro globale sul corpo che agisse contestualmente sulla muscolatura, sulla propriocezione e sul riequilibrio posturale della colonna vertebrale degli sportivi, con ripercussioni positive sulla psiche e sull’insieme delle funzioni metaboliche dell’organismo, nel rispetto del morfotipo e della forza di ciascuno.Vi ricordate di Anquetil, quell’elegantissimo, insuperato atleta vincitore assoluto nel ciclismo nell’epoca che va da Coppi a Mercxs? I nostri giornali lo prendevano di mira perché lui la sera, mentre i nostri erano in ritiro in camera, scendeva negli alberghi e cenava con ostriche, champagne e belle donne. Ma la tappa del giorno dopo, statene certi era sua, non solo perché era un grande campione, ma perché i suoi metodi di allenamento psicofisico erano avanti di decenni grazie agli studi di Jean Frelat. Come
funziona? “Il
metodo consiste nel favorire, comodamente distesi su un lettino, un’
attività motoria attiva e passiva, dolce, fisiologica, rigenerante e
personalizzata che manifesta un effetto sinergico e contestuale su
trofismo, articolarità e propriocezione, con miglioramento parallelo
della forza e della resistenza. Propone un esercizio simmetrico e
simultaneo dei muscoli agonisti e antagonisti, che consiste
nell’alternare una fase di resistenza, alla ciclica trazione esercitata
dall’apparecchio, ad una fase di rilassamento. Nello
stesso tempo produce un riequilibrio e un potenziamento della muscolatura
dorsale, lombare e addominale, coinvolge armoniosamente il cingolo scapoloomerale
e il cingolo pelvico, risolve tensioni e contratture paravertebrali,
ripristina la solidità e la motilità della colonna e restituisce una
percezione del sé corporeo che presenta eccezionali ricadute positive a
livello psicologico. Per
tutti questi motivi, ha trovato ampie applicazioni in campo riabilitativo
e sportivo, ma il metodo presenta interessanti applicazioni nella
riabilitazione psiconutrizionale delle patologie alimentari.” Visto
che Lei è così chiaro, spieghi ai nostri lettori come imposta le sue
sedute con Evolis. “Si
fa distendere il cliente su un comodo e rilassante lettino con le gambe
disposte in posizione antideclive, mentre la parte inferiore dei polpacci
e le caviglie, protette da un apposito tutore, sono agganciate ad una
pedaliera. Prima
istintivamente poi coscientemente, il corpo resiste, a questa trazione, in
seguito allo stiramento delle fibre muscolari di tutti i muscoli
mobilizzati (gambe, glutei, addominali, dorsali, cingolo pelvico...). Questo
lavoro senza sforzo permette ad ognuno di lavorare non solo nella
direzione del potenziamento della propria muscolarità (massa magra), ma
anche nella direzione della padronanza e della destrezza
nell’espressione motoria, mentre a livello psicologico si tratta di una
vera e propria “reincarnazione”. L’attività motoria con Evolis,
infatti, non condiziona la persona a confrontarsi con regole o valori che
stanno al di fuori del proprio Sé, ed esclude la possibilità di misurare
il proprio rendimento e di paragonarlo a quello di altri. Quindi
registrando le coordinate sensoriali dei nostri confini corporei
percepiamo un corpo che si abbandona dolcemente all’ascolto delle sue
corde più profonde: non è una domanda, è ciò che sento mentre provo
Evolis. “Sì,
certo, la capacità di osservare se stessi si sviluppa attraverso la
finestra del sensoriale propriocettivo abbinato ad altri canali sensoriali
(vista, udito, olfatto) che aiutano ad evocare, con la guida dello
psicoterapeuta, risposte affettive e reazioni emozionali. L’opportunità
di poter integrare contestualmente e con guida autorevole varie esperienze
sensitive (sinestesia) ristabilisce la capacità di dare ordine ai segnali
interni e di migliorare l’autoefficacia e l’autostima.” Naturalmente
questa macchina è inserita in un percorso terapeutico che si snoda anche
fisicamente all’interno del centro di Giulianova, dove opera un team di
alto livello di medici, dietisti e, quello che ci interessa maggiormente,
di psicologi. Un percorso che, stanza dopo stanza, rivitalizza il corpo e
restituisce, ma più spesso crea per la prima volta, una visione globale
di Sé. “Nelle
patologie nutrizionali centrale è il concetto del Sé e del confine
corporeo. Goodman e Perls sostengono che ogni essere arriva alla sua
realizzazione attraverso le funzioni del sistema sensorio e del sistema
motorio. Il Sé si autorealizza nell’integrare funzioni percettivo-propriocettive, funzioni motorio-muscolari e bisogni organici. Questa
integrazione, definita adattamento creativo, fa emergere la risposta
creativa che noi diamo alle difficoltà ambientali, in altre parole “il
comportamento”. Il Sé è, dunque, agente di contatto con l’ambiente che consente lo scambio e l’adattamento creativo fra individuo e ambiente, tra mondo interno e ambiente esterno.I bisogni fondamentali, secondo la teoria di Maslow (sopravvivenza, sicurezza, amore, autorealizzazione), costituiscono gli organizzatori del comportamento. Il
luogo in cui il Sé si manifesta e agisce è definito “confine del
contatto” cioè la linea/confine tra l’individuo e il mondo. La linea
di demarcazione tra l’IO e il TU. Attraverso
questo percorso che De Cristofaro ha costruito in vent’anni di attività
in ambito nutrizionale, attingendo il meglio dalle varie scuole europee,
imparo come la valutazione della cute, della plicometria cutanea e
della postura costituiscano dei “significanti” in grado di descrivere
l’IO, i suoi livelli di organizzazione, le lacune delle sue funzioni e i
suoi meccanismi vicarianti. “L’Io
è oscillante e combattuto tra la chiusura in se stesso (autismo, sonno,
involucro) e l’apertura sul mondo e verso l’altro da sè, al ritmo
discontinuo dei moti pulsionali. Il Cibo è il tramite tra sé ed altro da
sé; è il campo di battaglia della relazione. Il rifiuto del cibo è
associato ad una difesa rispetto al mondo circostante, difesa orientata a
rafforzare l’IO e a ridefinire i confini. Tale
comportamento esaspera la ricerca del cibo e/o la conservazione
dell’energia quali unici aspetti della realtà vivibili ed assimilabili
come positivi e rassicuranti, mentre l’aumento del pannicolo adiposo
contribuisce ad ingabbiare e/o proteggere l’individuo rispetto ad un
contatto considerato rischioso e spesso deludente. La Pelle e l’adipe
sottocutaneo rappresentano il confine dell’ “IO” che bisogna
superare per trovare il “TU”, il che chiama in gioco la dispercezione
del confine che si associa sia all’anoressia che all’obesità, come
riflesso della problematicità relazionale che tali condizioni esprimono. “Le
principali resistenze al cambiamento sono soprattutto resistenze fisiche
perché la nostra è un’esistenza incarnata. Intervista
con la drssa Lina Ferrante, psicoterapeuta del Centro Regionale di
Fisiopatologia della Nutrizione Si
fa presto a dichiararci moderni, scientifici, ma poi viviamo sempre ,
volenti o nolenti, all’interno di una visione dicotomica. Ci viene da
chiedere alla drssa Lina Ferrante che lavora a stretto contatto con il
Prof De Cristofaro: dopo anni di lavoro integrato nella riabilitazione dei
disturbi del comportamento alimentare, Lei che idea si è fatta del
“corpo” e del nuovo metodo che vi è stato affidato? “Il
corpo è un’ossessione già nella Grecia antica, che rappresenta
l’anima con metafore femminili. Il corpo di Psiche è un corpo
prorompente. E’ un corpo di cui si vede il peso: un corpo carneo, ed è
a ciò che le anoressiche cercano di sfuggire. Le
conseguenti alterazioni neuroendocrine (amenorrea, brachicardia...), e
quelle dell’apparato muscolare scheletrico, riguardano il corpo non solo
a livello della sua immagine, ma anche e soprattutto a livello della sua
sopravvivenza. L’interno del corpo ( gli organi, le vene, le ossa etc.)
non si vede. Ciò che del corpo si mostra allo sguardo è la sua immagine.
Il resto “l’interno” è per natura sottratta allo sguardo.
L’anoressica non vuole occuparsi dell’interno del corpo come insieme
di funzioni, di organi e di spinte pulsionali, ma intende dedicarsi solo
alla sua facciata esterna. Vuole occuparsi solo del corpo-immagine, del
corpo estetico, visibile, percepito dallo sguardo. Il corpo deve diventare
trasparente per esaltare la sua assenza di vincoli e di legami con la
materia. Il dialogo mente-corpo è muto nell’anoressia in quanto l’Io
pensante diventa unico padrone che impone e dispone nuove regole. Grazie
alla negazione corporea si pensa di poter diventare esseri fluttuanti che
hanno sconfitto istinti e pulsioni provenienti dal corpo. A
differenza, dunque, di un approccio psicoterapeutico tradizionale dove ci
si trova seduti di fronte ad un analista, la psicoterapia a mediazione
corporea tramite Evolis permette al terapeuta di prendere per mano il
paziente ed accompagnarlo nel proprio corpo ed al soggetto di entrare in
relazione con il proprio corpo, scoprire quali sono le parti più rigide
che nascondono un conflitto irrisolto e ristabilire l’originaria armonia
attraverso l’alternanza del rilassamento e della contrazione muscolare.
Il corpo ha tante emozioni da esprimere ma ciò è impossibile in un
colloquio classico dove si devono assumere posizioni canoniche. La
mediazione corporea con Evolis può aprire una finestra sull’inconscio
tanto quanto il sogno. Non
si può insegnare al corpo cosa deve fare per stare meglio, l’inconscio
evita i doveri. L’unico modo per modificare degli schemi sbagliati è
fare l’esperienza di un nuovo schema scelto attraverso il piacere e
questa è la più grande rivoluzione praticata nel nostro Centro rispetto
a molte altre realtà ancora legate ad un approccio moralistico. “La
psicoterapia a mediazione corporea è sempre, ma ancor più in questo
caso, un’integrazione di quella individuale. Le pazienti anoressiche
hanno bisogno di una lunga preparazione spirituale prima di riappropriarsi
della propria corporeità. Una volta che gli atteggiamenti difensivi sono
stati abbattuti e spiegati dallo psicologo diventa un gioco piacevole
riscoprirsi. Nelle persone che invece rifiutano un colloquio psicologico
l’approccio con l’Evolis permette di individuare dei blocchi
energetici che hanno spesso un significato psicologico.
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